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mercoledì 28 marzo 2012

FREE - WEB: Ford Hemp Car : l'auto ecologica esisteva già 70 a...

Ford Hemp Car : l'auto ecologica esisteva già 70 anni fa


Ford Hemp Car

l'auto ecologica esisteva già 70 anni fa




FREE - WEB: Ford Hemp Car : l'auto ecologica esisteva già 70 a...: Ford Hemp Car l'auto ecologica esisteva già 70 anni fa   Quasi tutti sanno che nel 1903 Henry Ford fondò una delle case automobi...

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martedì 27 marzo 2012

MI DIVERTO: auto ad acqua esiste e funziona

auto ad acqua esiste e funziona


L’auto ad acqua esiste e funziona


GUARDA QUI

MI DIVERTO: auto ad acqua esiste e funziona: L’auto ad acqua esiste e funziona . .  -  La compagnia Giapponese Genepax presenta la sua automobile eco-friendly, funzionante a ...
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lunedì 26 marzo 2012

SALUTE - BENESSERE: NO MONSANTO

NO MONSANTO


 NO MONSANTO

Storia della Monsanto Tratto dal libro: «Transgenico NO», Malatempora
La chiamano la Microsoft del transgenico, del biotec, ma lei non dovrebbe essere divisa in due o tre, dovrebbe essere spazzata via, messa in condizione di non fare danni spaventosi, come ha fatto, sta facendo e farà, se non sarà fermata.

La storia. Nasce nel 1901 a East St. Louis, nell’Illinois, come produttrice di....
 continua a leggere
SALUTE - BENESSERE: NO MONSANTO:  NO MONSANTO Storia della Monsanto Tratto dal libro: «Transgenico NO», Malatempora La chiamano la Microsoft del transgenico, d...

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venerdì 23 marzo 2012

Bancomat dell’alluminio



 La giunta comunale di Camigliano (CE) del 15 marzo scorso ha definitivamente approvato il progetto “Il Bancomat dell’alluminio”, una nuova iniziativa di educazione ambientale promossa dall’amministrazione comunale di Camigliano che, sulla scia dell’introduzione degli eco-euro per la raccolta differenziata nelle scuole o dell’installazione della Casa dell’acqua in Piazza Kennedy, nasce con il duplice obiettivo di implementare il piano di programmazione Ambientale previsto per la cittadina e, allo stesso tempo, 
di portare benefici ai cittadini che dimostreranno senso civico con il loro contributo.


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“Il Bancomat dell’alluminio” è un’iniziativa nata con lo scopo di attivare un concreto circuito virtuoso all’interno del quale le buone abitudini, utili per la salvaguardia dell’ambiente e per la politica eco-sostenibile della città di Camigliano, possano essere ricompensate da premi in denaro da riutilizzare e restituire alla comunità.
Il progetto proposto dall’Amministrazione comunale si pone 4 obiettivi fondamentali:
1) Diffondere buone pratiche in materia di raccolta differenziata e riduzione dei rifiuti;
2) Riconoscere il valore economico generato dalle buone pratiche;
3) Ridurre il volume dei prodotti raccolti, nello specifico dell’alluminio;
4) Coinvolgere nell’attività di raccolta tutti i cittadini: grandi e piccoli, giovani e meno giovani.
Protagonista del nuovo progetto di educazione ambientale sarà l’alluminio e attualmente gli imballaggi coinvolti concretamente dal progetto sono:
• Lattine per bibite e conserve recanti il simbolo “AL”;
• Bombolette spray per deodoranti , lacca, panna, ecc…
• Scatolette per alimenti.
Realizzare concretamente la raccolta differenziata significa prima di tutto sensibilizzare la cittadinanza e far crescere il senso civico di ognuno di noi affinché ciascun progetto proposto diventi parte della vita quotidiana e ,quindi, una buona abitudine. Ecco perché l’amministrazione comunale ha deciso di introdurre il meccanismo della premialità per i cittadini più virtuosi.
Il Comune di Camigliano, con la collaborazione di partner privati nel settore del riciclaggio che sponsorizzeranno parte dell’investimento, provvederà all’installazione di una macchinario a lettura ottica adibito allo schiacciamento delle lattine di alluminio e al rilascio di uno scontrino con punteggio variabile a seconda del numero di lattine depositate.
L’azione virtuosa permetterà ai cittadini di conquistare punti che saranno poi trasformati in buoni sconto spendibili presso le attività commerciali del territorio che aderiranno all’iniziativa.
Il comune di Camigliano provvederà alla stipula di una convenzione con il CIAL (Consorzio Imballaggi Alluminio) che consentirà di accedere ai corrispettivi previsti dall’accordo CiAl- ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani): considerando il valore del materiale, il ricavo per ogni tonnellata di alluminio consegnata alla piattaforma CiAL sarà di circa € 800,00. Dividendo il peso medio delle lattine attualmente in commercio, si ottiene che l’ente riesce a ricavare €0,015 per ogni lattina recuperata.
Stando a questo prospetto, il progetto sarà così realizzato: impostando il macchinario a rilasciare 1 punto ogni 4 lattine, ed assegnando ad ogni il punto un valore convenzionale di €0.10 quale sconto presso gli esercizi commerciali del territorio che aderiscono all’iniziativa , ne deriva che il comune, fermo restando l’apporto esterno di uno sponsor che sosterrà l’investimento iniziale, finanzierà il progetto aggiungendo €0.01 per ogni lattina “smaltita”.
Nelle prossime settimane sarà possibile anche capire la tempistica con cui il progetto verrà realizzato e apprendere maggiori dettagli sull’iniziativa.
Scarica la scheda del progetto

