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sabato 28 agosto 2010

Le mani della mafia sull’energia verde





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Le mani della mafia sull’energia verde

Da uno studio dell'Europol si ipotizza uno scenario con la presenza sempre maggiore del crimine organizzato nel settore. Una situazione che in Italia è realtà da decenni
Chi ha compreso bene che le fonti rinnovabili possono essere una opportunità d’oro per realizzare grandi guadagni, magari riciclando il denaro sporco proveniente dai traffici illeciti, sono le mafie. E le organizzazioni criminali italiane sono già attive per accaparrasi fette importanti dei nuovi investimenti nel settore energetico.
Quarant’anni fa le fonti per produrre energia pulita erano una chimera. Oggi sono una realtà importante e in futuro lo saranno sempre di più. Tant’è che nelle economie occidentali le energie verdi hanno assunto un ruolo centrale nelle agende politiche e il Vecchio continente si è candidato a fare la parte del leone in questa partita.

Peccato che, oltre a governi e opinione pubblica, chi si è accorto che le fonti rinnovabili di energia sono il futuro, sono le mafie. Da uno studio che l’Europol ha condotto assieme a un nutrito gruppo di specialisti è emerso uno scenario di sviluppo del settore con la presenza preoccupante del crimine organizzato. Secondo la polizia europea, le cosiddette ecomafie vedono nel campo energetico la possibilità di investimenti sicuri e a lungo termine. “Speculazione e riciclaggio di denaro, infiltrazione nelle società con acquisto di pacchetti azionari, smaltimento dei rifiuti (compresi quelle nucleari) e utilizzo di un possibile conflitto geopolitico come copertura per il traffico”.
Una prospettiva a dir poco inquietante che nel nostro paese abbiamo già avuto modo di conoscere. Prima nel settore dello smaltimento illecito dei rifiuti e, ultimamente, nel settore dell’energia, a partire da alcune grandi speculazioni che sono avvenute nel campo dell’eolico. Lo scandalo in Sardegna, il coinvolgimento della cricca, della P3 e il versamento di tangenti, hanno rappresentato la punta dell’iceberg di un sistema corrotto presente nel Paese.
È il nuovo business delle cosche, in Calabria come in Puglia, in Sicilia e in Campania. Un pericoloso intreccio fra mafie, uomini politici, banche, società e imprese di comodo. Per allungare i tentacoli su un giro milionario contiguo a quello delle grandi multinazionali dell’energia verde. Del resto il sostituto procuratore della Dna Alberto Cisterna già nel 2008, denunciava l’interesse della ‘ndrangheta per le energie rinnovabili. “In Calabria ci sono molte piccole centrali idroelettriche abbandonate dopo la nazionalizzazione o perché ritenute meno convenienti rispetto alle centrali termoelettriche. Ma ora, dopo le leggi che favoriscono e finanziano le energie rinnovabili, sono tornate convenienti e la ‘ndrangheta ci investe”.
Un mafioso in un’intercettazione, spiega: “…siccome è rinnovabile, questa energia che si chiama energia verde viene acquistata dalle grandi… Capito… quelli produttrici tipo l’Enel tipo… tipo che ne so la Edison tipo, insomma queste che producono energia con… bruciando carbone, bruciando metano facendo tante cose, però devono avere una produzione di energia che in pratica, una parte deve essere fatta con queste fonti rinnovabili e se non ce l’hanno la devono comprare, una specie di mercato, una specie di borsa capito?”
Non è nuovo neanche l’interesse delle organizzazioni criminali nell’eolico in Puglia a dimostrazione di come le mafie facciano affari dovunque, soprattutto in quei settori economici più promettenti. In Sicilia solare ed eolico sono l’Eldorado del settore: le stime parlano di finanziamenti, per il solo fotovoltaico, di oltre 7 miliardi. Ma per entrare nel business si devono accumulare ettari su ettari di terreno e questo in alcune aree del Paese avviene sempre con la “copertura” mafiosa.
L’approssimazione e la mancanza delle più elementari regole di pianificazione sta caratterizzando la proliferazione degli impianti di produzione energetica in Italia. Conseguenza di questo atteggiamento è la perdita di una grande patrimonio come quello paesaggistico e la non partecipazione democratica delle comunità locali, che vengono espropriate del bene comune più prezioso, il loro territorio, in nome di grandi interessi economici. Quella che dovrebbe essere una delle più grandi opportunità di sviluppo per il nostro Paese e in particolare per il Sud, rischia di diventare uno dei più grandi business del dopoguerra per le mafie. Con ricadute devastanti per l’ambiente e il territorio. Sarebbe criminale non arginare fin da subito questa pericolosa deriva. E per evitare che anche in questo caso qualcuno possa affermare che in Italia esiste solo il partito del NO, diciamo subito che la strada dello sviluppo delle energie verdi è necessaria e auspicabile ma che deve avvenire in modo pulito e democratico. Con il coinvolgimento dei cittadini e dei comuni interessati dagli interventi. Per raggiungere questo obiettivo l’Italia deve dotarsi di un Piano energetico nazionale che tracci con chiarezza il quadro del fabbisogno energetico del Paese, del mix delle diverse fonti e della sua distribuzione territoriale nel pieno rispetto degli impegni internazionali (a partire dal protocollo di Kioto) per l’abbattimento delle emissioni di anidride carbonica .
Non solo grandi centrali energetiche, bottino facile di multinazionali o ecomafie , ma una rete di piccoli impianti. Dai tetti delle case ai capannoni industriali, dalle stalle alle serre, alle aree agricole marginali. Solo in questo modo si potrà rendere difficile la vita alla criminalità organizzata e impedire che, nel nome dell’ambiente, si possa ancora una volta devastare il territorio.

