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mercoledì 30 novembre 2011

la discarica di amianto di Cappella Cantone non si farà più



la discarica di amianto di  Cappella Cantone non si farà più!
 
Sequestrata la discarica di amianto di Cappella Cantone (CR). Verità e giustizia, questo chiedevamo, questo abbiamo ottenuto. La nostra tenacia e la nostra determinazione hanno vinto. Ricordiamo che domani 1 dicembre a Cremona presso il CISVOL via S. Bernardo, 2 alle ore 17.30 faremo una conferenza stampa in cui oltre a presentare l’iniziativa del 20 dicembre a Bruxelles affronteremo in modo più approfondito alcuni aspetti di queste ultime vicende.
L’ex cava Retorto di Cappella Cantone (Cr), che la Regione Lombardia aveva da poco autorizzato ad essere adibita a discarica di rifiuti di amianto, è stata messa sotto sequestro nell’ambito di un’indagine che sapevamo era in corso da tempo e che ha portato all’arresto, tra gli altri, del vicepresidente del Consiglio regionale Franco Nicoli Cristiani (PdL) e di Giuseppe Rotondaro,  coordinatore degli staff della direzione generale dell’ARPA Lombardia  con l’accusa  di traffico di rifiuti illeciti e corruzione. Altri clamorosi sviluppi si attendono nelle prossime ore e potrebbero essere coinvolti altri politici anche locali. Tra gli arrestati pare ci sia anche l’imprenditore marito dell’ex ministro Gelmini.
Abbiamo sempre denunciato l’intreccio tra malaffare e politica nella nostra battaglia contro la discarica in questi quattro anni, lo abbiamo sostenuto nell’esposto che abbiamo presentato alla Procura di Cremona nel 2009, lo abbiamo ribadito agli inquirenti che ci hanno ascoltato e con cui abbiamo collaborato.
Non ci siamo mai rassegnati, abbiamo continuato a combattere con ogni mezzo e ora abbiamo raggiunto un importante risultato nonostante che avevamo come avversari non solo i pochi favorevoli alla discarica, ma anche coloro i quali  diffondevano a piene mani, fino a ieri, rassegnazione e sfiducia per rendere ininfluente la nostra battaglia, oltre all’assessore regionale alla partita, Daniele Belotti (Lega), che voleva tapparci la bocca con una querela per diffamazione, perché avevamo denunciato pericoli di infiltrazione della n’drangheta.
La battaglia contro il malaffare e l’intreccio politica-n’drangheta per noi non è affatto conclusa e continuerà finché non sarà fatta giustizia a tutti i livelli e finché non avremo ottenuto la moratoria degli iter autorizzativi di tutte le discariche di amianto e l’annullamento delle autorizzazioni già concesse. Noi  vogliamo che lo smaltimento dell’amianto sia pianificato e programmato insieme ai cittadini delle aree interessate e che non sia più fonte di profitti più o meno leciti. Questo sarà possibile solo quando avremo la garanzia che i controlli ambientali non siano più fatti dall’ARPA che è un’emanazione diretta della giunta della Regione Lombardia, ma da un organismo terzo, indipendente dai partiti.
Le nostre posizioni saranno ribadite a Bruxelles il prossimo 20 dicembre quando presenteremo la nostra petizione al Parlamento Europeo in occasione della consegna delle migliaia di firme che abbiamo raccolto in questo ultimo mese contro la discarica di amianto di Cappella Cantone (CR).
Per comprendere ancor meglio la vicenda di Cappella Cantone ricordiamo brevemente ruoli e funzioni svolti in questi ultimi 15 anni da Franco Nicoli Cristiani e da Giuseppe Rotondaro.
Franco Nicoli Cristiani è stato assessore regionale in Lombardia all’ambiente e poi al commercio, consigliere regionale dal 1995. E’ stato condannato in appello per abuso di ufficio nell’inchiesta della discarica di Cerro Maggiore, poi scagionato nel 2008 in Cassazione per insussistenza del fatto. Quando è in pieno svolgimento la vicenda della discarica di Cappella Cantone, il 13 gennaio 2009 diventa vice coordinatore regionale e responsabile della macroarea di Bergamo-Brescia-Mantova-Cremona per il PdL.
Giuseppe Rotondaro, geologo, è stato sempre all’interno di strutture regionali della Lombardia che si occupavano di ambiente.  Dal 1997 è dirigente dell’ufficio e poi del servizio Protezione Ambientale e Sicurezza Industriale della Direzione Generale Tutela Ambientale della Regione Lombardia e dal 2001 direttore generale vicario di questa stessa direzione generale. Dal 2008 è direttore centrale dell’ARPA Lombardia e poi coordinatore delle funzioni di staff della direzione generale dell’ARPA Lombardia. In base alla nuova normativa regionale le nomine dei vertici dell’ARPA sono fatte direttamente dalla Giunta regionale e non c’è più il passaggio in Consiglio.