http://www.comunivirtuosi.org/index.php/news/nuovi-stili-di-vita/45-news-dai-comuni-associati/1640-il-bancomat-dellalluminio



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FUKUSHIMA : RADIOATTIVITA' ANCORA ALTA

 FUKUSHIMA  

RADIOATTIVITA' 

 ANCORA ALTA



UN INDAGINE GOVERNATIVA SVOLTA A GENNAIO HA MISURATO LIVELLI RECORD DI CESIO RADIOATTIVO E' passato poco più di un anno dalla catastrofe atomica più grave dopo (o assieme, aseconda dei punti di vista) quella di Chernobyl della seconda metà degli anni '80.
La radioattività presente nell'area di Fukushima sembra non essere affatto diminuita. La situazione è ancora drammatica in molte zone, colpite dalla fuoriuscita di materiale radioattivo contenuto nella centrale atomica della cittadina giapponese.
Un' indagine del governo nipponico ha mostrato una quantità pari a 154mila bequerel per kilogrammo di cesio radioattivo nel suolo del villaggio di Itate, vicino la centrale nucleare Fukushima Daichii. E' il livello più alto mai registrato secondo quanto affermato dal ministro dell'Ambiente del Giappone.
L'altissima quantità di cesio è stata riscontrata sulle sponde del fiume Niida, nelle zone di evacuazione intorno l'impianto nucleare colpito dal terremoto e dal successivo tsunami accaduti a marzo 2011.
I controlli sono stati effettuati dal ministero nel periodo tra il 5 e il 27 gennaio, ma la notizia è stata data solo in questi giorni. L'obiettivo era misurare la densità di cesio presente nell'acqua e nel suolo, sondando ben 179 punti in tutta la prefettura.
Nel sondaggio idrico, 8 becquerel di cesio per litro sono stati rilevati nel fiume Hirose nella città di Data di cesio, ma non è stata rilevata nella maggior parte dei punti rilevati, ha detto il ministero.
Questi dati confermano che il disastro è di entità superiore alle ottimistiche previsioni e analisi fatte nei mesi dalla Tokyo Electric Power /Tepco), la società energetica che è stata alla fine comprata dallo Stato per la crisi economica in cui versava dopo l'esplosione della centrale di Fukushima.

 Autore:  Emanuele Rigitano

http://verdi.it/not2011/item/30473-a-fukushima-la-radioattivita-e-ancora-alta.html 


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martedì 20 marzo 2012

MI DIVERTO: RADIOBICI020 : UN GIRO D'ITALIA IN TANDEM

RADIOBICI020 : UN GIRO D'ITALIA IN TANDEM




RADIOBICI020

 UN GIRO D'ITALIA 

 IN TANDEM 

"Zero impatto ambientale e tutta la tecnologia del web 2.0". Così si presenta l'avventura di Radiobici020, un'inchiesta itinerante che vuole raccontare, viaggiando, la mobilità ciclabile e tutto ciò che, nel bene e nel male, riguarda le due ruote, comprese inchieste vere e proprie. 



