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sabato 29 dicembre 2012

elettricità con 1 litro di urina


Ragazze africane realizzano un generatore in grado di produrre 6 ore di elettricità con 1 litro di urina
NON SONO RICERCATORI FAMOSI O STUDIOSI MONDIALI

Ma 4 ragazze africane dai 14 ai 15 anni d’età. Si chiamano Duro-Aina Adebola, Akindele Abiola , Faleke Oluwatoyin e Bello Eniola e la loro voglia di pensare e creare ha dato vita ad un prodotto ecologico ed innovativo: un generatore che è in grado di produrre sei ore di elettricità con un litro di urina.Un’invenzione davvero geniale che rende uno scarto umano (la pipì) una risorsa energetica! Di conseguenza questa fonte di energia si rinnova a costo zero e senza produrre inquinamento!

MA COME FUNZIONA CONCRETAMENTE QUESTA IDEA?

L’urina prodotta viene raccolta ed inserita in una cella in grado di separare l’idrogeno. Quest’ultimo viene purificato grazie ad un filtro e raccolto in una bombola del gas. L’idrogeno ottenuto viene ripulito dall’umidità e spinto nel generatore.Stupisce la giovane età delle ragazze che hanno inventato questo generatore. Il prototipo è stato presentato alla Maker Faire Africa in corso nel Lagos, cioè la fiera annuale africana della ”gente che fa”.Speriamo che l’invenzione faccia la sua strada e che le ragazze vengano giustamente premiate per il loro lavoro.


http://www.eticamente.net/6263/elettricita-prodotta-dalle-urine.html 

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domenica 23 dicembre 2012

Programma di sviluppo ecosostenibile

  
Programma di sviluppo sostenibile


1 Misure generali per una green economy
È il pacchetto più nutrito di proposte che spazia dall'adozione della fiscalità ecologica, alla necessità di definire un quadro normativo coerente, stabile, efficace. Dalla richiesta di introdurre nei bilanci aziendali anche gli indicatori di impatto ambientale fino alla diffusione della nuova visione della green economy presso cittadini, mondo economico e politico.
 

2 Sviluppo dell'eco-innovazione
Si tratta di azioni in grado di sviluppare l'economia della conoscenza e favorire così la più ampia innovazione di prodotto e di processo principalmente attraverso partenariati tra università enti di ricerca e imprese.
 

3 Sviluppo dell'ecoefficienza, del riciclo e della rinnovabilità dei materiali
Tra le proposte contenute in questo gruppo, quelle volte a ridurre la produzione di rifiuti, sviluppare il riciclo e quindi il mercato delle cosiddette materie prime seconde. Una serie di sfide importanti considerata la dipendenza da materie prime del nostro Paese.
 

4 Sviluppo dell'efficienza e del risparmio energetico
Altro pacchetto di proposte strategiche riguardanti l'efficienza energetica nella pubblica amministrazione e nell'illuminazione pubblica. Promuovere la formazione di energy manager;  fissare per gli edifici di nuova costruzione standard di consumi energetici del 30% inferiori agli attuali, confermare l'IVA al 10% sui lavori di efficientamento energetico sono alcune delle altre proposte.
 

5 Sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili
Per ridurre la dipendenza del nostro Paese dalle importazioni energetiche il Programma prevede un ricco pacchetto di proposte che partono dal varo di una Strategia energetica nazionale, alla semplificazione delle procedure per attivare impianti per le rinnovabili, fino alla predisposizione di  una strategia per il rilancio della filiera delle biomasse e di quella delle rinnovabili termiche.
 

6 Tutela e valorizzazione dei servizi degli ecosistemi
Tutta protesa a tutelare il ruolo del capitale naturale e dei servizi ecosistemici è la proposta contenuta in questo gruppo. Si va dalla valorizzazione del territorio, alla tutela delle aree naturali, delle risorse idriche, fino alla gestione sostenibile del patrimonio forestale. Senza dimenticare un programma di riqualificazione delle città.
 

