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lunedì 15 febbraio 2016

L’Oceano Pacifico è morto


IL RESOCONTO DI UNA TRAVERSATA FA IL GIRO DEL MONDO
L’oceano Pacifico è morto, è svuotato di ogni vita. Ci sono solo rifiuti e barche per la pesca industriale intente a saccheggiare accuratamente quel poco che è ancora rimasto.

Sta facendo il giro del mondo, sui media di lingua inglese, il racconto struggente, tragico e a suo modo poetico di un marinaio, Ivan Macfadyen (foto), che ha ripetuto la traversata del Pacifico effettuata dieci anni fa. Allora fra l’Australia e il Giappone bastava buttare la lenza per procurare pranzo e cena succulenti. Stavolta in tutto due sole prede. Dal Giappone alla California, poi, l’oceano è diventato un deserto assoluto formato da acqua e rottami.

Nessun animale. Non un solo richiamo di uccelli marini. Solo il rumore del vento, delle onde e dei grossi detriti che sbattono contro la chiglia.

Il racconto di Ivan Macfadyen, vecchio marinaio col cuore spezzato dopo 28 giorni di desolata navigazione nel Pacifico, è stato raccolto dall’australiano The Newcastle Herald ed è stato variamente ripreso da decine e decine di testate, tutte in inglese.

Macfadyen ha navigato con il suo equipaggio a bordo del Funnel Web sulla rotta Melbourne -Osaka – San Francisco. Dice di aver percorso in lungo e in largo gli oceani per moltissimi anni, dice di aver sempre visto uccelli marini che pescavano o che si posavano sulla nave per riposarsi e farsi trasportare. E poi delfini, squali, pesci, tartarughe… Stavolta nulla di tutto ciò: nulla di vivo per oltre 3.000 miglia nautiche.

Unica apparizione, poco a Nord della Nuova Guinea, quella di una flotta per la pesca industriale accanto ad una barriera corallina. Volevano solo il tonno, tiravano e ributtavano in mare – morta – ogni altra creatura marina.

E poi la parte più allucinante del viaggio, quella dal Giappone alla California, costantemente accompagnata dalla gran quantità di rottami trascinati in mare dallo tsunami del 2011, quello che ha innescato la crisi di Fukushima.

Rottami, rottami grandi e piccoli ovunque: impossibile perfino accendere il motore. Rottami non solo in superficie ma anche sui fondali, come si vedeva chiaramente nelle acque cristalline delle Hawaii. E poi plastica, rifiuti di plastica dappertutto.

Nel racconto di Ivan Macfadyen un solo elemento è direttamente riconducibile ai tre reattori nucleari in meltdown sulla costa giapponese: dice di aver raccolto campioni destinati ad essere esaminati per la radioattività e di aver compilato durante il viaggio questionari periodici in seguito a richieste provenienti dal mondo accademico statunitense.

Però non si può non pensare a Fukushima quando Macfadyen afferma che nelle acque del Giappone il Funnel Web ha perso il suo colore giallo brillante e quando dice che uno dei pochissimi esseri viventi incontrati dal Giappone alla California era una balena che sembrava in fin di vita per un grosso tumore sul capo.

Sui social e nei commenti sul web si fa un gran parlare della relazione fra Fukishima e l’assenza di esseri viventi fra Giappone e California.

Io sottolineo tre elementi: primo, la sorgente di radioattività di Fukushima, sebbene molto intensa, paragonata alla vastità dell’oceano diventa come uno sputo in un fiume; secondo, nei dintorni di Fukushima e prima di diluirsi nella vastità dell’oceano la radioattività effettivamente si accumula nella catena alimentare e vi resterà per molti decenni; terzo, una desolazione vasta e assoluta come quella raccontata da Macfadyen si sposa benissimo con gli effetti della pesca industriale dissennata, senza bisogno alcuno di scomodare la radioattività i cui effetti sensibili – stando alle informazioni note – si limitano al tratto di mare davanti ad una parte delle coste giapponesi.


Il Pacifico è morto – si è rotto, per usare l’espressione di Macfadyen – e l’ha ucciso il genere umano, che sta al pianeta come una nuvola di cavallette sta ad un campo di grano. Macfadyen, raccolta il The Newcastle Herald nel seguito della storia, non ha voluto rilasciare altre interviste dopo quella che ha fatto così tanto rumore. Desidera però che il mondo sia consapevole di quanto egli ha visto.