Ricordiamo di seguito i punti oscuri della vicenda che da sempre abbiamo denunciato nel nostro dossier, nei nostri comunicati e nei nostri volantini distribuiti a migliaia nei numerosi  presidi di questi anni e nei nostri banchetti di questo ultimo mese per raccogliere le firme per la petizione al Parlamento Europeo e ricordiamo anche che la ditta che voleva gestire la discarica, la Locatelli, aveva dato in passato lavori in subappalto a ditte risultate poi infiltrate dalla n’drangheta (vedi il nostro comunicato dettagliato in http://cittadinicontroamianto.blogspot.com/2010/08/la-discarica-non-sha-da-fare-cappella.html)

 








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ENERGIAINFINITA: Trasformiamo la centrale Termo elettrica di Cerano...

Trasformiamo la centrale Termo elettrica di Cerano in una centrale Solare Termodinamico








Trasformiamo la centrale Termo elettrica di Cerano

in una centrale Solare Termodinamico

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(M.Miccolis): La centrale Termo Elettrica di Cerano, entrata in funzione nel 1990, con una potenza complessiva di 2640 MW, si trova a 12 km da Brindisi, occupa un imponente spazio di 270 ettari, comprende 4 gruppi elettrogeni alternatori, della potenza di 660 MW ciascuno, 60 GW di corrente elettrica prodotta al giorno, un modesto camino di 200 metri. E’ collegata tramite quattro elettrodotti, da 380 KW, alla stazione elettrica di Tuturano, da cui si snodano le linee nazionali.
Da sola riesce a produrre 1/3 di tutto il biossido di carbonio immesso in atmosfera dall’intera economia nazionale, oltre 890 milioni di tonnellate, per anno, di emissioni totali di anidrite carbonica.
Stiamo parlando della centrale termoelettrica a carbone più grande d’Europa, ed anche la più inquinante del mondo.
Secondo uno studio condotto dal WWF, la centrale elettrica italiana che inquina più di tutte, e si trova nella mia terra nel salento, e questo per me è un problema da risolvere che le varie amministrazioni volutamente ignorano per non calpestare i calli dei poteri forti......continua



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No a carbone e biomasse





No a carbone e biomasse

freno agli impianti 

di Brindisi e Lecce


BARI - No alle emissioni di C02 (in cui primeggia la centrale Enel di Cerano) e a tutti i nuovi impianti (la centrale a biomasse di Cavallino) che disattendono le linee sulla riduzione delle emissioni imposte dal Pear (il Piano energetico ambientale regionale). Due gli ordini del giorno approvati ieri dal consiglio regionale. Il primo, bi-partisan (firmato da Michele Losappio, Angelo Disabato, Rocco Palese Salvatore Negro, Antonio Decaro, Davide Bellomo, Donato Pellegrino e Orazio Schiavone), parla della riduzione di Co2 in tutta la Puglia con particolare riferimento alla centrale di Cerano (Br), che è al primo posto in Italia con l’emissione di 13 milioni di tonnellate di Co2 (dati 2009), superiori alla quota stabilita dalla direttiva europea (10,4 milioni). Il secondo odg, a firma Antonio Maniglio(Pd) e Donato Pellegrino (Psi), chiede al Governo regionale un intervento deciso per bloccare l’insediamento della centrale a biomasse deliberata dal Comune di Cavallino (Le).

L’assessore all’ambiente Lorenzo Nicastro ha avvertito che sin dal 2008 la Regione ha in corso trattative per una riduzione della produzione energetica dal carbone ma, sinora, «non hanno portato ad alcun miglioramento». Per questo l’odg approvato «ci permette di agire con maggiore forza» con l’Enel. Per quanto riguarda l’impianto di Cavallino, l’assessore allo sviluppo economico Loredana Capone ha puntato l’indice sulle autorizzazioni rilasciate dal Comune e dalla Provincia di Lecce e annunciato che alla Conferenza di servizi del prossimo 16 dicembre il governo regionale tornerà a ribadire la sua contrarietà. «No allo scaricabarile» hanno replicato Antonio Barba, Andrea Caroppo, Erio Congedo, Roberto Marti e Mario Vadrucci (Pdl) votando a favore dell’odg.