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venerdì 27 agosto 2010

- LAVORO -: La RACCOLTA differenziata rimette in moto l’econom...




- LAVORO -: La RACCOLTA differenziata rimette in moto l’econom...: ". . La RACCOLTA differenziata rimette in moto l’economia Cara Ministra Prestigiacomo, la cronaca politica degli ultimi giorni m..."

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martedì 24 agosto 2010

IL PONTE SULLO STRETTO E’ UN CADAVERE


IL PONTE SULLO STRETTO E’ UN CADAVERE! Il 28 agosto e il 2 ottobre in piazza per i beni comuni


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Il 28 agosto a Torre Faro, il 2 ottobre nelle vie del centro a Messina. Sono queste le date dei cortei indetti dalla Rete No Ponte.
Il 28 agosto la manifestazione a carattere cittadino sarà l’approdo di un percorso di iniziative, durato tutta l’estate, che ha avuto avvio con la contestazione delle trivelle di via circuito e di tutte le altre che sono state disseminate per la città e si è dispiegato con gli appuntamenti indetti dal Comitato No Ponte “Capo Peloro”.
Il 2 ottobre l’iniziativa con proiezione nazionale è indetta in occasione dell’anniversario delle frane che hanno colpito la zona sud di Messina per ribadire che le risorse pubbliche destinate al ponte devono essere utilizzate per la messa in sicurezza del territorio e, in generale, per quelle infrastrutture prossime ai cittadini di cui il Sud ha estremo bisogno.
Due manifestazioni, un unico progetto: costruire l’uscita dal vicolo cieco nel quale è stata cacciato il nostro territorio e cominciare a pensare una prospettiva alternativa.
Di questo, e solo di questo, possiamo oggi parlare.
Il Ponte sullo Stretto è un cadavere, è un iter che trascina stancamente sé stesso portandosi appresso distruzione e sperpero di denaro pubblico. E’ un iter che porta vantaggio solo a chi lo rappresenta: ai contractor (pochi, sempre gli stessi e tutti estranei al territorio), ai centri del comando politico (perché ci costruiscono raccolta del consenso sbandierando la grande opera sempre all’orizzonte), a chi è interessato a distruggere ogni meccanismo democratico (perché mega-opere, emergenze e grandi eventi sono il terreno di sperimentazione di un agire politico basato sulla verticalizzazione delle scelte e che esclude controlli e condivisione).
Al territorio arriveranno le briciole, e forse neanche quelle, delle quali possono accontentarsi solo politici col cappello in mano incapaci di pensare altro dalla questua al governo di turno (dal quale vengono sempre meno consultati o, peggio, informati).
Noi abbiamo un progetto: vogliamo le risorse per la sicurezza sismica ed idrogeologica, vogliamo il potenziamento del trasporto pubblico, vogliamo la bonifica delle aree inquinate, vogliamo strade, ferrovie, acqua pubblica.
Beni comuni.
Per questo il 28 agosto ed il 2 ottobre rappresentano una verifica e un impegno che un’altra città, un altro sud, altri dalle cricche e dalla miseria politica che ci circonda, possano darsi.

di Luigi Sturniolo

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Stanno raccogliendo il pomodoro E-312




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  • Stanno raccogliendo il pomodoro E-312
    Taranto, scene dell'altro mondo

