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lunedì 31 maggio 2010

Marea nera, fallisce operazione «Top kill»




si tenterà di aspirare il greggio.

New York Times: Bp conosceva i rischi


Marea nera, fallisce operazione «Top kill»

La Bp ha fatto sapere che l'ultima manovra per fermare la fuoriuscita di petrolio nel Golfo del Messico è fallita



La marea nera che sta devastando il Golfo del Messico da cinque settimane è «forse la peggiore catastrofe ecologica che gli Stati Uniti abbiano mai affrontato». Lo ha detto Carol Browner, consigliere del presidente Obama per le questioni ambientali, intervistata dalla Nbc nel giorno in cui il tentativo denominato «top kill» per fermare la fuoriuscita di petrolio non ha funzionato ed è stato accantonato. La Bp ha quindi annunciato che tenterà un'altra opzione, chiamata «lower marine riser package» (Lmrp) per la quale occorreranno diversi giorni.
NUOVA OPZIONE - Il capo delle operazioni di Bp, Doug Suttles, ha reso noto che Top Kill è stato abbandonato dopo aver pompato da mercoledì 35 mila barili di fanghi nel pozzo danneggiato. Bp intende ora tagliare il tubo danneggiato all'altezza della supervalvola e di incappucciarla, poi collegare questo cappuccio a un nuovo tubo e attraverso questo tubo aspirare il grosso del petrolio e del gas fino alla nave di appoggio in superficie. Manovra però mai tentata a 1.500 metri di profondità. Infatti il presidente Obama si è già detto molto dubbioso sulla riuscita anche di questo tentativo. «Siamo molto delusi da questo annuncio», ha detto la contrammiraglio della Guardia Costiera Mary Landry in una conferenza stampa a Robert, in Louisiana. La Landry ha detto che il governo federale ha dato a Bp luce verde per il nuovo tentativo.
NEW YORK TIMES: BP SAPEVA DEI RISCHI - Il New York Times (Nyt) riporta però altri particolari inquietanti sull'affondamento della piattaforma Deepwater Horizon, che fanno sempre più ipotizzare lo scenario di «tragedia annunciata». Già molto tempo prima dell’esplosione, la Bp era a conoscenza di seri problemi e temeva fortemente per la sicurezza della piattaforma, riferisce oggi il Nyt citando documenti riservati del guppo petrolifero britannico. I problemi riguardavano in particolare il rivestimento del pozzo e il dispositivo messo a punto contro le esplosioni. Già un anno fa, gli ingegneri di Bp avevano manifestato perplessità sul rivestimento. In marzo c'erano state «difficoltà nell’attività di controllo del pozzo». Nonostante il rivestimento non rispondesse ad alcuni standard di sicurezza, rivela il quotidiano, Bp autorizzò l'utilizzo. Le carte fornite da Bp al Nyt la scorsa settimana avevano rivelato che i dirigenti del gruppo sapevano che il rivestimento utilizzato era l'opzione più rischiosa tra due.


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mercoledì 26 maggio 2010

Feltrinelli stamperà i suoi libri solo su carta sostenibile ....



  Buone notizie per le foreste indonesiane e gli ultimi oranghi di Sumatra. Grazie alla nostra classifica 'Salvaforeste', Feltrinelli stamperà i suoi libri solo su carta sostenibile.

Dopo l'incursione pacifica degli oranghi presso lo stand di Feltrinelli al Salone del Libro, abbiamo incontrato la direzione della casa editrice che ha annunciato la decisione, con effetto immediato, di utilizzare per i propri libri solo ed esclusivamente carta certificata FSC (Forest Stewardship Council), proveniente da foreste gestite in maniera sostenibile e responsabile.

Al Salone del Libro la classifica 'Salvaforeste' ha convinto anche altri editori a mostrare più trasparenza sulla carta utilizzata per i propri libri e a rispondere al nostro questionario, guadagnando posizioni "più verdi". Tra queste: Minimum Fax, Stampa Alternativa e Baldini Castoldi & Dalai.

Questi passi avanti nel mondo dell’editoria dimostrano che stare dalla parte delle foreste e della biodiversità non solo è necessario ma anche possibile.

Una volta informata dei crimini ambientali perpetrati in nome della produzione di carta in Indonesia, Feltrinelli ha avuto bisogno di quarantotto ore per prendere la decisione di stampare solo su carta sostenibile. Cosa aspettano Mondadori e RCS Libri a fare lo stesso?