I temi torneranno al centro di una seduta monotematica del consiglio regionale e di una Conferenza programmatica sull’energia, aperta anche alla partecipazione dei parlamentari pugliesi, annunciate da Onofrio Introna per venire incontro alle richieste dei consiglieri.«Si corona così un’iniziativa del gruppo Se» dice il capogruppo dei vendoliani Michele Losappio. Va oltre il capogruppo Pd Antonio Decaro, sollecitando la giunta a predisporre «la legge per introdurre l'obbligo di utilizzo della “filiera corta” al 100% nelle aree agricole e all'80% nelle aree industriali», che consentirebbe di ridurre i mega-impianti ed evitare l'utilizzo di biomasse provenienti da altre aree. «Dobbiamo favorire - aggiunge - gli impianti di co-generazione, ossia quelli capaci di produrre sia energia che calore».

Buone notizie, infine, da Taranto: la diossina emessa dall’Ilva - annuncia Alessandro Marescotti, presidente di Peacelink - è scesa sotto il limite di 0,4 nanogrammi a metro cubo, come prevede il Pear. 



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lunedì 28 novembre 2011

Fukushima, mangiò in tv verdure contaminate: ora ha la leucemia


mangiò in tv verdure contaminate

 ora ha la leucemia



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Otsuka Norikazu voleva aiutare l economia agricola in ginocchio dall incidente nucleare di Fukushima , ma la sua spavalderia mista a follia pura gli ha fatto contrarre da quelle verdure radioattive una patologia tipica di chi ingerisce cibi contaminati, i medici gli hanno diagnosticato una leucemia linfatica acuta
 


 - In diretta tv mangiò verdure e altri prodotti provenienti dalla zona di Fukushima con l'intento di dimostrare che malgrado il gravissimo incidente nucleare, non c'era pericolo di contaminazione radioattiva. Ora al notissimo presentatore tv giapponese Otsuka Norikazu è stata diagnosticata una grave forma di leucemia. Norikazu, 63 anni, raccontano i media, era andato a farsi visitare a fine ottobre perché si sentiva un nodulo sul collo.

I medici gli hanno diagnosticato una leucemia linfatica molto aggressiva, che offre una possibilità di guarigione fra il 30% e il 40%. Una coincidenza? Di sicuro la sua vicenda deve aver provocato un brutto risveglio nei giapponesi, da sempre abituati a fidarsi di quanto raccontato loro da governanti e autorità. Ma anche divenuti sospettosi negli otto mesi e mezzo dal terremoto e tsunami dell'11 marzo dopo aver assistito alle incertezze dimostrate dagli addetti ai lavori nel trattare le conseguenze del disastro della centrale nucleare di Fukushima e alle reticenze e le contraddizioni della compagnia gestrice Tepco e anche del governo nel diffondere le informazioni sui tassi di radioattività.

Nell'impossibilità di bloccare la fuoriuscita di acqua e di vapore contaminati dai reattori andati in panne per il sisma e lo tsunami, subito dopo il disastro la zona attorno alla centrale è stata sgomberata per un raggio di 20 chilometri e sono state imposte restrizioni al commercio di prodotti agricoli in un raggio di decine di chilometri.

Solo pochi giorni fa l'ultimo provvedimento ha colpito il riso della regione di Onami, a 60 chilometri dal disastrato impianto nucleare, che riportava tracce di cesio. L'onda lunghissima del disastro sta creando danni immensi all'agricoltura perchè, malgrado le (poco convincenti) rassicurazioni delle autorità sull'assenza di tracce radioattive su riso e verdure e la fine della restrizione sulla commercializzazione dei prodotti agricoli dalla prefettura di Fukushima già settimane dopo il disastro, i giapponesi continuano a non fidarsi. E così, per tentare di riportare fiducia, la stampa è stata chiamata sul sito della centrale pochi giorni fa.

Alcuni personaggi pubblici si sono offerti di fare da cavie, di assumersi pubblicamente dei rischi per tranquillizzare i titubanti consumatori. A questo meccanismo ha prestato il suo corpo un politico, Yasuhiro Sonoda, del Partito Democratico, al governo, che il primo novembre ha bevuto pubblicamente un bicchiere d'acqua proveniente direttamente dalla centrale. «Il semplice fatto di bere quest'acqua non significa che la sicurezza sia confermata, ne sono cosciente», disse Sonoda.