    Stanno raccogliendo il pomodoro E-312

    E-312 non è la sigla di un organismo geneticamente modificato ma è il camino Ilva di Taranto da cui fuoriesce diossina. In questi giorni a poca distanza da quel camino stanno raccogliendo i pomodori. Qualcuno di voi potrebbe trovarseli nel piatto. Buon appetito!
    23 agosto 2010 - Alessandro Marescotti



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domenica 15 agosto 2010

Incendi in Russia, oscurato il sito che indicava le zone radioattive colpite





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E’ stato oscurato il sito dell’agenzia russa per la protezione delle foreste, lo stesso che aveva rivelato che 4.000 ettari di terreno colpito dalle radiazioni di Chernobyl erano andati bruciati.

Il sito dell’agenzia www.rcfh.ru risulta inaccessibile da venerdì: “Tutto quello che so è che non funziona più”, ha detto il vicedirettore Alexei Bobrinski.

Un altro responsabile, che ha scelto l’anonimato, accusa il ministero per le situazioni di Emergenza. Sarebbe infatti lo stesso ministro Serguei Choigou, ad aver ordinato l’oscuramento dopo aver criticato pubblicamente le informazioni diffuse.

http://www.blitzquotidiano.it/ambiente/russia-incendi-oscurato-sito-radioattive-506513/?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed:+blitzquotidiano+(Blitzquotidiano)
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mercoledì 11 agosto 2010

Legambiente snocciola le cifre del ciclo illegale dei rifiuti in Italia



Negli ultimi otto anni una marea di rifiuti di ogni tipo hanno viaggiato e continuano a viaggiare illegalmente per l’Italia. Sono ben 152 e inchieste relative ai traffici illeciti con 992 ordinanze di custodia cautelare , 2.966 persone denunciate, 636 aziende coinvolte. Le procure che hanno indagato in questi anni sono 74, le regioni interessate 19 (unica eccezione la Val d’Aosta) e 13 gli stati esteri. Legambiente in occasione della giornata Ambiente e Legalità organizzata in collaborazione con Libera, che si svolgerà domani 11 agosto a Festambiente , la manifestazione nazionale dell’associazione in corso di svolgimento nel grossetano, presenta i numeri relativi al ciclo illegale dei rifiuti confermano la gravità e l’estensione del fenomeno. In Italia - denuncia - è in atto una vera e propria ‘guerra dei rifiuti’, fatta da uno stillicidio di attentati incendiari, minacce, intimidazioni, persino omicidi collegati alla spartizione di un affare, quello della ‘monnezza’, che fa gola ai clan e non solo. Chi tocca i rifiuti brucia, dalla Campania, alla Sicilia, dalla Calabria alla Puglia, dal Lazio alla Toscana, fino alla Lombardia. ‘Un paese a rischio- commenta Enrico Fontana, di Legambiente - per il disprezzo per l’ambiente e la salute dei cittadini di molte imprese produttrici di rifiuti e dei trafficanti senza scrupoli che li smaltiscono, ovunque e in ogni modo. A rischio per l’inerzia delle istituzioni cui spetterebbe il compito di provvedere alla bonifica dei territori contaminati dai veleni che invece continuano a inquinare aree agricole e falde idriche. Un’Italia a rischio, infine, per il cinismo barbaro dei boss che trasformano la devastazione delle stesse terre in cui vivono con le loro famiglie in un’inesauribile fonte di profitti illeciti. Un’Italia dei rifiuti che vede per numero di illeciti la Campania in prima posizione, seguita da Puglia, Calabria e Sicilia. La Toscana si colloca al quinto posto prima regione non del sud’. Per questo, conclude Fontana, ‘chiediamo di estendere a tutti i paesi dell’Unione quel delitto di organizzazione di traffico illecito di rifiuti, diventato legge in Italia nel 2001 e che ha consentito di voltare davvero pagina nella repressione di questi gravi fenomeni illegale’. E raccomanda ‘al governo e a tutte le forze politiche di maggioranza e di opposizione’ di ‘adottare entro il dicembre del 2010, termine ultimo fissato dall’Unione europea, la direttiva che introduce i delitti contro l’ambiente anche nel nostro codice penale’, chiedendo, ‘vista la gravita’ di quanto sta emergendo dalle indagini giudiziarie e dagli accertamenti tecnici gia’ eseguiti’, ‘una chiara e netta assunzione di responsabilita’ da parte di Confindustria e degli ordini professionali: devono impegnarsi a espellere tutti coloro che figurano come protagonisti e complici di questa vergognosa attivita’ criminale, con la quale per bieche ragioni di profitto si mette a rischio la stessa vita dei cittadini’. (IMGPress)