MI DIVERTO: RADIOBICI020 : UN GIRO D'ITALIA IN TANDEM: ...



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martedì 13 marzo 2012

NO TAV : Appello per un ripensamento





Ben 360 studiosi hanno infatti inviato una missiva, l’ennesima, a Mario Monti (clicca qui per leggerne la versione integrale). I primi firmatari sono Sergio Ulgiati (Chimico Ambientale, Università degli Studi di Napoli Parthenope), Ivan Cicconi (Ingegnere, Esperto di infrastrutture e appalti pubblici), Luca Mercalli (Climatologo, Società Meteorologica Italiana) e Marco Ponti (Economista, Politecnico di Milano). Seguono altre 356 firme. Tutte di noti anarcoinsurrezionalisti con il camice e la biro. Riportiamo stralci della lettera:
Oggetto: Appello per un ripensamento del progetto di nuova linea ferroviaria Torino – Lione, Progetto Prioritario TEN-T N° 6, sulla base di evidenze economiche, ambientali e sociali.
Onorevole Presidente, ci rivolgiamo a Lei e al Governo da Lei presieduto, nella convinzione di trovare un ascolto attento e privo di pregiudizi a quanto intendiamo esporLe sulla base della nostra esperienza e competenza professionale ed accademica. Il problema della nuova linea ferroviaria ad alta velocità/alta capacità Torino-Lione rappresenta per noi, docenti, ricercatori e professionisti, una questione di metodo e di merito sulla quale non è più possibile soprassedere, nell’interesse del Paese. Ciò è tanto più vero nella presente difficile congiuntura economica che il suo Governo è chiamato ad affrontare.
Sentiamo come nostro dovere riaffermare - e nel seguito di questa lettera, argomentare - che il progetto della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, inspiegabilmente definito “strategico”, non si giustifica dal punto di vista della domanda di trasporto merci e passeggeri, non presenta prospettive di convenienza economica né per il territorio attraversato né per i territori limitrofi né per il Paese, non garantisce in alcun modo il ritorno alle casse pubbliche degli ingenti capitali investiti (anche per la mancanza di un qualsivoglia piano finanziario), è passibile di causare ingenti danni ambientali diretti e indiretti, e infine è tale da generare un notevole impatto sociale sulle aree attraversate, sia per la prevista durata dei lavori, sia per il pesante stravolgimento della vita delle comunità locali e dei territori coinvolti.
(Seguono le motivazioni scientifiche nel dettaglio)


http://www.agoravox.it/No-Tav-il-governo-del-pensiero.html

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ENERGIAINFINITA: Pianta solare

Pianta solare



 L’energia solare
 catturata da 2.650 eliostati
 sostituisce il nucleare



ENERGIAINFINITA: Pianta solare:   L’energia solare  catturata da 2.650 eliostati  sostituisce il nucleare Una torre alta 140 metri. 2.650 eliostati che seg...

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lunedì 12 marzo 2012

World Water Forum



 World Water Forum



Marsiglia – 12 marzo 2012
Durante la prima giornata di lavori del World Water Forum di Marsiglia gli attivisti dell’acqua bene comune sono stati circondati dalla polizia, che li tiene tuttora bloccati nei pressi dell’entrata del forum ufficiale.
Nel frattempo almeno una decina di persone, tra cui anche Caterina Amicucci (CRBM) e Marek Rembowski (Amisnet) sono stati fermati e portati al commissariato Eveché, dall’altra parte della città, con il solo scopo di non farli partecipare alla conferenza stampa di apertura del Forum. Gli attivisti, tutti muniti di regolare accredito stampa, sono stati poi rilasciati senza ricevere particolari spiegazioni in merito a quanto accaduto.
Il World Water Forum è organizzato dalle multinazionali del servizio idrico e la presenza di numerosi attivisti delle reti mondiali pro acqua pubblica è dovuta allo svolgimento del Forum Mondiale Alternativo dell’Acqua (dal 12 al 17 marzo).
Il Forum Italiano dei Movimenti per l’acqua chiede l’immediato rilascio degli attivisti bloccati dalla polizia e ritiene che le azioni intraprese questa mattina dalle forze dell’ordine rappresentino un gravissimo atto intimidatorio pensato per scoraggiare la partecipazione al Forum Alternativo.