Poi il celebre presentatore Norikazu, che insieme alla sua giovane assistente ha consumato un piatto di spaghetti di riso e verdure, tutto rigorosamente prodotto nella famigerata prefettura di Fukushima. «Intendo prendermi un periodo di riposo - ha confessato ora ai suoi spettatori affezionati Norikazu - per colpa di una improvvisa e inattesa malattia», promettendo di tornare al più presto «con il sorriso» alla stessa ora di sempre. Forse ora si sta preoccupando la sua giovane assistente che condivise con lui quel pasto davanti alla telecamera e con lei i giapponesi che da quel gesto furono convinti a preoccuparsi di meno.




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martedì 22 novembre 2011

I sacchetti di plastica soffocano i mari


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Continua a crescere l’isola dei rifiuti 

Allarme nell’Oceano Pacifico 

Secondo alcuni studiosi, Il Pacific Trash Vortex ha raggiunto una dimensione doppia a quella degli Stati Uniti. E' la discarica più grande del pianeta e si è formata principalmente a causa dei sacchetti di plastica usa e getta
Cresce costantemente il Pacific Trash Vortex, l’accumulo di rifiuti di plastica che galleggiano nell’Oceano Pacifico. Con decine di milioni di tonnellate di detriti che fluttuano tra le coste giapponesi e quelle statunitensi, si tratta di fatto della più grande discarica del pianeta. Secondo scienziati ed oceanografi, fra cui Marcus Eriksen, direttore di ricerca presso l’Algalita Marine Research Foundation, la sua estensione ha ormai raggiunto “livelli allarmanti”: forse “il doppio di quella degli Stati Uniti”. Ma come può essere così vasta? Raggiunto telefonicamente da ilfattoquotidiano.it, il dottor Eriksen ha spiegato che il Trash Vortex “non forma un’isola o un’accumulazione densa di frammenti. La densità è simile a quella di un cucchiaio di confetti di plastica sparsi su un campo di calcio”. Fra i rimedi consigliati dagli esperti, spicca la necessità di abbandonare globalmente i sacchetti di plastica usa e getta. Una scelta già fatta dall’Italia, che adesso tutta l’Europa vuole imitare.

Palloni da calcio e da football, mattoncini di Lego, scarpe, borse, kayak e milioni di sacchetti usa e getta. Sono questi gli ingredienti della “zuppa di plastica” che anno dopo anno si sta impossessando del Pacifico. Un quinto di essi, secondo gli studiosi, proviene da oggetti gettati da navi o piattaforme petrolifere, il resto dalla terraferma. Questo enorme vortice di rifiuti è però visibile solo da navi e barche, non dai satelliti. Esso si trova infatti al di sotto della superficie marina, fra i pochi centimetri e i 10 metri di profondità.

Scoperto alla fine degli anni ’80 dalla National Oceanic and Atmospheric Administration (Noaa) ma reso noto soprattutto da Charles Moore, il Great Pacific Garbage Patch (altro nome del Trash Vortex) si divide in due grandi blocchi: “Uno a circa 500 miglia marine dalle coste californiane, ed uno al largo di quelle giapponesi – spiega il dottor Eriksen – connessi dalle correnti che ruotano in senso orario attorno ad essi”.

In quest’area del Pacifico settentrionale le correnti portano ogni anno ad accumularsi enormi quantità di rottami marini e rifiuti, composti per il 90% da plastica, di cui si ritrovano anche pezzi fabbricati negli anni ‘50. Le materie plastiche, infatti, fotodegradandosi possono disintegrarsi in pezzi molto piccoli, ma sostanzialmente non si biodegradano. I polimeri che le compongono possono così finire nella catena alimentare, in quanto queste briciole vengono scambiate per plancton o altri tipi di cibo da molti animali marini. Un problema comune anche al Mare Mediterraneo, che vede però nelle dimensioni raggiunte nel Pacifico un fenomeno decisamente allarmante.

Secondo il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (Unep), già nel 2006 ogni miglio quadrato di oceano conteneva 46mila pezzi di plastica galleggiante. Oggi, secondo i calcoli più recenti, si è arrivati con il solo Trash Vortex ad un totale di 100 milioni di tonnellate. Per Charles Moore il problema è dovuto soprattutto all’enorme diffusione nel mondo dei sacchetti di plastica. Se non se ne ridurrà il consumo, avverte “Captain” Moore, “questa massa galleggiante potrebbe raddoppiare le sue dimensioni entro il prossimo decennio”.