COMMISSIONE BICAMERALE RIFIUTI, L’ON. BRATTI DESCRIVE IL “CASO ITALIA

L’ASSE NAPOLI-BRESCIA: RIFIUTI E MAIS CONTAMINATO SU E GIU PER L’ITALIA



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lunedì 9 agosto 2010

Marea nera in India, due navi si scontrano ed il petrolio finisce in mare




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Ormai sembra diventata una moda, o forse stiamo più attenti rispetto a prima a questi fenomeni, ma pare non ci debba mai essere fine allo sversamento di petrolio negli oceani di tutto il mondo. Dopo il disastro della BP, quello della Cina e i tanti altri più o meno grandi che si sono susseguiti negli ultimi mesi, se ne aggiunge uno nuovo al largo delle coste indiane.

Due navi, una portacontainer e una petroliera, si sono scontrate a tre chilometri dal porto di Mumbai. La collisione ha portato la petroliera ad inclinarsi pericolosamente, ed ovviamente questa posizione innaturale ha permesso al petrolio contenuto di uscire e riversarsi in mare. Secondo le prime stime si stanno così perdendo 5 tonnellate di carburante ogni ora.

Sulla Chitra si stima fossero presenti oltre 2 mila tonnellate di benzina, diesel e lubrificanti, oltre che altri prodotti chimici tossici come i pesticidi, il che significa che il processo di sversamento potrebbe continuare ancora per molto tempo. L’incidente è avvenuto nella giornata di sabato, ma oggi, a quasi due giorni di distanza, ancora le operazioni di recupero non sono state ultimate. A complicare la situazione ci si mette il cattivo tempo che tiene le navi di soccorso lontane dal luogo dell’incidente, e così le autorità si sono viste obbligate a chiudere il porto di Mumbai fino a data da destinarsi.

Ma la marea nera, proprio come nel Golfo del Messico, non perde tempo, e dalle prime notizie che giungono dal Paese asiatico pare abbia già raggiunto il primo villaggio costiero, mettendo in pericolo le attività di pesca dell’area. Le autorità brancolano nel buio e, per adesso, non hanno la minima idea di quando le attività potrebbero riprendere normalmente. Sono almeno 400 i container già caduti nel Mar Arabico, e non si sa quanti ancora ne cadranno, visto che le onde alte non fanno avvicinare nessuno.



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sabato 7 agosto 2010

I cinghiali radioattivi e lo zoo nucleare




Sta facendo molto discutere l'articolo di Der Spiegel sui cinghiali radioattivi che, un quarto di secolo dopo la tragedia nucleare di Chernobil, scorrazzano e si moltiplicano in Germania. Dal 2007 al 2009 sono quadruplicati fino a 425,000 euro gli indennizzi ai cacciatori per i cinghiali atomici con tassi di cesio nella carne che li rendono non solo immangiabili e invendibili, ma anche un rifiuto pericoloso da smaltire. Intanto la Germania, grazie anche ad inverni sempre più caldi, sperimenta gli stessi problemi di proliferazione di cinghiali che hanno molte regioni italiane: a Berlino uno di questi suini ha attaccato un uomo su una sedia a rotelle in un parco cittadino e un grosso branco ha invaso la città di Eisenach nella Germania orientale, 10 cinghiali sono riusciti a sfondare il recinto dell'autostrada bloccandola per ore.

Si dice che nella Exclusion Zone di Chernobyl sono riapparsi animali come lupi ed orsi che non vivevano più in quell'area dell'Ucraina da molti anni, ma è meno noto che molti altri animali più piccoli, come ragni e insetti, stanno scomparendo e che molti uccelli non nidificano più in una vasta area intorno alla centrale. Ancora meno noti sono gli episodi che coinvolgono la fauna in incidenti e problemi nucleari. Greenpeace International International prova a farne un breve elenco che ironicamente intitola «Visit the nuclear zoo» che dimostra l'enorme impatto che un'industria energetica abbastanza ridotta ha già avuto sul mondo in cui viviamo e sugli esseri che lo popolano insieme a noi.

Il tour nello zoo nucleare comincia dalla centrale nucleare statunitense di Diablo Canyon dove troviamo le meduse della luna che nel 2008 hanno intasato le sue tubazioni costringendo a fermare l'impianto.

Poco più a nord le centrale nucleare Canadese di Pickering sta uccidendo milioni di avanotti e adulti di salmone Chinook e trote arcobaleno.