7 Sviluppo delle filiere agricole di qualità ecologica
Preservare la destinazione d'uso e arrestare il consumo del suolo agricolo, promuovere l'agricoltura biologica e le buone pratiche agronomiche; migliorare la risorsa idrica e favorire l'occupazione giovanile in filiere agricole di qualità ecologica. 


 8 Sviluppo di una mobilità sostenibile
Puntare su una mobilità urbana sostenibile significa potenziare il trasporto pubblico locale e incrementare la modalità ciclopedonale puntando al 15% degli spostamenti in bicicletta. Raddoppiare al 2030 la quota passeggeri e merci su ferrovia regionale, sviluppare infrastrutture digitali al servizio dei trasporti e far decollare il telelavoro per ridurre la domanda di trasporto.


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Green economy : idee per ripartire


Green economy

 idee per ripartire

Gli Stati generali tenuti a Rimini confermano che puntare sulla sostenibilità è una chiave fondamentale per difendere l'ambiente e rilanciare l'economia

Green e brown: verde e marrone. Anche i colori aiutano a capire e a distinguere. A segnalare che c'è un'economia nuova che sta facendosi strada in Italia e nel mondo.
È l'economia verde, la cosiddetta green economy. Un'economia più democratica, egualitaria e rispettosa; più evoluta e intelligente. Destinata a trasformare e sostituire la vecchia economia brown basata sul massimo sfruttamento delle risorse naturali e sulla scarsa attenzione agli impatti delle attività dell'uomo sull'ambiente, sulla società e sulla qualità della vita di ognuno di noi. La green economy, quella vera, è infatti qualcosa di più di una riverniciata di verde. È un cambiamento quasi antropologico che può modificare la nostra società dalle sue fondamenta e che richiede una prospettiva diversa anche rispetto ai concetti di profitto e di lavoro. Una prospettiva che coinvolge tutti, dalle imprese ai cittadini chiamati a interpretare un nuovo ruolo e a prendersi nuove responsabilità. In questo senso la green economy non è solo un orizzonte necessario verso cui guardare, ma un vero e proprio cambiamento epocale che, in quanto tale, ha richiesto un importante momento fondativo realizzatosi a Rimini il 7 e l'8 novembre scorsi nel corso dell'ultima edizione di Ecomondo. Ci riferiamo agli Stati Generali della Green Economy che hanno messo in campo il meglio dell'Italia che vuole cambiare rotta e coniugare rilancio dell'economia e tutela dell'ambiente.
Gli Stati Generali
Promossi dal Ministero dell'Ambiente e dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile presieduta da Edo Ronchi (vedi l'intervista nella pagina a fianco), gli Stati Generali sono approdati a Rimini dopo un percorso durato alcuni mesi e che ha visto coinvolte 39 organizzazioni di imprese in rappresentanza di tutti i settori dell'economia verde italiana riunitesi in 8 assemblee nazionali programmatiche. Un lavoro ciclopico che ha visto 193 componenti dei gruppi di lavoro, 1120 consultazioni effettuate e oltre 100 contributi scritti giunti dopo le assemblee.
Un momento consultivo così ampio probabilmente non si era mai visto in Italia negli ultimi anni, a riprova di quanto sia alta la posta in gioco.
Ambiente ed economia
Il risultato di tanto lavoro è stato riassunto nel “Programma di sviluppo di una green economy”(vedi il box nella pagina qui a fianco) diffuso alla fine delle due giornate riminesi che hanno visto intervenire ben due ministri dell'attuale governo: quello dell'ambiente Corrado Clini e quello dello sviluppo economico Corrado Passera. Due ministri che evidentemente hanno in comune non solo il nome di battesimo, ma una strategia di rilancio del Paese che vede economia e ambiente come facce della stessa moneta pronta per essere spesa sullo scacchiere della competizione mondiale.
È come se l'ambientalismo uscisse dalla sua fase mitologica e cominciasse a innervare le politiche economiche. Uno dei messaggi emersi chiaramente dagli Stati Generali è che la partita che si sta giocando attorno alla green economy non riguarda solo la sostenibilità ambientale ma anche quella sociale e economica che ha sul versante occupazionale il cuore del problema.
In altre parole la green economy non è faccenda di questo o quel settore – ad esempio agro-alimentare piuttosto che energia - ma è una cultura produttiva complessiva che riguarda, e può investire, l'intero sistema economico del nostro Paese. Con un obiettivo chiaro: saldare in un'unica grande risposta strategica la sostenibilità economica, sociale e ambientale del nostro sistema industriale per non ritrovarsi in  un'impasse lacerante come l'Ilva di Taranto.