Un fenomeno, quello dei sacchetti usa e getta, di cui si sta discutendo molto in Europa, ma che finora ha portato solo l’Italia a metterli definitivamente al bando. Nel Belpaese, una volta tanto all’avanguardia nella tutela dell’ambiente, la legge che dall’inizio del 2011 vieta la produzione e la commercializzazione di questi sacchetti è diventata infatti un esempio virtuoso per tutto il resto del vecchio continente. Tanto che, secondo una consultazione pubblica della Commissione europea sull’uso delle buste di plastica non biodegradabili, a cui hanno partecipato oltre 15mila cittadini dell’Ue e centinaia fra associazioni, Ong ed università, “il 70 per cento degli europei vuole che il bando italiano venga esteso al resto dei Paesi membri”.





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I sacchetti di plastica soffocano i mari 

Anche il Mediterraneo è a rischio 

Secondo un rapporto di Legambiente che sintetizza diversi studi scientifici, 49 specie di mammiferi e 111 di uccelli sono a rischio. Alte le concentrazioni di borse 'usa e getta' anche nel mare nostrum: al largo dell'Isola d'Elba ci sono 862.000 mila frammenti per chilometro quadrato
Sacchetti “usa e getta” e rifiuti di plastica soffocano l’ambiente marino. E fanno strage di animali. Che ingeriscono le borse di cellophane o ne restano intrappolati. Il problema riguarda anche il nostro Mediterraneo, che, fra Italia, Spagna e Francia, presenta una concentrazione di plastica superiore a quella del Pacific Trash Vortex, un enorme accumulo di spazzatura in mezzo all’Oceano Pacifico. Le tonnellate di plastica nel mare nostrum sono 500. Lo rivela L’impatto della plastica e dei sacchetti sull’ambiente marino, rapporto che sintetizza i principali studi scientifici sull’inquinamento in mare da plastica abbandonata. Un dossier richiesto da Legambiente e realizzato dall’Arpa toscana in collaborazione con la struttura oceanografica Daphne dell’Arpa emiliana.

Secondo il documento, dal 60 all’80% di tutta l’immondizia trovata nelle acque marine è composto da plastica. Percentuale che, in alcune aree, raggiunge addirittura il 90-95% del totale. Gravi sono le conseguenze sulla fauna: secondo il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (Unep) e l’Agenzia svedese della protezione ambientale, su 115 specie di mammiferi marini 49 rischiano quotidianamente di ingerire questi rifiuti, o di rimanerne intrappolate. Di 312 specie di uccelli, invece, 111 sono quelle a rischio, mentre sono quasi un milione i volatili marini uccisi ogni anno. Elefanti marini, delfini, capodogli e molte altre specie ingeriscono i sacchetti di plastica. Le tartarughe marine, che li scambiano per meduse, muoiono dopo una lenta agonia causata dal blocco totale del tratto digestivo, che ne causa il soffocamento.

Il fenomeno è noto da tempo. Già tre campagne oceanografiche eseguite negli anni 1994, 1995 e 1996 avevano evidenziato che sul tratto di Mediterraneo francese il 70% dei rifiuti marini era composto da sacchetti di plastica. L’International Coastal Cleanup, tra il 2002 e il 2006, aveva individuato le borse di cellophane come il rifiuto più presente in mare dopo mozziconi e bottiglie.

Le cose per l’Italia non vanno bene. Per Expedition Med, uno studio condotto dall’Istituto francese di ricerca sullo sfruttamento del mare e dall’Università belga di Liegi, nell’estate 2010 la concentrazione di plastica più alta nel Mediterraneo era infatti nel nord del Tirreno, al largo dell’Isola d’Elba: 892.000 frammenti per chilometro quadrato. Che, rispetto ad una media di 115.000, donano al nostro Paese un triste primato. “L’Italia è un Paese doppiamente esposto al problema della plastica e la dispersione dei sacchetti in mare – afferma Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente -. Lo è perché, prima del bando dei sacchetti ‘usa e getta’, commercializzava il 25% del totale degli shopper in tutta Europa. E perché le nostre coste sono affacciate sul Mediterraneo, coinvolto come i mari del resto del pianeta dall’inquinamento”. Per queste ragioni, secondo Ciafani, è assai positivo che in Italia dall’inizio di quest’anno sia entrato in vigore il bando degli shopper non biodegradabili.




leggi anche : http://cipiri6.blogspot.it/2012/03/isola-di-plastica.html

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lunedì 21 novembre 2011

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sabato 19 novembre 2011

LINKS: 26 Novembre - In piazza per l'acqua, i beni comuni...

26 Novembre - In piazza per l'acqua, i beni comuni e la democrazia.Roma, ore 14.00 - Piazza della Repubblica


26 Novembre -

In piazza per l'acqua, i beni comuni e la democrazia.