Dall'altra parte dell'Atlantico, nella famigerata centrale atomica di Sellafield, in Gran Bretagna, troviamo aragoste, gamberi e cozze radioattive, contaminate dagli scarichi dell'impianto. Sempre a Sellafield i gabbiani nuotano nelle vasche all'aria aperta di stoccaggio delle acque radioattive della centrale, diventando essi stessi radioattivi e diffondendo la contaminazione dappertutto. Si è tentato di risolvere il problema assoldando tiratori scelti per abbattere i gabbiani.

Poi ci sono le pecore inglesi che a 25 anni dal disastro di Chernobyl sono ancora a rischio: in Gran Bretagna circa 370 allevamenti sono soggetti a restrizioni nell'utilizzo di molte aree di pascolo a causa del fallout radiattivo prodotto dalla tragedia nucleare sovietica. Anche le renne scandinave subirono una lunga quarantena dopo Chernobyl.

In questo zoo della contaminazione e mutazione il settore più grande é riservato proprio a Chernobyl anche se nessuno sa davvero cosa stia succedendo agli animali nella zona proibita e anche se nessuno sa davvero cosa succede intorno alle centrali nucleari ed ai depositi di scorie militari/civili russi e dell'ex Urss e vicino alle centrali cinesi, sia quelle maoiste che quelle del nuovo corso capitalista-comunista.

Tornando ai cinghiali, il problema non è solo tedesco e molto probabilmente è ancora più vasto nell'Europa orientale, questi animali sono particolarmente sensibili alla contaminazione radioattiva perché si cibano di funghi e tartufi, che sono particolarmente efficienti ad assorbire la radioattività. Infatti, mentre si prevede che la radioattività cali in diverse specie vegetali, la contaminazione di alcuni tipi di funghi e tartufi probabilmente rimarrà la stessa e potrebbe anche aumentare. Gli esperti tedeschi dicono che «Il problema è stato di alto livello per un lungo periodo, e probabilmente rimarrà così per almeno i prossimi 50 anni».

Il problema è che dopo la paura e l'indignazione (come sta accadendo per l'ecocidio petrolifero nel Golfo del Messico) è partita una lunga e paziente campagna di minimizzazione e "dimenticanza" che è culminata nell'attuale rilancio del nucleare, ma nessuno si è davvero occupato di quello che ci dicono gli animali con la loro carne avvelenata: degli effetti a lungo termine delle radiazioni e nucleare sul nostro ambiente. La verità è che dopo Chernobyl non c'è stato nessun vero sforzo internazionale concertato per monitorare gli effetti a lungo termine sulla vita di animali ed esseri umani di quella tragedia che rischiava di chiudere l'era nucleare. Come scrive Greenpeace International «Semplicemente non abbiamo idea di cosa aspettarci a lungo termine in caso di incidente nucleare».

Eppure, anche davanti ai cinghiali e ai gabbiani radioattivi ed abbattuti a spese dei contribuenti, l'inventore della teoria di Gaia, James Lovelock, ignorando studi e dati esistenti, è arrivato a dire che la fauna intorno a Chernobyl è fiorente e che questo dimostrerebbe che potremmo fare tranquillamente una discarica nucleare nel cuore dell'Amazzonia, dove sicuramente lo zoo nucleare aumenterebbe fortemente le sue specie.

Nel suo libro del 2007 "Revenge of Gaia", Lovelock arriva a scrivere: «Il mondo naturale darebbe il benvenuto alle scorie nucleari in quanto custodi perfette contro gli avidi sviluppisti, e tutto ciò con un lieve danno che potrebbe rappresentare un piccolo prezzo da pagare ... Una delle cose che colpisce dei luoghi fortemente contaminati da nuclidi radioattivi è la ricchezza della loro fauna selvatica ... La preferenza della fauna selvatica per i siti delle scorie nucleari suggerisce che i migliori siti per lo smaltimento sono le foreste tropicali e altri habitat che hanno bisogno di un guardiano affidabile contro la loro distruzione da parte degli agricoltori affamati e d gli sviluppasti». Quindi per Lovelock le grandi multinazionali e/o mega-imprese di Stato nucleari non sarebbero né avide né sviluppiste...

Dobbiamo esserci persi qualche puntata. D'altronde ci sono molti lobbisti esperti di revisionismo nucleare che minimizzano il bilancio delle vittime di Chernobyl e contestano addirittura gli effetti delle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki.

Chissà se sarebbero disposti ad una dieta che prevede un antipasto di salmone radioattivo canadese, pappardelle al cinghiale al cesio tedesco e aragosta atomica di Sellafield?