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ISOLA DI PLASTICA NELL'OCEANO



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Mari del nord Sardegna diventano francesi



Mari del nord Sardegna diventano francesi, pescatori sardi cacciati via
"Pescatori sardi cacciati via, ignorata la Sardegna: un accordo internazionale con la Francia ha cambiato i confini a nord dell’isola". La denuncia del deputato Mauro Pili

CAGLIARI - “I mari al nord della Sardegna diventano francesi. Con un blitz senza precedenti il governo Renzi ha ceduto alla Francia le acque più pescose al Nord della Sardegna. Un’operazione scattata nei giorni scorsi quando un peschereccio sardo una volta lasciato il porto di Alghero e raggiunte le tradizionali aeree di pesca al nord dell’Isola si è sentito intimare dalle autorità francesi lo stop immediato. Il messaggio è stato chiaro: fermatevi state entrando in acque nazionali francesi in base all’accordo internazionale sottoscritto dal governo italiano da quello francese. Le autorità francesi non ci hanno pensato due volte a fermare l’imbarcazione sarda. E’ solo così che tra ieri e oggi si è scoperto che un accordo internazionale siglato dal Ministro degli esteri francese Fabius e quello italiano Gentiloni aveva ceduto porzioni infinite di mare alla Francia, guarda caso quelle aree notoriamente più pescose e battute dalle imbarcazioni della flotta sarda”.

Lo ha denunciato il deputato sardo di Unidos Mauro Pili che ha presentato un’interrogazione urgente al Ministro degli esteri e dell’agricoltura. Mauro Pili ieri ha incontrato i pescatori del Nord Sardegna e le organizzazioni di categoria annunciando anche iniziative clamorose se non verrà subito dismesso quel divieto illegale da parte delle autorità francesi.

"L’accordo siglato a Caen il 21 marzo del 2015  - prosegue Pili - è stato fatto scattare nei giorni scorsi in modo unilaterale dalla Francia, considerato che lo ha già fatto ratificare al proprio parlamento. Non altrettanto ha fatto il governo italiano che lo ha tenuto nascosto e
 non lo ha mai sottoposto al parlamento". 


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giovedì 4 febbraio 2016

Europarlamento raddoppia i limiti di SMOG


L’Europarlamento raddoppia i limiti 
di emissione per le autovetture
È passata con pochi voti di scarto la modifica del regolamento sugli ossidi di azoto
Le associazioni ambientaliste sono sul piede di guerra e preannunciano proteste.


 Il parlamento Europeo ha dato il via libera all’aggiornamento dei limiti delle emissioni per i veicoli 
proposto dalla Commissione europea a fine ottobre scorso. Il tentativo di veto, avanzato dalla 
Commissione Ambiente, non ha infatti ottenuto la maggioranza qualificata per essere approvata. A 
seconda di chi guarda quanto ciò accaduto all’europarlamento si può trattare di un passo in avanti o 
uno indietro. Infatti, da una parte arriveranno, a settembre del 2017, i tanto invocati nuovi test su strada per misurare l’inquinamento atmosferico in condizioni reali ma ci saranno nuove soglie molto meno severe per i diesel Euro 6. Così verranno mandati in soffitta i tanto contestati test delle emissioni in laboratorio perché, sottolinea Bruxelles, «sappiamo che le emissioni» di ossidi di azoto (NOx) «sono del 400% più alte e a volte anche di più» dei limiti consentiti.

Le due fasi della riforma
In dettaglio le novità saranno scaglionate in due tempi: nel primo, entro settembre 2017, i produttori 
delle autovetture potranno superare per i nuovi prototipi diesel del 110 per cento il tetto degli 80 
milligrammi di NOx. Un limite che dal primo settembre 2019 varrà per tutti i modelli di auto. Invece, entro il primo gennaio 2020 il tetto di sforamento scenderà a massimo il 50 per cento per i nuovi prototipi e dal giorno di Capodanno del 2021 per tutti i nuovi modelli. Secondo la Commissione europea, l’aumento dei limiti, contro i quali si è schierato una parte dell’aula di Strasburgo, è giustificato dalla necessità di considerare i dubbi tecnici relativi all’uso dei nuovi dispositivi mobili di misurazione delle emissioni e dai limiti tecnici per il miglioramento del rilevamento delle emissioni per le autovetture a diesel in condizioni reali di guida nel breve termine. I nuovi test si affiancano al pacchetto sulla revisione del sistema delle omologazioni e delle motorizzazioni presentato una settimana fa dalla Commissione Ue. «Continueremo a dare giri di vite», ha assicurato Bruxelles, ricordando che «più avanti» nell’anno intende estendere i nuovi test in condizioni di guida reali anche alle emissioni di particolato, vuole migliorare la metodologia dei stessi esami per le partenze a freddo in città e intende che sia indicata su un certificato di conformità 
per il consumatore la perfomance delle emissioni inquinanti.