Se gli editori con le loro scelte non fermeranno immediatamente l'avanzata di criminali forestali come APP (Asian Pulp and Paper) nel mercato italiano, li riterremo corresponsabili della distruzione delle ultime foreste tropicali. Il futuro delle foreste e del pianeta è nelle pagine dei loro libri.

Guarda la nuova classifica Salvaforeste



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BP – ALASKA: NUOVA PERDITA DI PETROLIO ....




BP – ALASKA: NUOVA PERDITA DI PETROLIO



26 Mag. – In Alaska è stato chiuso un oleodotto della British Petroleum dopo una perdita di greggio causata da inconvenienti tecnici. Decisione presa in seguito a migliaia di barili di petrolio che si sono riversati in un contenitore di emergenza durante un test dei comandi anti incendio alla stazione di pompaggio numero 9 160 km a sud di Fairbanks. Fortunatamente non ci sono stati feriti, i tecnici che lavoravano nella stazione in questione sono stati evaquati.
Sembrerebbe che il guasto sia causato da un improvvisa interruzione elettrica e che la mancanza di corrente abbia provocato l’apertura di alcune valvole che hanno fatto fuoriuscire una quantità imprecisata di greggio da una cisterna in una seconda vasca di contenimento.

Nuovo guaio quindi per la Bp, che controlla il 47% del Trans-Alaska, preceduto alla perdita di greggio nel Golfo del Messico che sta causando un disastro ambientale lungo le coste meridionali degli Stati Uniti.

Il flusso di greggio è stato ridotto al 16% e questo permetterà di far defluire il greggio nel contenitore per almeno 48 ore. Il contenitore ha una capacità di 104.500 barili. Per la Tras-Alaska Pipeline, che va dalla baia di Prudhoe al porto di Valdez, normalmente transitano 667.000 barili di greggio al giorno.



MAREA NERA: CHIUSO PER UNA PERDITA OLEODOTTO DELLA BP IN ALASKA


(AGI/REUTERS) - Anchorage, 26 mag. - Un oleodotto della Bp in Alaska e' stato chiuso in seguito a una perdita di greggio dovuta ad alcuni inconvenienti tecnici. La decisione e' stata presa dopo che migliaia di barili di petrolio si sono riversati in un contenitore di emergenza durante un test dei comandi anti-incendio alla stazione di pompaggio numero 9, 160 chilometri a sud di Fairbanks. Un problema tecnico ha fatto aprire le valvole di scarico. Non ci sono stati feriti, ma i 40 tecnici che lavorano nella stazione sono stati evacuati.
Per la Bp, che controlla il 47% della a del Trans-Alaska Pipeline, si tratta di un nuovo guaio che si aggiunge alla perdita di greggio da un pozzo nel Golfo del Messico che sta causando un disastro ambientale lungo le coste meridionali degli Stati Uniti. Il flusso di greggio e' stato ridotto al 16% e questo permettera' di far defluire il greggio nel contenitore per almeno 48 ore. Il contenitore ha una capacita' di 104.500 barili. Per la Tras-Alaska Pipeline, che va dalla baia di Prudhoe al porto di Valdez, normalmente transitano 667.000 barili di greggio al giorno. (AGI) -



Una fuga di petrolio costringe BP a chiudere l’oleodotto Trans Alaska


Anchorage (Alaska, USA) – L’oleodotto “Trans Alaska”, il cui maggior azionista è la società petrolifera britannica BP, ha dovuto essere temporaneamente chiuso ieri, dopo aver registrato una perdita di petrolio, un incidente che ha drasticamente tagliato le forniture di petrolio in serbatoi nello stato americano dell’Alaska.
L’incidente avviene in un momento di grande pressione su BP (principale azionista del consorzio Alyeska, proprietario dell’oleodotto), a causa della loro incapacità di sigillare la fuga di petrolio nel Golfo del Messico.
Una mancanza di energia elettrica ha causato l’apertura delle valvole di emergenza, provocando la fuoriuscita di una quantità indeterminata di petrolio proveniente da un serbatoio secondario.




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Inutilità del nucleare in Italia ...

Inutilità del nucleare in Italia

La fondazione per lo sviluppo sostenibile ha condotto uno studio da cui è emersa l'inutilità del nucleare in Italia. Analizziamo meglio i risultati di questo studio.