L’obiettivo del Forum Alternativo Mondiale dell’Acqua (FAME) è di costruire un’alternativa concreta al 6º Foro Mondiale dell’Acqua (FME) organizzato dal Consiglio Mondiale dell’Acqua, organo delle imprese multinazionali e della Banca Mondiale che intende arrogarsi il governo mondiale dell’acqua.
Da anni l’insieme dei movimenti della società civile che lottano per la conservazione della risorsa “acqua” e per la sua gestione da parte dei cittadini, hanno elaborato delle piattaforme, delle proposte e delle azioni, sia durante incontri specifici (Foro Alternativo di Firenze del 2003 e di Ginevra del 2005, Alterforum di Città del Messico nel 2006 o di Istanbul nel 2009), sia nell’ambito dei Fori Sociali Mondiali, come a Proto Alegre, Caracas, Nairobi o Betlemme, che sono serviti come base per l’emergere di un movimento per la riappropriazione dell’acqua come bene comune dell’umanità.
Questo movimento mondiale multiforme ha permesso la nascita di reti nazionali (come in Italia) o continentali (come in Africa) e l’arretramento della privatizzazione dell’acqua in America Latina, in Africa e in Europa;  soprattutto in Francia, culla delle principali multinazionali del settore, in particolare con il ritorno di Parigi alla gestione pubblica.
Questo movimento ha favorito il riconoscimento dell’accesso all’acqua come uno dei diritti umani fondamentali da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 28 di luglio del 2010.
Il FAME vuole proseguire e amplificare questo movimento, per:
  • L’elaborazione e la promozione di un discorso alternativo maggioritario a favore di una gestione ecologica e democratica dell’acqua
  • La ricerca di soluzioni alla crisi mondiale dell’acqua
  • La strutturazione durevole del movimento
 http://www.fame2012.org/it/

PROGRAMMA DEI SEMINARI CHE SI SVOLGONO NELLE 2 GIORNATE DI GIOVEDI 15 MARZO E VENERDI 16 MARZO AGLI ”DOCK DES SUDS” .
FAME program workshops
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isola di plastica - oceano di plastica


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Nel mar Mediterraneo 

 

galleggia 'un'isola di plastica'

 

 tra Italia, Spagna e Francia


Sono i dati del rapporto 'L'impatto della plastica e dei sacchetti sull'ambiente marino' realizzato da Arpa Toscana e dalla struttura oceanografica Daphne di Arpa Emilia Romagna su richiesta di Legambiente.

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  (Adnkronos) - Nel mare tra Italia, Spagna e Francia c'è una concentrazione di plastica che supera quella del cosiddetto 'continente spazzatura' presente nell'Oceano Atlantico. Ed in una sola ora nell'arcipelago toscano sono stati raccolti 4 chili di rifiuti, di cui il 73% in materiale plastico. Sono questi alcuni dati del rapporto 'L'impatto della plastica e dei sacchetti sull'ambiente marino' realizzato da Arpa Toscana e dalla struttura oceanografica Daphne di Arpa Emilia Romagna su richiesta di Legambiente. A presentare la ricerca, questa mattina a Roma in Senato, erano presenti Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente, Francesco Ferrante, senatore del Partito Democratico, e Fabrizio Serena, responsabile area mare di Arpat.

 Il rapporto, che sintetizza i principali studi scientifici sull'inquinamento da plastica in mare, "potrà essere un utile contributo per il Ministero dell'Ambiente che dovrà rispondere alla richiesta di chiarimenti della Commissione europea sul bando italiano degli shopper" afferma Legambiente sottolineando che "sono queste, infatti, le motivazioni di carattere ambientale che possono consentire all'Italia di giustificare ogni ipotesi di violazione della Direttiva europea sugli imballaggi".