Si può uscire dalla doppia crisi economico-finanziaria e ecologico-climatica che rischia di far smottare il nostro Paese. Lo dimostrano tante aziende che da tempo hanno compreso che la sostenibilità è un ottimo investimento.
I nuovi occupati
Come dimostra il rapporto Green Italy 2012 realizzato da Symbola e Unioncamere c'è ormai un quarto delle imprese italiane che investe in tecnologia e ricerca green.
Sono imprese che per prime hanno capito che sostenibilità fa rima con competitività. E i risultati si vedono: il 40% dei nuovi occupati arrivano grazie a investimenti fatti da queste aziende che tra l'altro mostrano un'attitudine all'export di gran lunga superiore alla media.
Ormai l'economia verde non è più utopia ambientalista, ma realtà misurabile con i suoi alfieri, le sue eccellenze, i suoi fatturati.
Sono filiere e produzioni che fanno rinverdire il nostro Made in Italy. Aziende che hanno fatto della qualità green un valore assoluto come quelle insignite negli ultimi 4 anni col premio per lo Sviluppo sostenibile assegnato anche quest'anno nel corso di Ecomondo. Per la cronaca, prima azienda classificata nella sezione Energia e mobilità, è risultata Poste Italiane che dispone ormai della più grande flotta di mezzi elettrici del nostro Paese e della più articolata rete di colonnine di ricarica d'Italia: oltre 400 stazioni realizzate in collaborazione con Enel.
Altro settore d'eccellenza italiana è l'agricoltura di alta qualità ecologica che perlopiù coincide con il biologico le cui vendite sono in crescita costante anche in questi anni di contrazione generale dei consumi. Ma non solo.
Risultati concreti
“Bisogna smentire alcune vulgate come quella ad esempio che riguarda le rinnovabili: non è vero che in questo settore importiamo tecnologia e basta” dice Ronchi snocciolando dati incontrovertibili. Nel solare ad esempio abbiamo una quota mondiale degli inverter del 16% e attualmente siamo il 3° Paese esportatore del mondo.
Per quanto riguarda la filiera dell'eolico ormai ci stiamo sviluppando abbastanza bene visto che il 60% degli impianti è realizzato in Italia e così nelle turbine idrauliche e nella geotermia dove produciamo pompe di calore vendute più all'estero che nel nostro Paese.
Ma se la rotta è tracciata non mancano gli ostacoli. Innanzitutto l'inerzia dei vecchi e consolidati modelli di produzione e consumo che fa da sponda alla resistenza altrettanto marcata di larga parte del ceto politico molto più legato, anche per ragioni anagrafiche a una visione tradizionale dell'economia. Il risultato è una sottovalutazione delle potenzialità green del nostro sistema industriale, aggravata dalla complessiva crisi economica che ostacola l'impiego di risorse pubbliche.  C'è poi il cronico ritardo italiano nel concepire come strategica la ricerca e la formazione per mettere in moto l'innovazione necessaria per lo sviluppo sostenibile.
Secondo l’ultima rilevazione dell’Eco-innovation Scoreboard del 2011, l'Italia in tema di eco-innovazione è al sedicesimo posto nell’Europa dei 27 e sotto la media europea.
Una visione condivisa
Al di là di tutti questi aspetti, forse quello che più nuoce alla via italiana della green economy è la mancanza di una chiara e solida visione condivisa che consenta di realizzare politiche integrate di tipo economico, sociale ed ambientale che mandino in soffitta quelle soluzioni parcellizzate e settoriali capaci solo di favorire interessi particolari.
Magari di coloro che pensano al green come l'ennesima tendenza: quasi fosse una moda come un'altra, l'occasione del momento da cogliere con furbizia. Ma è poco probabile che i furbi possano avere un futuro. Perché la green economy chiede competenza e saperi, salda i destini del produttore e del consumatore che dovranno non solo ascoltarsi reciprocamente, ma arrivare addirittura a prendersi cura l'uno dell'altro. Onestamente. Fino a fidarsi.
La strada è tracciata ma richiede il coraggio di avviare una grande rivoluzione culturale capace di superare le profonde e radicate convinzioni che hanno indirizzato lo sviluppo industriale e tecnologico sino ad oggi. Se c'è una speranza di uscire da quella che tutti concordano nel definire come una delle peggiori crisi della nostra storia recente, questa speranza ha un colore: il verde. 