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La fondazione per lo sviluppo sostenibile è un’associazione fondata nel 2008 senza scopo di lucro e ha come scopo quello di favorire la green economy in Italia. Effettua rapporti e ricerche su energia e clima, gestione dei rifiuti, mobilità sostenibile, management ambientale, diffusione di tecnologie innovative, normativa. Organizza workshop, convegni, seminari ed eventi di formazione e fornisce supporto tecnico ad imprese ed enti sulle tematiche della sostenibilità.
In merito alla nuclearizzazione dell’Italia, la fondazione ha redatto un rapporto sul fabbisogno reale considerando due scenari: un aumento di consumo e una diminuzione dello stesso.

Scenari elettrici al 2030
Secondo la fondazione per lo sviluppo sostenibile, fino al 2030 l’Italia non avrà bisogno di centrali nucleari per il suo fabbisogno energetico.
In base allo studio della fondazione presentato a Roma nella sede del Gse il 7 maggio 2010, anche se la richiesta di energia elettrica dovesse aumentare,  le centrali  esistenti  aggiunte a quelle in costruzione e a quelle già autorizzate ma non ancora in costruzione, basterebbero a soddisfare il bisogno energetico italiano; da qui la conclusione che il nucleare sarebbe superfluo. [Per approfondimenti cliccare qui]

Centrale nucleare

Ipotesi
Lo studio si basa su due ipotesi denominate blu e grigio.
L’ipotesi blu si basa su presupposti ottimisti. L’ipotesi grigio su presupposti pessimisti.
  • Nell’ipotesi blu, sono analizzate le tendenze già in uso prima della crisi, e rileva un dimezzamento dell’incremento nei consumi rispetto al precedente periodo e quindi i consumi ritornerebbero come il periodo precedente entro il 2020. In questa ipotesi, il rapporto tra consumo e pil migliorerebbe grazie all’abbassamento della produzione a 240 chilowattora ogni mille euro contro i 261 del 2010. Pertanto ci sarebbe meno produzione e di conseguenza meno consumo di combustibili fossili ed emissioni di CO2.
    L’energia occorrente sarebbe di 70,6 GW nel 2020 e 77 GW nel 2030; dal momento che, già ora c’è una produzione di 76 GW, con le nuove centrali si supererebbe il fabbisogno.
  • Nell’ipotesi grigio,  si prevede un aumento del  consumo di elettricità e di conseguenza un aumento di consumo di combustibili fossili e di CO2, che comunque rimarrebbero sotto la quantità consumata nel periodo precedente alla crisi. Anche in questo caso, il fabbisogno di potenza elettrica salirebbe all’87,6 GW nel 2030 che potrebbe essere coperto dalle centrali esistenti e da quelle in costruzione o già autorizzate o quelle già progettate e in fase di autorizzazione.
Nelle due ipotesi  è chiara la sufficienza dell’energia attualmente prodotta in Italia.
Come si può leggere, le cifre indicano chiaramente, in tutti e due gli scenari, che le centrali convenzionali basterebbero da sole, rendendo inutile il piano nucleare del governo.

Pale 
eoliche

Rimane il problema delle emissioni di CO2 che, nello scenario grigio, si ridurrebbero in modo inadeguato. A questo problema la fondazione propone la soluzione che, al posto delle centrali  nucleari, sarebbe opportuno sviluppare e applicare alle centrali a carbone la cattura e sequestro della CO2. Questo tipo di operazione è ritenuta una tecnologia innovativa con grandi potenzialità di sviluppo.

Inoltre, i capitali da investire nelle centrali nucleari rimarrebbero a disposizione, non solo per completare il piano già in esecuzione, ma potrebbero essere usati nella ricerca e sviluppo delle energie alternative già in atto in Italia da parte dell’Enel (azienda a partecipazione statale) e di altre società private.

Considerando la capacità tecnologica acquisita in campo delle rinnovabili da parte dell’Enel, che attraverso la società del gruppo stesso  L'Enel Green Power   (l'Enel è dal 1992 una  società per azioni, in parte privatizzata. Fino al  1999 era monopolista statale del settore, escluse alcune aziende municipalizzate ed investitori - stranieri e non - minori. Tuttora il  ministero dell'economia e delle finanze italiano è l'azionista di riferimento, con una quota diretta ed indiretta del 31%.), che ultimamente ha inaugurato 7 pale eoliche in Bulgaria: le sette pale sono in grado di generare circa 55 milioni di kWh, equivalenti al consumo di 19 mila famiglie e evitare l’immissione in atmosfera di circa 45mila tonnellate di CO2.

Verrebbe da pensare che la soluzione logica all’ipotesi grigia dell’aumento della CO2 sia, oltre alla soluzione proposta dalla fondazione, quella di incentivare la ricerca e la costruzione di impianti alternativi anche alle centrali a carbone.
Eolico, solare e idrico sono, per loro natura energie senza nessun tipo di inquinamento sia nella gestione sia nella produzione di scorie e possono essere installati da privati come dai comuni o comunque da compagnie locali.