Secondo lo studio, inoltre, la plastica rappresenta il principale rifiuto rinvenuto nei mari poichè costituisce dal 60% all'80% del totale dell'immondizia trovata nelle acque. Un dato che, in alcune aree, raggiunge persino il 90-95% del totale ma anche nei mari italiani arriva a livelli gravissimi. Basta pensare che secondo il monitoraggio effettuato dall'Arpa Toscana nell'arcipelago toscano in un'ora sono stati prelevati dai pescatori con reti a strascico 4 kg di rifiuti, di cui il 73% costituito da materiale plastico, soprattutto sacchetti. Ma la situazione non è migliore anche nel resto del Mediterraneo dove, in base agli esiti di International Coastal Cleanup, tra il 2002 e il 2006 i sacchetti di plastica sono risultati il quarto rifiuto più abbondante dopo sigarette, mozziconi e bottiglie.



Sono invece complessivamente 500 le tonnellate di rifiuti in plastica che, sottolinea il rapporto di Legambiente, complessivamente galleggiano nel Mediterraneo e, secondo l'Istituto francese di ricerca sullo sfruttamento del mare e l'Università belga di Liegi, nell'estate 2010 la concentrazione più alta nel Mediterraneo era nel nord del Tirreno e a largo dell'Isola d'Elba con 892.000 frammenti plastici per km2, rispetto ad una media di 115.000. Durante tre campagne oceanografiche effettuate nel 1994-1995-1996 sulla costa francese del Mediterraneo, il 70% dei rifiuti rinvenuti in mare erano sacchetti di plastica.
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Negli oceani la situazione è altrettanto grave. E' ormai noto il Pacific Plastic Vortex, il grande vortice dell'oceano Pacifico la cui estensione è di qualche milione di chilometri quadrati, a causa di molti milioni di tonnellate di rifiuti galleggianti, soprattutto plastica. Ma la plastica abbonda anche in altre parti del Pacifico. Nei pressi dei porti principali del Cile l'87% di tutti i rifiuti galleggianti è di plastica, metà dei quali sono sacchetti. In Giappone l'analisi sui dati tra il 2002 e il 2005 ha rivelato che il 76% del totale dei rifiuti erano in plastica, in Corea il dato è stato del 53%. Nel nord Atlantico esiste un vortice di 334mila frammenti di plastica per chilometro quadrato pari a 5 kg/km2.



Il Pacific Trash Vortex, noto anche come Grande chiazza di immondizia del Pacifico (Great Pacific Garbage Patch), è un enorme accumulo di spazzatura galleggiante (composto soprattutto da plastica) situato nell'Oceano Pacifico, approssimativamente fra il 135º e il 155º meridiano Ovest e fra il 35º e il 42º parallelo Nord. La sua estensione non è nota con precisione: le stime vanno da 700.000 km² fino a più di 10 milioni di km² (cioè da un'area più grande della Penisola Iberica a un'area più estesa della superficie degli Stati Uniti), ovvero tra lo 0,41% e il 5,6% dell'Oceano Pacifico. Quantunque valutazioni ottenute indipendentemente dall'Algalita Marine Research Foundation e dalla Marina degli Stati Uniti stimino l'ammontare complessivo della sola plastica dell'area in un totale di 3 milioni di tonnellate, nell'area potrebbero essere contenuti fino a 100 milioni di tonnellate di detriti.
L'accumulo si è formato a partire dagli anni cinquanta, a causa dell'azione dellachiamata Vortice subtropicale del Nord Pacifico (North Pacific Subtropical Gyre), dotata di un particolare movimento a spirale in senso orario, che permette ai rifiuti galleggianti di aggregarsi fra di loro.

L'esistenza della Grande chiazza di immondizia del Pacifico fu preconizzata in un documento pubblicato nel 1988 dalla National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) degli Stati Uniti. Le predizioni erano basate su risultati ottenuti da diversi ricercatori con base in Alaska che, fra il 1985 e il 1988, misurarono le aggregazioni di materiali plastici nel nord dell'Oceano Pacifico.
Queste indagini trovarono elevate concentrazioni di detriti marini accumulati nelle regioni dominate dalle correnti marine. Basandosi su ricerche effettuate nel Mar del Giappone, i ricercatori ipotizzarono che condizioni similari dovessero verificarsi in altre porzioni dell'Oceano Pacifico, dove le correnti prevalenti propiziavano lo sviluppo di masse d'acqua relativamente stabili. I ricercatori indicarono specificamente la zona di convergenza del Vortice subtropicale del Nord pacifico.