Bibì Bellini

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Uragano Sandy e l'Italia



Uragano Sandy e l'Italia
 
Ero a New York nel momento esatto in cui l’uragano Sandy si abbatteva su Manhattan. Lo abbiamo aspettato per giorni e poi gli siamo andati incontro a Battery Park, a sud della città, dove il mare ci urlava in faccia la sua rabbia. Abbiamo circumnavigato l’isola di Manhattan lungo l’East River e poi lungo l’Hudson e abbiamo visto le nuvole basse nere arrivare con raffiche a oltre 100 km/h. Abbiamo visto l’acqua salire fino a un metro, i cartelloni pubblicitari volare via, i semafori ondeggiare e gli alberi cadere. Non abbiamo visto nemmeno un’auto privata aggirarsi, né un uomo cadere, perché per strada non c’era nessuno: solo mezzi di soccorso e giornalisti. Nella città più moderna del mondo un uragano di proporzioni gigantesche (1.500 km di diametro) arriva nel cuore della City e non provoca isterismi, né preoccupa: solo la luce elettrica che va via per tre giorni ci riporta a quel momento. Per il resto, a New York, nulla di così rilevante.
Ero a Genova l’autunno scorso al momento della bomba d’acqua e quest’anno in Toscana all’arrivo della tempesta. E dovunque auovetture accartocciate dal vento e spazzate via dalle strade, strade ridotte a fiumi, fiumi morti intombati sotto le strade. Gente che non sa che fare, costruzioni dove non dovrebbero essere e tutti per strada, mentre si dovrebbe stare rintanati in casa ai piani più alti. Ci sono i morti e i danni per milioni di euro. E si ricostruisce, esattamente negli stessi posti e esattamente nello stesso modo. Le piogge sono cambiate, il clima pure, ma il territorio è sempre meno preparato.
Italia - Stati Uniti un parallelo che è utile per capire quanto siamo impreparati a questi eventi naturali a carattere catastrofico. Indicazioni della Protezione Civile disattese, città che sono diventate colossali parcheggi a cielo aperto, nessuna cultura della natura e nessuna alfabetizzazione scientifica: in questi pochi punti le differenze fra nordamericani e mediterranei nell’affrontare gli eventi naturali. E in questi pochi punti una previsione puntuale: sarà così alla prossima primavera e al prossimo autunno.
Sarà inevitabilmente così: le piogge arriveranno violente e concentrate e noi italiani a guardarci in faccia e a constatare che, sì, effettivamente le piogge sembrano cambiate, ma magari dipenderà dalle macchie solari o dai raggi cosmici. Quanto vorrei che fossero indicati al pubblico ludibrio quegli pseudo scienziati che ammanniscono sicurezza sulla imprevedibilità del clima, quando i suoi effetti sono prevedibilissimi, e sul fatto che fosse già successo nei secoli scorsi. Nel passato non pioveva in modo così concentrato, ma pure se lo avesse fatto, c’erano meno case e uomini esposti. La differenza oggi la fanno gli uomini che creano il rischio anche dove prima non c’era. Solo che a New York si fanno da parte e rispettano l’uragano, mentre in Italia continuano a fare finta di niente. 