Il 
nucleare non serve

Conclusione
Il costo delle centrali convenzionali, essendo inferiore a quello delle nucleari, comporterebbe un risparmio per i cittadini; inoltre, essendo la tecnologia per la loro costruzione, patrimonio anche italiano, si darebbe all’industria del settore un impulso positivo al suo bilancio.

Questo, unito a tutto l’insieme delle energie rinnovabili, non può che migliorare sia la salute dell’ambiente che l’economia in genere.  Inoltre, creerebbe posti di lavoro a lungo termine dato che la sostituzione delle vecchie centrali non sarà comunque un’operazione veloce.
Un’altra cosa altrettanto importante è la possibilità di gestire e dismettere questo tipo di impianti senza il problema delle scorie.

Unire l’utile economico e la cura dell’ambiente dovrebbe essere di primaria importanza in un mondo sempre più dipendente dall’energia; dare alle economie locali la possibilità di essere indipendenti dalle grandi compagnie, servirebbe anche a diminuire i prezzi o, comunque, a fare una politica degli stessi più vicina alla realtà e più controllabile.





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gamberetti contro le zanzare ....




Bologna: gamberetti contro le zanzare

Il comune di Bologna arruola i gamberetti per combattere l’invasione estiva delle zanzare.



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Sta per arrivare l’estate e con i primi caldi ecco che spuntano quelle simpatiche “amiche” delle zanzare!
Spesso rappresentano un vero e proprio flagello che colpisce un pochino tutti e i bambini si ritrovano con ponfi e punture antipatiche, con la voglia irrefrenabile e fastidiosa di grattarsi.



Quali sono i rimedi per questo problema?

In realtà esistono tanti consigli e numerosi rimedi, ma una vera e propria lotta è difficile da attuare senza l’uso di sostanze poco sane per la nostra salute. Basti pensare agli zampironi, ad alcuni spray che comunque utilizzano sostanze da non inalare!

A Bologna invece l’idea geniale c’è stata: usare dei gamberetti! Voi direte: cosa c’entrano i gamberetti con le zanzare? La risposta è molto semplice!

Questi piccoli crostacei sono ghiotti di larve di zanzara e quindi inserendoli ad esempio all'interno dei bidoni di irrigazione degli orti si otterrrebbe una notevole diminuzione delle larve. Questi bidoni di irrigazione rappresentano infatti l’habitat prediletto dalle zanzare per moltiplicarsi e deporre le uova, ecco allora il semplice ma efficace rimedio!

Un’idea assolutamente green, poiché essendo un rimedio biologico non implica il rilascio nell’ambiente di nessuna sostanza potenzialmente pericolosa per la nostra salute.
Questa sarebbe dunque un’arma biologica a tutti gli effetti, ora sarà da vedere a lungo termine i reali risultati e a quel punto, se positivi, perché no la sua estensione applicativa ad altri comuni, con filosofia green a basso impatto ambientale.

A tale “guerra” si affiancheranno anche altri metodi per supportarla efficacemente, come ad esempio la bonifica dei tombini grazie all’applicazione di prodotti a limitato impatto ambientale.
Inoltre, saranno diffuse tutta una serie di notizie e consigli pratici legati al consumo di acqua. Ad esempio l’acqua usata per annaffiare le piante sui balconi e terrazzi, deve essere impiegata cercando di evitare il ristagno, che è uno dei tanti modi per creare micro-ambienti favorevoli alla moltiplicazione delle zanzare.