Roma, ore 14.00 - Piazza della Repubblica





Il 12 e 13 giugno scorsi la maggioranza assoluta del popolo italiano ha votato per l'uscita dell'acqua dalle logiche di mercato, per la sua affermazione come bene comune e diritto umano universale e per una gestione pubblica e partecipativa del servizio idrico.
Un voto netto e chiaro, con il quale 27 milioni di donne e uomini, per la prima volta dopo decenni, hanno ripreso fiducia nella partecipazione attiva alla vita politica del nostro paese e hanno indicato un'inversione di rotta rispetto all'idea del mercato come unico regolatore sociale.
Ad oggi nulla di quanto deciso ha trovato alcuna attuazione....

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LINKS: 26 Novembre - In piazza per l'acqua, i beni comuni...: 26 Novembre - In piazza per l'acqua, i beni comuni e la democrazia. Roma, ore 14.00 - Piazza della Repubblica Il 12 e 13 giugno scors...

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l’Economist si schiera con i No TAV



l’Economist 

si schiera con i

No TAV




Non ci credevano per primi i No TAV veri e propri, che pure lo hanno tradotto e pubblicato in bella posta: l’Economist ha pubblicato un articolo estremamente critico nei confronti dell’Alta Velocità ferroviaria. Un vero e proprio incubo per tutti coloro che da mesi (o meglio anni) ripetono la stanca solfa della necessità della grande opera per rilanciare l’economia del Paese e sviluppare anche le periferie.
Tutti gli argomenti pro-TAV vengono smontati in nome di un idolo difficilmente considerabile filo-ambientalista: la convenienza economica. Dunque l’Alta Velocità è troppo cara e lo stesso Regno Unito, secondo quei “fondamentalisti verdi” dell’Economist dovrebbe rivedere i suoi piani:
I treni ad alta velocità raramente conseguono i vasti benefici economici che i suoi promotori prevedono. Il governo inglese – l’ultimo ad essere ingannato da questa visione della modernità – dovrebbe ripensarci. In questo momento ovunque si parla di alta velocità. Sei paesi hanno investito grosse somme nei treni “pallottola”: Giappone, Francia, Germania, Spagna, e, più recentemente, l’Italia e la Cina. Australia, Portogallo e Indonesia stanno considerando nuove linee. E il governo britannico sta valutando piani per 32 miliardi di sterline (52 miliardi di dollari) per collegare Londra al nord dell’Inghilterra.
Primo assunto da cui partire è: non è vero che l’alta velocità porti sviluppo in periferia. Anzi, ad arricchirsi sono i nodi ferroviari, come dimostrano gli esempi lontani, ma simili, di Parigi e Tokyo:
In effetti, nelle economie più sviluppate i treni ad alta velocità non riescono a colmare i divari fra le regioni e, talvolta, li aggravano. Migliori collegamenti rafforzano i vantaggi di una città ricca situata nel punto centrale della rete: le ditte in regioni prosperose possono raggiungere un’area più grande, finendo per danneggiare le prospettive dei luoghi più poveri.
Anche in Giappone, dove corre la linea ad alta velocità di maggior successo commerciale, Tokyo continua a crescere più rapidamente di Osaka. Le nuove linee ferroviarie spagnole hanno ingrossato le imprese di Madrid a discapito di quelle di Siviglia. La tendenza in Francia è quella di trasferire le sedi centrali a Parigi a svantaggio di altre località.
Per non parlare del danno incalcolabile che viene portato alle zone che vengono saltate dalla TAV in nome di una maggiore rapidità di collegamenti:
Anche se qualche città ne trae benefici, i restanti luoghi al di là della rete ferroviaria ne soffrono: la velocità è raggiunta parzialmente, al costo di ridurre le fermate, cosicché aree già ben servite dai servizi esistenti si trovano nuove linee che le escludono. Zone della Gran Bretagna, per esempio, temono che una nuova cerniera di ferrovia creerà città di secondo livello fornite da un minor numero di treni più lenti.
Inoltre, se il circolo delle merci lungo l’Alta Velocità ferroviaria potrebbe non portare grandi vantaggi economici globali, il servizio dato ai viaggiatori risulta in media troppo gravoso e poco concorrenziale. In pratica, conclude l’Economist, si finisce per far viaggiare dei treni passeggeri vuoti, pagati dalle tasche dei contribuenti e dove solo pochi ricchi possono accedervi (per risparmiare i soldi dell’aereo). Una prospettiva non proprio edificante.
Infine, il giornale britannico getta la maschera ed assume il viso del No Tav più militante: la soluzione più razionale sarebbe lo sviluppo delle reti già esistenti. E fa davvero impressione leggere argomenti – solitamente bollati come retorica Nimby dalla stampa nostrana – in bocca da uno dei più osannati giornali liberal mondiali:
Allo stato attuale, per la maggior parte dei posti, i benefici marginali di queste fantastiche conquiste dell’ingegneria, tradotti in termini di tempi di percorrenza ridotti, vengono soppressi dai costi elevati. E i costi di finanziamento riducono i fondi che potrebbero essere disponibili per schemi più semplici, ma più efficienti.