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"L'Italia è un Paese doppiamente esposto al problema della plastica e la dispersione dei sacchetti in mare" afferma Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente. "Lo è -continua- sia perché è la prima nazione per consumo di sacchetti di plastica 'usa e getta', visto che commercializza il 25% del totale degli shopper in tutta Europa, ma anche perché si affaccia sul mar Mediterraneo, coinvolto come i mari del resto del Pianeta dall'inquinamento da plastica. Per queste ragioni il nostro Paese ha giustamente adottato con la legge finanziaria 2007 il bando sugli shopper non biodegradabili in vigore dal 1 gennaio scorso".

"La Commissione europea, dunque, -afferma ancora Ciafani- non puè che salutare con favore questa novità normativa italiana, come ha recentemente fatto il Commissario europeo per gli affari marittimi e la pesca, Maria Damanaki, in occasione dell'incontro con il ministero dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo, favorendo la sua esportazione anche negli altri 26 paesi membri". E le ingenti quantità di plastica in mare, soprattutto della frazione più leggera costituita dai sacchetti, causano gravi danni alla fauna marina.

A farne le spese sono soprattutto i mammiferi marini e le tartarughe che scambiano le parti di sacchetti di plastica per meduse, come testimoniano numerosi studi di università canadesi, brasiliane, spagnole e italiane riportati nel rapporto delle due Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente. Secondo l'Unep e l'Agenzia di protezione ambiente svedese, di 115 specie di mam­miferi marini, 49 sono a rischio intrappola­mento o ingestione di rifiuti marini. I cetacei e i mammiferi marini vengono attratti da questi materiali spesso di colore acceso. E non solo. Elefanti marini, delfini, capodogli, lamanti­ni sono tutti stati trovati a ingerire sacchetti di plastica. Nelle tartarughe il sacchetto di plastica, scambiato per una medusa, provoca il blocco del tratto digestivo e il conseguen­te soffocamento.

Di 312 specie di uccelli marini, 111 sono note per aver ingerito rifiuti plastici. Tra i 700.000 e un milione di uccelli marini rimangono ogni anno uccisi per soffocamento o intrappola­mento. "Per tutte queste ragioni l'Italia, che solitamente è in ritardo in merito alle normative ambientali, ha scelto di mettere al bando i sacchetti di plastica, ponendosi addirittura all'avanguardia tra i paesi industrializzati" aggiunge Ciagfani. "Sarebbe davvero incomprensibile, dunque, -conclude il responsabile scientifico di Legambiente- che la Commissione europea censurasse questa scelta esemplare che ha già ricevuto il plauso da parte degli altri paesi europei".



Un oceano di plastica

La più grande discarica del mondo, infatti, è ospitata nelle sue acque. «Un’area enorme, una gigantesca zuppa di plastica», commenta Marcus Eriksen dell’Algalita Marine Research Foundation, che sta studiando questa incredibile ammasso di rifiuti. Al momento, il gioco delle correnti oceaniche ha formato, in realtà, due vortici che racchiudono altrettante discariche, tra loro collegate, formate complessivamente da 100 milioni di tonnellate di plastica. La prima si trova 500 miglie nautiche al largo delle coste californiane e circonda, con il suo micidiale girotondo, le Hawaii. La seconda interessa invece la parte orientale del Pacifico e lambisce le coste giapponesi. «La Grande Massa di Rifiuti del Pacifico — spiega Charles Moore oceanografo e scopritore nel 1997 di questo gigantesco ammasso di spazzatura — sta espandendosi ad un ritmo costante. Si è formata negli anni ‘50 ed è continuamente alimentata dagli scarti che provengono per il 20% da navi e dalle piattaforme petrolifere e per l’80% direttamente dalla terraferma».
Moore si trova attualmente a bordo di Arguita, un catamarano di 15 metri di lunghezza, impegnato in una campagna invernale di studi della Grande Massa di Rifiuti. Partiti il 22 gennaio da Hilo, nelle Hawaii, i biologi stanno raccogliendo campioni di plastica per capire la degradazione di alcune nuove plastiche e analizzare la densità della massa di rifiuti. Durante i mesi invernali, infatti, le correnti tendono a raggruppare la spazzatura, che raggiunge la sua massima concentrazione in primavera; in seguito il gioco delle correnti estive disperderà, in parte, i detriti galleggianti. Arguita e il suo equipaggio si trovano attualmente in una zona centrale della North Pacific Gyre (Vortice del Nord Pacifico), un sistema formato da quattro correnti oceaniche (quella del Nord Pacifico, quella della California, la nord equatoriale e la Kuroshio,) localizzato tra l’equatore il 50˚ di latitudine nord. Questo sistema forma, di fatto, le due discariche.