Mario Tozzi

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martedì 11 dicembre 2012

Greenpeace : Quello che fai ti resta addosso







 Attivati contro i cambiamenti climatici: scegli i mezzi pubblici al posto dell'auto e la bicicletta invece del motorino; evita gli sprechi di energia nella tua casa, per esempio spegnendo un apparecchio elettronico senza lasciarlo in standby.
Quello che fai ti resta addosso. Ricevi maggiori informazioni sulle campagne di Greenpeace



  • campagna
    OGM
    Promuovi l'agricoltura sostenibile, contro il rilascio in ambiente di OGM. In Friuli, siamo entrati in azione nei campi seminati con mais transgenico per denunciare l'illegalità e fermare la contaminazione.

Quello che fai ti resta addosso

Fai scelte responsabili per cambiare il futuro del pianeta!




 http://www.quellochefai.org/info



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lunedì 10 dicembre 2012

Doha, fragile accordo sul cambiamento climatico

Deludenti i risultati dell'ultimo vertice ONU sul clima. Rinnovato il protocollo di Kyoto fino al 2020 ma i grandi inquinatori non prendono impegni vincolanti per ridurre gas serra.
 - Si è conclusa sabato 8 dicembre, dopo due settimane di lunghi e difficili negoziati, la diciottesima conferenza sul cambiamento climatico che si è tenuta a Doha, in Qatar. Deludenti i risultati: dopo l'ultima maratona di trattative durata 36 ore, i 194 paesi partecipanti hanno trovato un accordo per estendere fino al 2020 il protocollo di Kyoto - la cui validità termina a fine dicembre 2012. Ma solo alcuni paesi, tra cui l'Unione Europea, hanno preso degli impegni vincolanti per una riduzione ulteriore dei gas serra. Invece, stati come Canada, Russia, Cina, Brasile, India non si sono assunti alcuna responsabilità.

Forti le critiche da parte di giornalisti ed attivisti internazionali per i tempi e la gestione dei negoziati. "Il quadro ONU per il clima non è riuscito a trovare soluzioni per ridurre le crescenti emissioni di anidride carbonica e ha fallito nel delineare una strategia che aiuti i paesi poveri ad affrontare il cambiamento climatico" ha dichiarato il Climate Action Network, una rete di 700 organizzazioni non governative internazionali. 

Quali sono i risultati concreti raggiunti dalla 18esima conferenza internazionale sul clima e quali le sfide che la comunità internazionale dovrà affrontare nei prossimi anni?
In queste due settimane di negoziati i paesi poveri pensavano di poter arrivare alla creazione di un meccanismo internazionale a cui rivolgersi per i danni e le perdite dovute al cambiamento climatico. In pratica si aspettavano di ricevere una compensazione da parti dei paesi più ricchi per le perdite economiche e non-economiche legate al riscaldamento globale. Nella realtà tuttavia il vertice ONU non ha fatto altro che rinviare alla prossima conferenza internazionale un accordo del genere.
Nel 2009 i paesi sviluppati avevano promesso che entro il 2012 avrebbero dato ai paesi più poveri una somma pari a 30 miliardi di dollari per fare fronte ai cambiamenti climatici, una cifra che nel 2020 avrebbe raggiunto i 100 miliardi. Tuttavia, questo obiettivo non è stato raggiunto e nel vertice di Doha si è preferito rinviare la decisione al 2013 a causa della recessione e della grave crisi economica che ha colpito i principali stati industrializzati. Anche per quanto riguarda la riduzione delle emissioni di anidride carbonica, la conferenza si è conclusa con un nulla di fatto. Il protocollo di Kyoto è stato esteso fino al 2020 ma più dell'80% dei paesi partecipanti si è rifiutato di prendere decisioni vincolanti.