Comune di Bologna usa gamberetti contro invasione di zanzare

Altri rimedi green contro le zanzare
A proposito di lotta biologica, esistono altre tipologie di questi attacchi.
  • Pesci, pipistrelli e rondini: dezanzarizzazione effettuata grazie all’impiego di particolari pesci che divorano le  larve di zanzara, le libellule, alcuni uccelli come le rondini  o i pipistrelli (vero che adesso li amerete di più?) che le decimano in un solo volo!
  • Batteri: sono usati anche alcuni tipi di batteri, assolutamente innocui per la nostra salute, ne è un esempio il Bacillus Thuringiensis, che come alcuni funghi particolari, attacca le  larve, ma la sua azione dura solo 24 ore, ed è usato proprio per la lotta larvale. Prima di usarlo è necessario conoscere bene il tipi di zanzara che si vogliono sterminare, poiché alcune tipologie come la zanzara tigre sono più forti e resistenti di altre. Questi batteri si inseriscono direttamente nell’acqua, elemento fondamentale e necessario per lo sviluppo e la moltiplicazione delle zanzare, e lì cominciano la loro azione. Se però l’acqua è inquinata, questi batteri vengono fagocitati dalle particelle di sporco in sospensione e si depositano sul fondo, inattivandosi. Un altro fattore che limita l’azione del batterio, è l’acqua troppo fredda, le larve in questo caso non mangiamo molto e quindi non il batterio non viene sufficientemente “mangiato” per essere efficace.
A questo punto è evidente, che come in tutte le guerre, è sempre bene conoscere approfonditamente il nemico prima di attaccarlo, diversamente si correrebbe il rischio di sprecare solo tempo, energie e denaro inutilmente, e i pizzichi continuerebbero nel nostro caso a farsi sentire! .  Altroconsumo - Free mini stereo . . Bookmark and Share .

martedì 25 maggio 2010

L'Anas usa sulla strade un diserbante nocivo ...

Francesco Ferrante, Pd: «L'Anas usa sulla strade un diserbante nocivo»

«Sulle strade controllate dall’Anas i cittadini e l’ambiente corrono un serio rischio di intossicazione chimica a causa del diserbante disseccante a base di ‘glyphosate’, utilizzato come erbicida sui bordi delle arterie stradali»: lo dichiara il senatore del Pd Francesco Ferrante. «Il glyphosate, prodotto da diverse aziende e la cui versione più diffusa è il ‘Roundup’ della Monsanto non solo è infatti potenzialmente pericoloso per gli addetti ai lavori e per tutti coloro che si trovano nei pressi della zona trattata, ma può avere conseguenze molto gravi sulle falde acquifere. I ministri dell’Ambiente e dei Trasporti devono vietare all’Anas di utilizzare questo veleno che mette a rischio la salute pubblica. Inoltre diserbare i bordi stradali non presenta nessun vantaggio: non limita in alcun modo il numero degli interventi in quanto non elimina la necessità delle operazioni di sfalcio, arreca danni gravi alla vegetazione e provoca la scomparsa locale di numerose specie animali e rende obbligatorio l’intervento anche negli anni successivi, in quanto le fasce denudate se non più trattate vengono invase da specie vegetali annuali più aggressive. Sono troppi i dubbi sui rischi del glyphosate per la salute pubblica, e dunque, anche in vista della stagione estiva quando vi sarà un aumento del traffico sulle strade italiane, è quanto mai opportuno che i ministri competenti obblighino l’Anas a utilizzare diserbanti ecocompatibili o a ricorrere al tradizionale intervento di sfalcio».



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giovedì 20 maggio 2010

FOTO SHOCK DALLA LOUISIANA: LA MAREA NERA È ARRIVATA SULLE COSTE‏ ...

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è passato quasi un mese dall'esplosione della Deepwater Horizon e a nulla sono valsi i tentativi per arginare la marea nera: il pozzo non è ancora stato chiuso e il petrolio inizia ad arrivare sulle coste. Il nostro team sul posto – prima di essere allontanato dalla Guardia costiera - ha fotografato una spiaggia ricoperta da uno strato di catrame denso e viscoso nell'area di South Pass, in Louisiana, vicino alla foce del fiume Missisipi.

Prima avvelenano il mare con i disperdenti chimici per far sparire il petrolio e adesso allontanano chi cerca di monitorare e documentare l'espandersi del disastro. Recenti stime confermano le nostre ipotesi che la reale fuoruscita di petrolio sia di ben dieci volte più grande di quanto dichiarato da BP: ecco perché si cerca di nascondere agli occhi dell'opinione pubblica l'entità di questo disastro.

In documenti ufficiali, compilati prima di ricevere l'autorizzazione per queste esplorazioni petrolifere, la compagnia affermava che era improbabile si verificasse una catastrofe, e che, in caso di disastro, le 50 miglia di distanza dalla costa avrebbero reso altrettanto improbabile un interessamento della costa. BP ha veramente fatto male i sui conti!

Il rischio delle perforazioni petrolifere offshore è troppo alto per l'ambiente e per le popolazioni. Eppure è di pochi giorni fa la notizia che i piani della Shell per iniziare perforazioni petrolifere in Alaska stanno andando avanti, mentre anche nel nostro Mediterraneo le richieste di autorizzazioni aumentano, soprattutto in Adriatico e nel Canale di Sicilia.