Le proteste degli ambientalisti e dei partiti italiani
La decisione di oggi ha fatto divampare le polemiche. «È una scelta assurda e insensata che va contro la salute dei cittadini e l’ambiente — spiega Stefano Ciafani, direttore generale di Legambiente — ed è un vero e proprio condono che premia i furbi e non l’innovazione e la qualità. Prevedere un raddoppio dei limiti delle emissioni per gli ossidi di azoto (NOx) dei veicoli a diesel, che ora passeranno da 80 mg/Km ad oltre 160 mg/Km fino al 2021, significa premiare i furbi a discapito dell’innovazione e della qualità sulle quali le case automobilistiche dovrebbero puntare». Per Angelo Bonelli dei Verdi «invece di punire gli imbrogli delle case automobilistiche e di intensificare i controlli per smascherare eventuali frodi si è scelto, senza tenere in alcuna considerazione gli allarmi sull’inquinamento lanciati dall’Agenzia 
europea per l’ambiente, di alzare i limiti». Anche il Pd, con i senatori Vaccari e Tomaselli, critica 
aspramente la decisione dell’Europarlamento: « Si tratta di un compromesso al ribasso che rischia di 
pregiudicare, nel lungo periodo, il raggiungimento degli obiettivi indicati nell’accordo di Parigi a Cop21. Ci auguriamo che nei prossimi passaggi l’Assemblea ponga rimedio a una scelta grave e 
incomprensibile per i consumatori europei».

La maggioranza approva la modifica del regolamento che stabilisce il tetto delle emissioni di NOx, gli ossidi di azoto che sono precursori delle polveri sottili. La dose ammessa per legge è stata 
generosamente raddoppiata. Le auto potranno inquinare, per gli NOx, il 110% in più di quello che era stato stabilito prima del dieselgate.

Una volta scoppiato lo scandalo sono emersi infatti i trucchi di serie, il fatto che i laboratori di 
omologazione dei nuovi modelli, finanziati dalle case automobilistiche, ricorrevano a ogni sorta di 
stratagemmi (gomme super gonfie, lubrificanti speciali, aerodinamica modificata) per far sì che dalle 
prove in questi ambienti ovattati, dalle caratteristiche lunari, emergessero dati ben lontani da quelli 
misurabili sulle strade terrestri. E naturalmente molto più confortanti.

Ora che bisogna fare sul serio, con test veri che mostrano quanto inquina realmente ogni auto, 
cambiano le norme. Il tetto si alza. Il regolamento europeo 715 del 2007 aveva stabilito che per i veicoli euro 6 il limite di emissione per gli ossidi di azoto (NOx) fosse di 80 milligrammi a chilometro. Il voto del Parlamento ha fatto passare la norma proposta dalla Commissione che alza i limiti per gli NOx del 110% nel periodo che va dal settembre 2017 al 31 dicembre 2018 e del 50% nel periodo successivo. Invece di respirare 80 milligrammi di NOX per ogni chilometro per ogni macchina in circolazione, l’anno prossimo ne respireremo 168.
Le auto potranno "sforare" per legge del 110% i limiti imposti dalla stessa legislazione europea. Si è 
visto chiaramente oggi come gli interessi delle industrie fossili siano superiori a quelli dei cittadini. Una sola nota: 500mila europei muoiono ogni anno per l'inquinamento atmosferico
 che è in buona parte 
frutto delle autovetture.


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lunedì 1 febbraio 2016

MDD : Movimento per i Diritti dei Disoccupati



MDD : AIUTATECI a Diffondere Questo Gruppo , grazie 
Il Movimento per i Diritti dei Disoccupati, 
si prefigge di portare avanti le istanze dei senza lavoro, nei confronti delle Istituzioni.
 MDD non è un gruppo virtuale, ci riuniamo periodicamente presso
 la Camera del lavoro di Milano.
Sarebbe importante che si formassero altri gruppi in tutte le province lombarde per costituire una 

Federazione Regionale del Movimento, aumentando così la forza contrattuale 
dei disoccupati in Lombardia e volendo anche in altre Regioni ed in
TUTTA ITALIA



Iscrivetevi al Gruppo e Commentate sul BLOG 





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