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mercoledì 4 agosto 2010

VACANZE AL MARE? QUEST'ANNO NON C'È BISOGNO DELL'OLIO‏





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Ciao ,

ecco l'immagine che abbiamo scelto per augurarti buone vacanze! In tempi di ferie tutti – noi per primi – pensiamo ad acque cristalline e spiagge incontaminate. La realtà, purtroppo, è che i nostri mari sono sempre più minacciati dalle esplorazioni petrolifere. L’esplosione della piattaforma Deepwater Horizon nel Golfo del Messico e, a distanza di pochi mesi, di due oleodotti nel porto di Dalian in Cina sono solo gli ultimi episodi di un dramma che sembra non finire mai.

Grazie ai nostri team sul posto abbiamo documentato - con immagini che hanno fatto il giro del mondo - il catrame denso e viscoso che investiva le coste della Louisiana e avvelenava i pellicani, e gli operai cinesi, durante le operazioni di pulizia, completamente immersi nel petrolio, senza nessuna protezione. La soluzione a tutto questo è una: abbandonare il cammino delle energie fossili e investire con decisione in energie rinnovabili.



IN AZIONE NEL CAMPO OGM IN FRIULI
Dopo aver ottenuto le prove di due campi di mais OGM in Friuli, siamo entrati in azione nel campo di Vivaro in provincia di Pordenone, tagliando, isolando e mettendo in sicurezza le parti superiori delle piante di mais transgenico per evitare la contaminazione.
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VENEZIA. IL LIDO ANTI-NUCLEARE
I nostri attivisti hanno trasformato il Lido di Venezia in una spiaggia “anti-nucleare”: hanno piantato centinaia di ombrelloni gialli e striscioni per formare un enorme messaggio contro il nucleare.
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DIVIETO DI BALENAZIONE
Nuovi dati scandalosi sul Santuario dei Cetacei: abbiamo registrato una forte contaminazione da batteri fecali in alto mare, con livelli che arrivano a superare quelli normalmente tollerati a riva per la balneazione.
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VIDEO-INCHIESTA SUI RIFIUTI ELETTRONICI
In Italia, a distanza di un mese dalla partenza del decreto "uno contro uno" (D.M. 65/2010), i rivenditori ancora non adempiono all'obbligo di ritiro – a titolo gratuito - del vecchio apparecchio elettronico.
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XXV ANNIVERSARIO DELL’AFFONDAMENTO DELLA RAINBOW WARRIOR
Il 10 luglio del 1985 nel porto di Auckland gli agenti dei servizi segreti francesi affondarono la nostra Rainbow Warrior con due bombe, causando la morte del fotografo Fernando Pereira. 25 anni dopo, commemoriamo il tragico evento avviando la costruzione della Rainbow Warrior III.
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EVENTI DEL MESE

TIME IN JAZZ – A Berchidda, in Sardegna, all’interno del Festival internazionale del jazz, il 15 agosto alle ore 11, il nostro direttore esecutivo, Giuseppe Onufrio, presenterà "Una rivoluzione energetica per salvare il pianeta".

DIALOGO DIRETTO – I primi di settembre gli appuntamenti con i ragazzi del Dialogo Diretto saranno al Festival della Letteratura a Mantova dal 6 al 8, a Zero Emission, l’evento dedicato alle energie rinnovabili, a Roma dal 1 al 10, a Sana, la Fiera del biologico, a Bologna dal 9 al 12.
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Pioltello. Ex area Sisas. Tradotto: una bomba biologica a cielo aperto