È ora che i governi abbandonino il cammino delle energie fossili e investano con decisione in energie rinnovabili.

GUARDA LE FOTO DEL DISASTRO

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Marea nera nel Golfo del Messico, le immagini dal satellite e dalle spiagge ...


Marea nera nel Golfo del Messico, le immagini dal satellite e dalle spiagge

Ormai si vede anche il satellite. La “loop current” del Golfo del Messico ha agganciato la “coda” dell’enorme macchia di petrolio che da un mese si riversa in mare dopo l’esplosione della piattaforma Bp, aprendole la strada verso la Corrente del Golfo e l’Atlantico.

Il tanto decantato “siringone” installato domenica porta in superficie solo una percentuale risibile del flusso che sgorga in fondo al mare. E di questa storia non si vede ancora la fine.

Pallottole di catrame sono arrivate in Florida. Le creature del mare cominciano a morire.

Vi faccio vedere qualche foto. Vengono dalla Nasa, dall’ufficio stampa di Greenpeace e dalla Bp. La società non fornisce dati sulla quantità di petrolio che si riversa in mare. Le autorità americane non si pronunciano; le stime indipendenti parlano di 20-000-100.000 barili al giorno, con una cifra prudenziale ricorrente attorno ai 50.000.

Questa è una foto della Nasa. Il contorno della macchia è evidenziato in rosso: ma il grosso, ormai si sa, è sotto la superficie, a causa dell’uso di quantità stra-industriali di solventi chimicii. La “coda” in basso a destra è quella che ha agganciato la “loop current”.



Ed ecco due foto scattate dagli attivisti di Greenpeace sul lato della macchia nera opposto a quello che ha aggangiato la “loop current”. Vengono da Sauth Pass, in Luisiana, vicino alla foce del fiume Missisipi.



L’ufficio stampa dell’associazione ha diffuso queste immagini aggiungendo che gli attivisti hanno fatto in tempo a scattarle prima di essere allontanati dalla Guardia Costiera americana.



Gli scienziati e l’opinione pubblica cominciano a vedere rosso per l’atteggiamento delle autorità statunitensi. Cautissime su tutto: aggancio fra macchia nera e “loop current”, provenienza del catrame arrivato in Florida, presenza di petrolio sotto il pelo dell’acqua (non sono ancora stati analizzati i campioni, è la versione ufficiale), quantità di petrolio che si riversa in mare.

La Guardia Costiera diffonde le foto della nave cisterna che raccoglie il petrolio col “siringone” inserito nel tubo che perde a 1500 metri di profondità, e dell’incendio del metano, che sgorga copioso insieme al petrolio.



la Bp dice che il “siringone” raccoglie il 40% del flusso, cioè ogni giorno 2.000 dei 5.000 barili di petrolio che costituiscono l’ultima stima ufficiale delle autorità americane, effettuata ai primi di maggio. Però la Bp e le autorità americane rifiutano di aggiornare i calcoli. Secondo esperti indipendenti indipendenti il flusso è almeno – almeno! – dieci volte più alto. Nel qual caso il “siringone” ne porta in superficie un risibile 4%. Ah, e poi c’è la faccenda delle tartarughe



Da quando è cominciata questa faccenda, sono state trovate 156 tartarughe morte sulle spiagge del Golfo del Messico. Però ufficialmente (anche qui) non c’è alcun legame col petrolio, a causa del quale comunque è stata vietata la pesca nel 19% Golfo del Messico .

Da Yahoo! Green le pallottole di catrame sulla costa della Florida

Dal blog Green del New York Times la marea nera e la “loop current”

Da Al.com la strage di tartarughe

Dal new York Times vietata la pesca nel 19% del Golfo del Messico

Su The Atlantis la polemica sul la quantità di petrolio presente in mare



http://www.blogeko.it/2010/marea-nera-nel-golfo-del-messico-le-immagini-dal-satellite-e-dalle-spiagge/




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mercoledì 19 maggio 2010

E-Cart il carrello ecologico che genera energia elettrica ...

E-Cart il carrello ecologico che genera energia elettrica

E-cart è il nuovo concept per realizzare un carrello della spesa completamente ecologico e in grado di generare energia elettrica durante il suo utilizzo.

. . . OROSCOPO . .


Essere dei virtuosi della green economy, fa scoprire quotidianamente sempre nuovi modi per contribuire a migliorare la qualità della vita, passando per scelte consapevoli, per azioni atte al risparmio energetico, per acquisti critici e consapevoli.
Ed ecco l’ultima novità che arriva questa volta dal mondo dei supermercati, si tratta di un nuovo modello di carrello della spesa capace di produrre energia elettrica.
Si chiama E-cart, vede alla base un progetto in cantiere da diverso tempo, che poco a poco ha preso forma ed energia!