Un vero e proprio fallimento, visto che questi negoziati erano cruciali per l'architettura della politica del clima fino al 2020. Il tempo continua a scorrere veloce e i grandi inquinatori mondiali continuano a posticipare accordi vincolanti per una reale riduzione dei gas serra. Le organizzazioni scientifiche tra cui il Programma ambientale delle Nazioni Unite (UNEP) mettono in guardia che la la temperatura globale si innalzerà di 4 gradi entro la fino del secolo. L'obiettivo è di limitare a due gradi il riscaldamento globale ma il fallimento dell'ultimo vertice ONU e il continuo rinvio di un accordo che vincoli gli stati fanno temere il peggio.

Di Anna Clementi

http://nena-news.globalist.it/Detail_News_Display?ID=43650
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mercoledì 5 dicembre 2012

Viaggiare ospiti di fattorie in cambio di lavoro


LAVORARE NELLE FATTORIE DI MEZZO MONDO
Si può viaggiare in mezzo mondo ospiti di fattorie in cambio di alcune ore di lavoro. Lo propone la World Wide Opportunities on Organic Farms (Wwoof),  una organizzazione fondata nel 1971 in Inghilterra per rendere accessibile la natura e il lavoro agricolo ai cittadini, è oggi diffusa e radicata in 53 Paesi di tutti i cinque continenti.

UNA RETE DI DODICIMILA FATTORIE BIOLOGICHE

Wwoof è collegata a 12.000 fattorie biologiche (si trova l'elenco sul sito web) frequentate ogni anno da 80.000 lavoratori volontari. Permette di essere ospitato (vitto e alloggio) per giorni, settimane o mesi in cambio di alcune ore di lavoro agricolo, a volte giardinaggio o orto-colture, non è richiesta esperienza ma solo la disponibilità a faticare. Ci sono volontari che passano da un'azienda agricola all'altra, di diversi Paesi, viaggiando sempre. Le regole e le ore di lavoro cambiano di Paese in Paese (verificare sul sito). In Gran Bretagna si lavora ad esempio per 4 ore al giorno 5 giorni a settimana. In Giappone 8 ore al giorno 6 giorni a settimana. Si tratta di esperienze comunitarie, occasioni per fare  nuove conoscenze, vivere nella natura e – secondo i dettati dell’ecoturismo – scoprire un ego migliore di quello di tutti i giorni.


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Borse con carta riciclata


Borse con carta riciclata

La carta dei giornali e delle riviste può essere utilizzata per realizzare borsette, borsellini e cinture di buona qualità.

La realizzazione di questi accessori non è complicata, ognuno di noi potrebbe confezionarli.


Ecco un video che mostra come fare:

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Foto: borsa realizzata con le pagine di "Topolino"



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FAI VOLARE LA FANTASIA

NON FARTI RUBARE IL TEMPO
I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO
IL TUO FUTURO E' ADESSO . 


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Politici, amici di carbone e petrolio? Io non vi voto!


Cari leader politici, siete amici del carbone e del petrolio? Io non vi voto! La nostra sfida alla politica fossile è partita. Se il tuo voto non è disponibile a chi vuole fare dell'Italia un nuovo Texas petrolifero, firma la petizione.

Ciao ,

Le conseguenze dei cambiamenti climatici hanno tolto tutto a molte famiglie e noi non possiamo permettere che, di fronte a questi disastri, la politica rimanga sorda.

Per questo motivo stiamo mandando, insieme a più di 35 mila cittadini come te, un messaggio chiaro a chi si candida a governarci: il nostro voto non è disponibile a chi continua a investire nelle fonti fossili, come il carbone e il petrolio, che distruggono il clima e minacciano tutti noi.  

Se anche tu vuoi un futuro di energie pulite, che ci salveranno dai cambiamenti climatici, firma la petizione su www.IoNonViVoto.org 

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