Bomba biologica a Milano. Grossi scappa
e ci lascia una multa da 440 milioni

Pioltello. Ex area Sisas. Tradotto: una bomba biologica a cielo aperto. Lascito del polo chimico fallito nel 2001. In sintesi: 290mila tonnellate di rifiuti industriali, 50mila di nerofumo, idrocarburi contaminati con mercurio. Il tutto precariamente mantenuto in superficie da un complicato sistema di pompe, che, per ora, non fanno scivolare le sostanze in falda. Un’eventualità non remota e che avvelenerebbe mezza Lombardia. C’è, dunque, da bonificare. È stato fatto in parte. Ma Giuseppe Grossi, il plurindagato ras delle bonifiche che ha vinto l’appalto per due delle tre discariche, ha deciso di lasciare. E ora la Regione Lombardia corre inesorabile verso la multa prevista dalla Unione europea. Una bazzecola da 440 milioni di euro. A pagare, come al solito, i cittadini. In questo caso i lombardi. Ultimo giorno utile fissato dai commissari di Bruxelles, il 31 dicembre prossimo. Praticamente dopodomani. Colpa di Grossi, naturalmente. Ma anche del governatore Roberto Formigoni che ne ha incensato le qualità, ostinandosi a tacere, per esempio, sugli ultimi guai giudiziari dell’amico imprenditore.
Da qualche giorno in quest’area, incastrata tra i comuni milanesi di Pioltello e Rodano, c’è uno strano via vai. Camion che più che entrare nel cantiere escono carichi di macchinari. Insomma, qui all’ex Sisas si smantella. E a farlo è la T.R Estate srl, la società di Giuseppe Grossi, imprenditore spericolato con amicizie potenti, dal deputato azzurro Giancarlo Abelli ai fratelli Paolo e Silvio Berlusconi. Lo stesso Grossi che è coinvolto nel pasticcio tossico del terreno di Montecity-Santa Giulia. Accusato di riciclaggio, recentemente il gip di Milano, oltre a mettere sotto sequestro l’area, lo ha indagato per traffico di rifiuti tossici e discarica abusiva.
Capitolo chiuso? No. Perché quella responsabilità ricade e apre il caso Pioltello. Lui, Grossi, visti gli impicci giudiziari di quella bonifica non ne vuole più sapere. E lo ha comunicato ufficialmente a Regione Lombardia con una lettera del 26 luglio dove si legge che “in data odierna il Cda della società ha deciso di sospendere i lavori relativi all rimozione delle discariche A e B a partire dal 28 luglio”. Detto fatto. I camion qui escono e non tornano. In più Grossi chiede alla Regione di saldare 25 milioni di euro, anche se non ha mai versato la fideiussione di 60 milioni. Sì perché in questo strano intreccio, nell’accordo per la bonifica Grossi ha ottenuto anche la possibilità di costruire sull’area un centro commerciale.
A questo punto, però, Regione Lombardia, dopo averlo favorito in tutto, resta con il cerino in mano e l’incubo di una multa impressionante. Per questo ha invitato Grossi a proseguire i lavori di bonifica, fissando il paletto del prossimo bando di gara a settembre. “Una situazione surreale”, commentano i consiglieri regionali del Pd Giuseppe Civati e Carlo Monguzzi, “se si pensa che Formigoni per evitare la multa ha dato carta bianca a uno come Grossi”. Il cortocircuito ha, per i due consiglieri, una conclusione certa: “La multa la paghi Formigoni e non i cittadini”.


Pioltello, la morte nascosta sotto la fabbrica

Nell'ex area industriale della Sisas sono rimasti almeno 1.500 fusti di sostanze tossiche. Ma il piano di bonifica non riesce a partire e la regione spende 350mila euro all'anno per proteggere la falda

di Davide Carlucci


.L’archeologia industriale ha un aspetto sinistro, quando è un luogo dove si producevano veleni. Dalla Sisas, azienda chimica a cavallo tra Rodano e Pioltello, uscivano, fino al 2000, i solventi e altre sostanze da utilizzare come additivi nell’industria plastica. Che fossero sostanze terribili lo rivelano i cartelli.

«Attenzione sostanze corrosive». «Alta temperatura». «È obbligatorio usare i mezzi di protezione». «Non usare acqua per spegnere gli incendi». «Doccia d’emergenza». «Lavaocchi d’e mergenza».

La cautela e la paura della morte aleggia tuttora ovunque nelle indicazioni che spuntano nella selva di tubi argentati, neri o rossi di ruggine, la complessa architettura di sfiatatoi, scale, cisterne, tubature, che ancora vive solo per l’incessante stillicidio dell’acqua piovana. «Attenzione pericolo di folgorazione». E, infine, davanti al capannone che non contiene più niente: «Questa porta deve rimanere chiusa».

Nella Sisas oggi sono sepolti, si calcola, millecinquento fusti di rifiuti industriali e una montagna di nerofumo, la fuliggine sputata dalle ciminiere quand’erano attive, pesante quattrocentomila tonnellate. Sono perlopiù idrocarburi policiclici aromatici contaminati con mercurio.

Dall’esterno nessuno li vede. Nemmeno i passeggeri dei treni della Milano-Venezia che passano alle spalle dell’ex fabbrica: una montagnetta inaccessibile, su cui ormai sono cresciuti alberi, ripara dagli sguardi indiscreti il giacimento di veleno. Dall’i nterno, invece, seguendo un sentiero, ecco spuntare, oltre i rovi, la polvere nerissima, imbiancata e come impreziosita dalla neve.