Precedenti studi di Moore hanno dimostrato che la concentrazione della plastica nella Grande Massa di Rifiuti è di oltre 3 milioni di frammenti per chilometro quadrato. Questi, formati principalmente da monofilamenti di plastiche e da fibre di polimeri, si estendono dalla superficie, sino a circa 10 metri di profondità; qui la loro concentrazione è poco meno della metà di quella in superficie. «La scia di spazzatura è traslucida, aggiunge l’oceanografo, e non è quindi possibile localizzarla dai satelliti. L’unico modo per studiarla è direttamente da un’imbarcazione. Questa enorme massa di rifiuti potrebbe raddoppiare nei prossimi dieci anni, se non si adottano comportamenti più responsabili sia da parte dei consumatori, nell’utilizzo degli oggetti di plastica, che da parte di chi disperde in mare la spazzatura».
«Ho rinvenuto nelle stomaco di uccelli marini accendini, spazzolini da denti, siringhe — sottolinea Marcus Eriksen. Questa enorme massa flottante di rifiuti rappresenta però un pericolo non solo per pesci, volatili, tartarughe e mammiferi marini, ma anche per la vita dell’uomo. La plastica si degrada molto lentamente e frammenti e detriti agiscono come spugne che assorbono composti chimici micidiali per la nostra salute e per quella degli animali, come DDT e policlorobifenili. Ingeriti dagli organismi marini, entrano nella catena alimentare e da qui raggiungono l’uomo».

Secondo l’UNEP, il programma ambiente delle Nazioni Unite, ogni anno, nei mari e negli oceani della Terra, i frammenti di plastica causano la morte di più di un milione di uccelli e di più di 100.000 mammiferi. La plastica costituisce il 90% di tutta la spazzatura che galleggia sulle superfici marine; secondo l’UNEP ogni miglio quadrato di oceano (corrispondente a 2,59 chilometri quadrati), contiene 46.000 pezzi di plastica galleggiante.




LEGGI ANKE
http://cipiri6.blogspot.com/2011/11/i-sacchetti-di-plastica-soffocano-i.html

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NON FARTI RUBARE IL TEMPO
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OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO
IL TUO FUTURO E' ADESSO . 


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mercoledì 7 marzo 2012

Toxic Costa




Toxic Costa


  Dal tragico incidente della Costa Concordia, Greenpeace pubblica "Toxic Costa", un inventario ragionato delle sostanze e dei materiali pericolosi ancora presenti sulla nave.

Siamo partiti dall'elenco fornito dall'armatore al Commissario delegato per l'emergenza naufragio della Costa Concordia. Un elenco incompleto e troppo spesso generico dove si utilizzano termini come "pitture e smalti" o "insetticida" che non permettono di effettuare stime rilevanti dei rischi per l'ambiente. Pur apprezzando la trasparenza che ha portato alla pubblicazione dell'inventario da parte della Protezione Civile lo scorso 27 gennaio, ci siamo resi conto che qualcosa non torna.
Scarica il rapporto Toxic Costa


Ciao ,
l’abbiamo chiesto e l’abbiamo ottenuto. Grazie alle mail di 34.571 cyberattivisti come te, il decreto sulle rotte a rischio è stato emanato dal ministro dei Trasporti, Passera, in collaborazione con il ministro dell’Ambiente, Clini. Il decreto garantirà che disastri come quello della Costa Concordia non minaccino più aree protette.

Dal 1 marzo 2012 navigazione, ancoraggio e sosta per tutte le navi merci e passeggeri di stazza superiore alle 500 mila tonnellate saranno vietati in una fascia di mare che si estende per due miglia marine dai limiti esterni di parchi e aree protette a livello nazionale, sia marine che costiere.

Non è tutto. Tra le norme ce n’è anche una che riguarda il Santuario dei Cetacei, dove il triste naufragio della Concordia è accaduto: l’obbligo di specifici sistemi di ritenuta di carichi pericolosi per tutte le navi in transito nell’area, ricca di balene e delfini. È in assoluto la prima importante misura di tutela per un Santuario che da anni chiediamo venga seriamente protetto.