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L’aggiornamento delle linee esistenti, delle reti più lente, soprattutto nei paesi più piccoli, spesso ha maggior senso. La capacità può essere aumentata con treni più lunghi e piattaforme estese. Alcune spaziose carrozze di prima classe possono essere convertite in quelle più compresse di seconda classe; una politica dei prezzi può razionare la domanda più efficacemente nelle ore di punta. Un sistema segnaletico migliore può aumentare la velocità media dei viaggi. I treni non ad alta velocità in Gran Bretagna, ad esempio, sono già più veloci degli equivalenti di molti altri paesi. Alcuni treni che attualmente viaggiano a 125 miglia all’ora potrebbero andare più veloci se la segnaletica venisse aggiornata – probabilmente per i politici è più allettante inaugurare un nuovo futuristico servizio che togliere la copertura ad un nuovo pannello di segnaletica!
Davvero una serie di argomenti su cui molti pro-Tav dovrebbero riflettere bene.
Guido Grassadonio
http://www.greenstyle.it/alta-velocita-leconomist-si-schiera-con-i-no-tav-5128.html
Fonte: The Economist!
Traduzione: Notav.info


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ENERGIAINFINITA: Dirigibili Alimentati ad energia fotovoltaica

Dirigibili Alimentati ad energia fotovoltaica








Nuovi dirigibili alternativi all'aereo

Alimentati esclusivamente ad energia fotovoltaica

Spesso la tecnologia non fa altro che riprendere un'invenzione passata e modificarne alcune peculiarità, rendendola più funzionale e all'avanguardia dei bisogni sociali attuali.

Il primo dirigibile fu costruito nel 1852, sfruttando il principio di Archimede, (ogni corpo immerso in un fluido riceve una spinta verso l'alto pari al peso del volume di fluido che sposta) e in seguito all'incidente avvenuto Lakehurst, nel New Jersey, tale mezzo cade in disuso.

Ora gli ingenieri hanno ridisegnato la classica forma di sigaro a cui eravamo abituati, avranno infatti una struttura simile a un fiore, con la parte centrale esagonale, avranno pannelli solari come unica fonte di alimentazione, progettata per rimanere in volo per lunghissimo tempo.

Pensato come alternativa agli aerei, il progetto si chiama Maat (Multibody Advanced Airship for Transport) e vi partecipano anche università ed aziende di Regno Unito, Belgio, Germania, Portogallo, Russia e Uruguay.

'Con questo progetto viene rivoluzionato il concetto di trasporto aereo, fino ad ora effettuato da limitati punti a terra', ha osservato Antonio Dumas, dell'università di Modena e Reggio Emilia. Il dirigibile Maat 'sarà collegato a più dirigibili che, come 'navette rifornitrici', trasporteranno persone e merci da e verso terra costituendo l'anello di congiunzione tra il dirigibile e la Terra: un concetto innovativo di hub aeroportuale'.

Diego Luise
http://www.voceditalia.it/articolo.asp?id=71471

Il progetto MAAT ha lo scopo di analizzare la fattibilità di un sistema di trasporto aereo tramite un dirigibile di nuova concezione. Questo, denominato MAAT (Multibody Advanced Airship Transport) è costituito, come un fiore, da una parte centrale, come corolla, che resta in quota per lungo tempo (cruiser) e da sei parti, come petali (feeder) che salgono e scendono. Il cruiser ed i feeder sono i grdo di muoversi verticalmente e di restare ad alta quota mediante la spinta di galleggiamento e di muoversi orizzontalmente mediante propulsione elettrica, interamente alimentata da pannelli solari.
Il progetto MAAT nasce come evoluzione di un precedente progetto sviluppato dal gruppo ERMETE dell’ Università di Modena e Reggio Emilia: PSICHE (Photovoltaic Stratospheric Isle for Conversion in Hydrogen as Energy vector- Piattaforma stratosferica fotovoltaica per la conversione in idrogeno come vettore energetico).
Si allega la locandina:
MAAT_kick_off_meting_13_15_set.pdf

http://www.eventi.unimore.it/index.php/component/jcalpro/view/4575







Hanno la forma di un fiore, esagonale




Dirigibili solari che sembrano fiori prenderanno il posto degli aerei

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venerdì 18 novembre 2011

BLOG DI CIPIRI: Class Action contro Silvio Berlusconi.