Come portarla via, come neutralizzarla, come evitare che sprofondi nel sottosuolo è il grande dilemma su cui da anni si confrontano tecnici, medici, assessori, avvocati di multinazionali. Un accordo di programma, firmato a gennaio del 2008 da ministero dell’A mbiente, Regione, provincia di Milano e dai due comuni interessati, affida la riqualificazione dell’area al gruppo Zunino e a Walde ambiente.

.L’idea imprenditoriale su quello che dovrebbe sorgere al posto dell’ex fabbrica chimica non brilla per originalità, da queste parti: un centro commerciale. Come se non ci fossero già (a tre chilometri) l’Auchan di Vimodrone, l’Acquario di Vignate (stessa distanza) e, poco più in là, il Carosello di Carugate. Senza contare gli Esselunga di Pioltello e di Segrate, i vari Pennymarket , Scarpe&Scarpe e altri supermercati qua e là. E nemmeno il futuro centro commerciale che dovrebbe sorgere a Segrate, previsto come il più grande d’Europa.

L’accordo di programma doveva servire a evitare di pagare la salata multa comminata dallo Stato dall’Unione europea: venti milioni di euro per i ritardi della bonifica più altre centinaia di migliaia di euro per ogni giorno che passa con le ruspe ferme. Per questo sono partite le prime (parzialissime) operazioni di bonifica. Ma è ancora troppo poco.

Nel frattempo, la Regione, per evitare la contaminazione della falda, spende ogni anno centinaia di migliaia di euro: solo nel 2007, per esempio, sono stati sono stati assegnati alla Cem Ambiente Spa 350mila euro per “interventi urgenti di messa in sicurezza”.

Sul progetto, poi, pesano una serie di incognite. Zunino, in forte difficoltà economica, sta cercando di defilarsi dall’affare. L’a ccordo di programma, poi, è sotto il fuoco di fila da più fronti. Air Liquide, la multinazionale che occupa l’area adiacente al complesso in abbandono, ha avviato ricorsi e altre azioni legali contro il provvedimento, invocando il principio secondo il quale chi inquina deve pagare e non chi produce, in seguito, sulla stessa area.

Anche Antibioticos, l’azienda spagnola che ha sede accanto alla Sisas, non vede di buon occhio il progetto: «Non capiamo il senso di un centro commerciale in un’area dove si produce chimica», dice Fabio Montoli, direttore dello stabilimento. Ma soprattutto, il comune di Pioltello si sta mettendo di traverso. «Quell’area deve rimanere industriale – spiega il sindaco, Antonio Concas – magari accogliendo un termovalorizzatore, un parco tecnologico e aziende che producano gas nobili: con il ministro Bersani ipotizzammo anche la nascita di un polo del freddo per il Nord Italia».

L’assessore all’Ambiente, Giorgio Fallini, ha un’idea leggermente diversa: «Più che sul termovalorizzatore, bisognerebbe puntare sulle energie alternative. In questo modo sì che ci pagheremmo i costi di bonifica».
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FAI VOLARE LA FANTASIA

NON FARTI RUBARE IL TEMPO
I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO
IL TUO FUTURO E' ADESSO . 


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lunedì 2 agosto 2010

Ora abbiamo le prove che quei campi sono transgenici






Ciao ,

pochi giorni fa ti abbiamo segnalato il rischio di una contaminazione da OGM in Italia, a causa di una presunta semina di mais transgenico in due campi in Friuli. Ora abbiamo le prove che quei campi sono transgenici. Lo confermano le analisi effettuate da un laboratorio certificato sui campioni che abbiamo prelevato nei giorni scorsi.

Perciò abbiamo deciso di fare quello che le autorità stanno rimandando da settimane. Questa mattina all’alba i nostri attivisti sono entrati in uno dei campi - a Vivaro in provincia di Pordenone - e hanno isolato, tagliato e messo in sicurezza le parti superiori delle piante di mais transgenico che producono il polline, responsabile della contaminazione.

In questi campi il mais è fiorito e sta già disseminando il proprio polline sulle coltivazioni circostanti. Basta perdere tempo! La Procura di Pordenone deve porre fine a questa contaminazione illegale e incriminare i responsabili e tutti i suoi possibili complici. Il rischio di una contaminazione di tutto il mais del Friuli deve essere scongiurato.

Di fronte a questa emergenza ci siamo appellati al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Scrivi anche tu al Presidente per rafforzare la nostra richiesta.
Grazie!

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