Un'idea geniale!
L’idea è di prendere un normalissimo carrello della spesa, e genialmente trasformare l’energia cinetica derivante dal semplice movimento su ruote in energia elettrica.

I carrelli E-cart sono ovviamente modificati e si possono collegare uno con l’altro, e in questo modo trasferiscono l’energia elettrica accumulata nella parte inferiore all’unità di stoccaggio, a sua volta collegata alla rete elettrica del centro commerciale o supermercato.

Abbiamo quindi un nuovo tipo di carrello, un eco-carrello, pronto a seguirci mentre facciamo la spesa a contenere i nostri acquisti e contemporaneamente a produrre energia elettrica, davvero una bella idea!

E-Cart carrello che produce energia elettrica

Quanto si risparmia?
I due padri designer Kitae Pak e Inyong Jung sono dell’idea che dalle piccole cose quotidiane possano nascere grandi cose, e hanno perfettamente ragione, dico io! Il calcolo sul risparmio di energia elettrica per il supermercato che decide di utilizzare questo nuovo carrello equivarrebbe a un mese di energia elettrica l’anno, non poco.
La valutazione è stata compiuta in Corea, dopo 365 giorni di utilizzo dei carrelli ecologici, sulla base di 40W prodotti per ogni ruota del carrello al giorno, moltiplicate per il numero totale di rotelle del carrello, per le ore usate (circa 8) per i giorni dell’anno.

Il risparmio annuale in tonnellate di Co2 sarebbe di 196 e  si arriverebbe  a 131.766,54 dollari annui di risparmio in energia elettrica, non male per un sistema di micro - generazione di corrente elettrica!

Da parte dei due designer anche un importante pensiero umanitario dedicato a chi ha bisogno di cibo o cure: i soldi risparmiati dal supermercato potrebbero poi essere devoluti in beneficienza ad un paese povero, magari per un progetto di sostegno per medicinali o cibo,oppure per acquistare vaccini o libri e matite per una scuola.

Al di là dell’importanza umanitaria sulla quale investire a discrezione di ciascun supermercato questi soldi risparmiati, resta la rilevante scelta che un colosso della distribuzione possa fare quotidianamente per dare una mano all’ambiente, senza fare troppi sforzi.

Carrello ecologico E-Cart

Un'iniziativa green da suggerire
Insieme con altre iniziative da eseguire nel proprio piccolo, cioè in ufficio e a casa questa novità si va ad aggiungere a livello di grande distribuzione, ma nulla toglie che ciascuno di noi possa proporla a un direttore di supermercato, che magari non ne è al corrente, per stimolarlo, magari nella ricerca di maggiori informazioni e chissà nell’acquisto futuro di questi innovativi carrelli della spesa, molto green!
Insomma da un carrello della spesa che grazie all’energia elettrica prodotta, concorre a illuminare il supermercato, magari a qualcun altro arriva la buona illuminazione di trasformare l’eco carrello, che per ora è ancora un concept, in un modello fruibile dal supermercato sotto casa!
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martedì 18 maggio 2010

NESTLÉ CONCEDE UN BREAK ALLE FORESTE‏ ....

 


Lo scorso 17 marzo ti abbiamo invitato a guardare e diffondere un video shock contro Nestlé.
Denunciavamo l’acquisto da parte della multinazionale di olio di palma da aziende che stanno devastando la foresta pluviale indonesiana e spingendo inevitabilmente gli oranghi verso l’estinzione. Oggi, a due mesi di distanza, siamo felici di comunicarti che insieme abbiamo vinto: Nestlé ha annunciato che non userà più prodotti che provengono dalla distruzione delle foreste tropicali.

Nestlé si è impegnata a identificare, e a escludere dalla sua filiera, quei fornitori che sono proprietari o gestiscono “piantagioni ad alto rischio o legati alla deforestazione”. Questa esclusione si applica in particolare ad aziende come Sinar Mas, il più noto produttore di olio di palma e carta dell’Indonesia e ha implicazioni anche per quei commercianti di olio di palma, come Cargill, che continuano a comprare da Sinar Mas.

Siamo soddisfatti della decisione di Nestlé di concedere un break agli oranghi e alle foreste e ti ringraziamo perché, insieme a decine di migliaia di persone, ci hai aiutato, con messaggi e altre forme di attivismo sul web, a raggiungere questo importante obiettivo. È la nostra vittoria!

