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martedì 22 settembre 2009

Le «navi tossiche» e il futuro del Mezzogiorno

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OROSCOPO
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Le «navi tossiche» e il futuro del Mezzogiorno

Angelo Cotugno & Massimo Covello

I segretari regionali della Cgil di Calabria e Basilicata intervengono sulla vicenda delle imbarcazioni cariche di veleni affondate nel Mediterraneo e di fronte alle coste calabresi e lucane sottolineandone la relazione col modello di sviluppo: ecco come un paese che non ha conosciuto l'industria conosce i suoi veleni.

Quanto è emerso, e sta ancora emergendo, in questi giorni in Basilicata, in Calabria, nel Tirreno cosentino, grazie al coraggio ed alla tenacia, prima, del giudice Bruno Giordano capo della Procura di Paola e poi dalla determinazione degli assessori regionali all’ambiente di Basilicata e Calabria, è uno degli aspetti più pericolosi ed inquietanti del «modello di sviluppo del Mezzogiorno» pensato e praticato dal capitalismo Italiano negli ultimi 20 anni almeno. Nella divisione produttiva del Paese, attraverso una scelta pianificata a tavolino, sia pur occulta per ovvi motivi, da industriali dell’operoso Nord, settori importanti dello Stato e delle pubbliche amministrazioni locali, organizzazioni criminali e mafiose, il Mezzogiorno, il suo territorio interno ed il suo mare sono diventate, non solo aree di transito dei traffici di rifiuti di tutti i tipi verso Sud del mondo ancora più poveri, ma di stoccaggio, di affondamento, di interramento degli stessi.
Si tratta di rifiuti tossici, radioattivi, la cui matrice industriale pubblica e privata segna paradossi intollerabili: grandi aree che non hanno conosciuto la fase dello sviluppo industriale ne pagano però gli effetti più perversi e nefasti. Quanto si sta materializzando in questi giorni è più di un terremoto. In territori già fortemente colpiti dalla crisi, in cui il degrado territoriale, l’emergenza ambientale è diventata endemica, le scoperte compiute e le altre possibili, segnano la strage del patrimonio naturale, svelano pericoli inquietanti sulle conseguenze sanitarie, effetti sulla salute di milioni di esseri viventi e di persone, nonché, come hanno rilevato gli osservatori più accorti, lo stadio non più sostenibile della crisi della democrazia.
Sembra che nulla più nelle nostre Regioni e nel Mezzogiorno intero sia
«bene comune», diritto universale ed inalienabile. Sembra che il «dio denaro»” abbia fatto saltare perfino i legami più profondi, fino ad accettare di avvelenare la propria casa. A tanto, ci permettiamo di dirlo, ha portato un modello politico, economico, sociale che sta dominando anche il nostro Paese ed a cui, forse anche noi, la Cgil, non ci siamo opposti con adeguata convinzione, a partire dal Mezzogiorno. Certo bisogna accertare le responsabilità personali, verificare le complicità anche internazionali, attraverso indagini serie e determinate, scoprire ad esempio come è stato possibile che per anni nessuno abbia sentito la necessità di indagare sulla scomparsa di più di 30 mercantili affondati nel mediterraneo e su tanti altri misteri.
Ci sembra del tutto evidente che le questioni in campo, per le loro implicazioni, per le responsabilità, per le competenze, per i costi, devono assumere un rilievo Nazionale e per alcuni aspetti Europeo ed Internazionale. Tuttavia questo non basta, non è ciò che ci vuole. Serve immediatamente una svolta. Non basta, anche se va fatto subito, l’impegno assunto dal Governo di avviare l’analisi delle aree in cui sono state rilevate le «navi tossiche». Noi pensiamo che in Basilicata, in Calabria, in tutto il Mezzogiorno serve subito «un Piano nazionale di salvataggio, risanamento e bonifica ambientale». Un piano di politiche ordinarie, altro che commissariamenti e accentramenti di poteri, che facciano della rinascita ambientale, perché non è più sufficiente l’obiettivo della sola sostenibilità degli interventi, il nuovo paradigma economico e sociale. Un piano da sostenere con ingenti risorse nazionali e Comunitarie, da recuperare se necessario da quegli investimenti inutili e dannosi come ad es: il Ponte sullo stretto, le spese militari, ecc.. Come si comprende, tutto l’opposto dalle scelte che ha compiuto e compie questo Governo, ed anche distante spesso dalle stesse scelte che quotidianamente compiono tante amministrazioni locali nel Mezzogiorno. Scegliere la riqualificazione del territorio, risanare e bonificare il Mare [un grande progetto per il Mediterraneo], le coste, bonificare le migliaia di discariche di tutti i tipi sparse nel territorio, perfino nelle aree protette, nei parchi nazionali, riqualificare le città, invertire le scelte nefaste del governo sulla privatizzazione e mercificazione dei beni pubblici – acqua, salute, istruzione-, sono solo alcuni esempi di possibili interventi di altro segno. E’ una grande sfida anche per noi. Dobbiamo fare in modo che presso la Conferenza Stato–Regioni si avvii un confronto che coinvolga le forze sociali.
Pensiamo che questo sia un modo per sconfiggere anche la rassegnazione; un modo alto di rilanciare le ragioni del Mezzogiorno contro chi pensa a gabbie salariali e divisioni del Paese. E’ un modo che impegna ad un rinnovo radicale delle classi dirigenti meridionali. E’ una sfida per tutti ma che vale la pena condurre e vincere partendo da una rinnovata alleanza dei lavoratori e delle lavoratrici, delle associazioni, delle forze democratiche di tutto il Paese.

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