CLASS ACTION contro Silvio Berlusconi









 CLASS ACTION


contro Silvio Berlusconi


Tutti in Class!!!



Radio Popolare e Valori, in collaborazione con Federconsumatori lanciano “Tutti in Class”, la prima class action di massa contro Silvio Berlusconi.
http://cipiri.blogspot.com/2011/11/class-action-contro-silvio-berlusconi.html





Molti di voi c’erano. Molti altri erano sintonizzati. Per tutti loro, ma soprattutto per gli assenti, giustificati o meno, ecco a voi il podcast integrale di Monti Python – Governo tecnico e senso della vita, con Gianmarco Bachi e il Professor Di Stefano!


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(per ascoltare in streaming, cliccate su play. Per scaricare l’mp3, clic destro e salva con nome)


Comincia la grande raccolta di adesioni per la Class Action contro Silvio Berlusconi.

L’appuntamento è per domenica dalle ore 15 in piazza del Cannone.
Potete venire a piedi, in autobus, in risciò o sulle ali dell’entusiasmo.
Ma soprattutto potete venire in bicicletta.
In concomitanza con la giornata senz’auto, Radio Popolare organizza un triplice corteo su due ruote che confluirà in Piazza del Cannone per la raccolta di firme .
Una “critical class” di ascoltatori, abbonati, azionisti,tesserati e mattonati
che attraverserà la città partendo da 3 punti di concentramento.
– Il Velodromo Maspes-Vigorelli
– La Stazione Centrale
– L’Università Bocconi
Il ritrovo nei luoghi convenuti è fissato per le 15.
Ad attendervi i migliori tra gli sprinter di Radio Pop che vi guideranno in parata fino a piazza del Cannone.
Scaldate i polpacci! Vi aspettiamo!
AGGIORNAMENTO IMPORTANTE: RITROVI E PERCORSI PER DOMENICA
RITROVO BOCCONI
Via Sarfatti angolo Via Bocconi, presso il Parco Ravizza
PERCORSO
Via Bocconi
Via Isabella d’Aragona
Viale Beatrice D’Este
Piazza 24 maggio
Viale Gabriele d’Annunzio
Piazzale Cantore
Viale Papiniano
Piazzale Aquileia
Corso di porta vercellina
Piazzale Baracca
Via Toti
Piazza Conciliazione
Via 20 settembre
Viale Curie
Via Moliere
Via Alemagna
Viale gadio
RITROVO VIGORELLI
Via Arona angolo Via Giovanni da Procida
Presso la Manifestazione “Rivogliamo il Vigorelli”
PERCORSO
Via Arona
Corso Sempione
Arco della Pace
Parco
Arrivo
RITROVO STAZ.CENTRALE
Presso Pirellone
PERCORSO
Via Vittor Pisani
Piazza Repubblica
Viale Principessa Clotilde
Bastioni Porta Nuova
Piazza xxv Aprile
Via Crispi
Porta Volta
Via Elvezia
Arena
Parco
Arrivo


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martedì 15 novembre 2011

ILLUMINAZIONE A LED



 ILLUMINAZIONE A LED

I led emettono luce solo in una gamma di frequenza molto ristretta all'interno della regione luminosa dello spettro, e dunque non emettono né raggi ultravioletti (UV) né radiazione infrarossa, per cui sono ottimi per l'illuminazione nei musei, dove tali radiazioni potrebbero danneggiare con il tempo il materiale esposto. Oltre all'illuminazione degli interni in sostituzione di altri tipi di lampadine classiche, i led ad alta luminosità possono essere usati per realizzare delle illuminazioni di tipo "speciale" (comprese le scenografie di spettacoli televisivi, concerti o altri eventi), creando con essi percorsi ad hoc o superfici luminose quasi continue. Un esempio commerciale standard di tale applicazione è rappresentato, per gli interni, dai pannelli a soffitto (da incasso o sospesi), che forniscono un'elevata luminosità accompagnata da un notevole risparmio energetico. Per quanto riguarda l'uso in esterno, i led sono utilizzabili sia per l'illuminazione stradale e dei giardini, sia per la realizzazione di maxi-schermi televisivi.

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