Ha vinto la difesa del Mediterraneo. La vittoria è di  tutti voi che avete partecipato attivamente a questa campagna, aiutandoci a fare pressione sul Ministro. Grazie!

Il nostro lavoro naturalmente non finisce qui. È ora di pensare a come proteggere il Santuario al 100% e a come rimuovere il relitto della Concordia ancora lì, di fronte all’isola del Giglio, a minacciarne il fragile ecosistema marino. Abbiamo più che mai bisogno di te, sostienici subito con una donazione.

Porta avanti le nostre campagne e aiutaci a ottenere altre importanti vittorie come questa. Diventa sostenitore di Greenpeace.
 


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martedì 6 marzo 2012

Amazon, toglie dal sito, prodotti a base di balene, delfini e altri cetacei,


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Amazon, gigante del commercio on-line, ha deciso di ritirare dalla vendita i 147 prodotti a base di balene, delfini e altri cetacei, tutte specie a rischio di estinzione, che facevano bella vista di sé sul portale giapponese. Il tutto grazie a una campagna di sensibilizzazione messa in atto da un Ong europea, l’EIA, che, come ricorderete, in un report pubblicato il 21 Febbraio scorso denunciava il contribuito del sito di e-commerce al commercio di carne di balena e di prodotti alimentari contenenti derivati dei mammiferi marini in via d’estinzione. Ma anche grazie alla petizione pro-balene lanciata dall’animalista Melissa Sehgal, attualmente impegnata in Giappone come Cove Guardian dei delfini di Taiji.
I risultati sono stati eclatanti. In pochi giorni la petizione su Change.org ha raccolto più di 191,506 adesioni da tutto il mondo. Melissa scrive: "In appena poche settimane a Taiji, in Giappone, sono stata testimone di crudeltà inimmaginabili e spargimenti di sangue. Il film The Cove è terrificante, e anche se sono stata qui prima, non sarei mai stata pienamente pronta per vedere ciò di cui sono stata testimone: il massacro e la mutilazione di centinaia di delfini”. Anche grazie a queste parole, gli animalisti di tutto il mondo si sono scagliati contro il colosso americano, diffondendo la notizia su blog e social network, lasciando messaggi indignati all’azienda, firmando in massa la petizione.


Grazie al loro impegno, Amazon è stata costretta al rispetto della sua stessa politica che prevede il divieto di commercializzare prodotti derivati da questo tipo di animali. Ma è ancora troppo presto per cantare vittoria e l’associazione ambientalista vuole andare avanti. “Siamo soddisfatti della decisione di Amazon di rimuovere i prodotti derivati dalle balene dal suo portale giapponese. Ma adesso chiediamo con forza che vengano messi al bando in tutto il mondo anche i prodotti che contengono carne di delfino e focene”, spiega Clare Parry dell’Eia e la campagna non deve fermarsi qui, come si legge sul sito Eia: gli animalisti non si arrenderanno “fino a quando Amazon non darà un impegno formale a mettere al bando questi prodotti.

E anche la lettera di Melissa, che affianca la petizione su Change.org, è sulla stessa linea: “il 22 febbraio, Amazon.com ha risposto alle pressioni dei consumatori e ha rimosso la carne di delfino, focena e balena dal suo negozio on-line”, spiega la guardiana dei delfini, “ma non ha ancora adottato una politica chiara sul fatto che non venderà mai più questi oggetti. Togliere tranquillamente i prodotti dal loro sito non è sufficiente. E 'il momento per Amazon.com di introdurre un divieto permanente alla carne di balene, delfini, focene”. Anche perché se il più grande negozio on-line decidesse di agire, darebbe un messaggio molto forte a tutto il mondo.
Cosa fare? Tutti noi possiamo contribuire affinché questo accada, firmando la petizione, condividendo la campagna dell’Eia sui social network, scrivendo mail di protesta al CEO di  Amazon.com Jeff Bezos all’indirizzo jeff@amazon.com (qui una bozza in inglese del testo da inviare). Perché 200.000 persone, o ancora di più, sono davvero difficili da ignorare!

Roberta Ragni
 http://www.greenme.it/informarsi/animali/7125-amazon-carne-balena-delfino


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