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sabato 16 febbraio 2019

Bolsonaro toglie le terre agli indigeni e le regala alle multinazionali

Bolsonaro toglie le terre agli indigeni e le regala alle multinazionali


Tempi bui per la foresta Amazzonica e per gli indigeni.
Il presidente brasiliano Jair Bolsonaro ha firmato un provvedimento che ha tolto la gestione dei confini delle terre ancestrali agli indigeni, affidandola al ministro Tereza Cristina.

Le promesse elettorali che tanto preoccupavano si stanno già trasformando in realtà, a partire da quella di cancellare ogni tipo di legge favorevole agli indios e quella di favorire l’apertura di miniere e zone commerciali nelle terre indigene, stringere alleanze con le multinazionali, bandire le Ong ambientaliste e dare il via libera allo sfruttamento di animali da pascolo.

Bolsonaro che è stato ribattezzato il ‘Trump tropicale’, come prima azione del suo mandato ha tolto alla Fondazione Nazionale per gli Indigeni (Funai, Fundaçao Nacional do Indio) la gestione dei confini delle loro terre ancestrali. 
Adesso sarà il ministero dell’Agricoltura presieduto da Tereza Cristina a occuparsene.

E non c’è da stare tranquilli soprattutto perché Tereza Cristina era leader del gruppo parlamentare della Bancada Ruralista, la lobby che rappresenta in Parlamento gli interessi dei grandi proprietari agricoli che vorrebbero sfruttare le terre ancestrali a loro piacimento.

“Hai visto?La rottura è iniziata. Il Fuani non è più responsabile per l’identificazione, la delimitazione, la demarcazione e la registrazione delle terre indigene. C’è qualcuno che ancora dubita dell’elusione delle promesse elettorali?”, ha scritto Sonia Guajajara, una dei principali leader indigeni del Brasile, già candidata alla vicepresidenza della Repubblica con il Partito Socialista e della Libertà (PSOL) sul suo profilo Twitter.

In Brasile vivono circa 900mila indigeni in 462 riserve che occupano un’area pari al 12,2 per cento del territorio nazionale, per lo più in Amazzonia e da oltre trent’anni la gestione di queste terre era in mano al Funai. Con questo cambio di rotta, sale la preoccupazione per occupazione di agricoltori, minatori e allevatori nonché per la costruzione di dighe e centrali.

Questo significa via libera alle multinazionali che potranno gestire a loro piacimento le terre ancestrali distruggendo foresta e biodiversità, nonostante nella Costituzione brasiliana sia esplicitata la tutela dei popoli indigeni.

Nel suo programma c'è l'uscita dall'accordo di Parigi, la promessa di cancellare ogni tipo di legge favorevole agli indios, l’abolizione del ministero dell’Ambiente e il via libera ad una autostrada che attraverserà la foresta Amazzonica. Fra una settimana si vota al secondo turno delle presidenziali in Brasile e il candidato di estrema destra Jair Bolsonaro è dato per favorito nei sondaggi: ecco perché non è una buona notizia per l’ambiente.

Le sue idee anti ambientaliste non sono mai state un mistero, non a caso minatori, taglialegna e land grabber lo sostengono. A loro promette una gestione diversa dell’Amazzonia, una rottura con il passato in cui viene abolito qualsiasi tipo di privilegio che tutela indios e le loro terre ancestrali.

Bolsonaro che è stato ribattezzato il ‘Trump tropicale’ vorrebbe l’apertura di miniere e zone commerciali nelle terre indigene, stringere alleanze con le multinazionali, bandire le Ong ambientaliste e dare il via libera allo sfruttamento di animali da pascolo.

Il tutto perché il leader di estrema destra è convinto che la colpa della deforestazione e del cambiamento climatico sia "la crescita esplosiva della popolazione, che coltiva la soia e alleva capi di bestiame, certamente non sul proprio terrazzo o nel cortile".

Già conosciuto dalla stampa estera per le sue idee omofobe, razziste e anti femministe, Bolsonaro spiega a 'Climate Home News' che occorre "una politica di pianificazione familiare per ridurre la pressione su quei fattori che portano al riscaldamento globale, possibile fine della specie umana".

A pagare le conseguenze della sua politica se dovesse essere eletto saranno soprattutto gli indios che secondo Bolsonaro dovrebbero “adattarsi, piegarsi alla maggioranza o semplicemente svanire”. Questo significa via libera alle multinazionali che potranno gestire a loro piacimento le terre ancestrali distruggendo foresta e biodiversità, nonostante nella Costituzione brasiliana sia esplicitata la tutela dei popoli indigeni.

Con la fine del ministero dell’Ambiente poi nessuno controllerà estrazione illegale, 
disboscamento e deforestazione.

Insomma, la vittoria di Bolsonaro sarebbe davvero una pagina buia per il Brasile
 e un brutto passo indietro.


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