Ora monitoreremo con attenzione la rapida applicazione della nuova politica di Nestlé, ma è tutto il settore che deve adottare rapidamente una moratoria sulla distruzione delle foreste tropicali.
Se vuoi sostenere questa e altre campagne di Greenpeace, dona ora. È il sostegno delle singole persone come te che ci permette di portare avanti le nostre azioni e denunce.

Grazie!


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Ambiente, codice rosso

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Ambiente, codice rosso


Anna Pacilli


Ieri il consiglio dei ministri ha approvato uno schema di decreto per rivedere alcune parti del Codice dell'ambiente. E per la prima volta non vengono consultate le categorie sociali né le associazioni ambientaliste.

L’ambiente è da tempo fuori dall’agenda della politica italiana, e quando c’è viene discusso a margine, fra pochi, in genere per ridurre i livelli di tutela. Sta accadendo a proposito del Codice dell’ambiente [n. 152 del 2006], cioè quella sorta di testo unico frutto della controriforma attuata dal ministro dell’ambiente del precedente governo Berlusconi, Altero Matteoli, osteggiato dagli ambientalisti e mai corretto dal seppur breve governo Prodi. Ieri il consiglio dei ministri ha approvato uno schema di decreto legislativo, proposto dalla ministra dell’ambiente Stefania Prestigiacomo, «che apporta alcune modifiche alle parti prima, seconda e quinta del decreto legislativo n. 152 del 2006 recante norme in materia ambientale – dice il comunicato del governo – Sul testo verranno acquisiti i pareri della Conferenza unificata e delle Commissioni parlamentari».

In pratica, il decreto interviene sui principi generali e in materia di valutazione d’impatto ambientale [Via], valutazione ambientale strategica [Vas], qualità dell’aria e inquinamento atmosferico, ma non se ne conoscono ancora i contenuti.
«E’ la prima volta che si porta un testo all’attenzione dell’esecutivo, seppure per un ‘esame preliminare’ di alcune parti del Codice, riguardanti la parte generale, le procedure di valutazione ambientale, la tutela dell’aria, senza che sia stato avviato per tempo il processo di consultazione con le categorie sociali e le associazioni ambientaliste – dice il presidente del Wwf Italia, Stefano Leoni – Ci auguriamo che questo processo di consultazione, sollecitato dagli ambientalisti già dal 10 marzo scorso, venga avviato subito, visto che il termine per la revisione è il prossimo 30 giugno, per evitare che si debba subito pensare a provvedimenti correttivi perché, come avvenne quattro anni fa, le disposizioni in particolare sui rifiuti, su Via e Vas non erano in linea con le norme comunitarie».

Ai tempi lunghi di gestazione della delega ambientale [quattro anni per approvarla, dal 2001 al 2004] si aggiunse, infatti, anche un periodo di transizione [dal 2006 al 2008 per le correzioni al primo decreto attuativo, conclusosi con il dlgs 9 del 2008] che contribuì ad accrescere «un clima di incertezza interpretativa e applicativa che non fa bene all’ambiente e alla salute dei cittadini, non consente alle associazioni ambientaliste di tutelare gli interessi collettivi della cittadinanza e alle aziende e ai sindacati di operare in un quadro di regole definito e duraturo».
Il provvedimento approvato ieri dal governo è stato presentato «a norma dell’articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69» [Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile], che contiene di tutto e di più, tra cui anche la delega al governo «per l’adozione di decreti legislativi integrativi e correttivi in materia ambientale».



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giovedì 13 maggio 2010

Un nucleare né di destra né di sinistra ...

Un nucleare né di destra né di sinistra

«Il Pd acceleri sul nucleare». E' il messaggio di una lettera aperta al segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, firmata da 72 persone tra scienziati, imprenditori, e parlamentari.
Centrale-nucleare1
«Riteniamo che non sia in alcun modo giustificata l’avversione al reingresso dell’Italia nelle tecnologie nucleari», questo è uno stralcio di una lettera che 72 firmatari, tra scienziati, imprenditori, parlamentari, hanno firmato e inviato al segretario del Pd, Pierluigi Bersani.
Una lettera aperta, pubblicata integralmente su «Il Riformista», per chiedere alla sinistra di evitare «pressappochismo e atteggiamenti antiscientifici» sul nucleare che può «aiutare a combattere le emissioni di C02».
Tra i firmatari figurano Umberto Veronesi, Chicco Testa, Tiziano Treu, di cui sono note le posizione «pro atomo», e Margherita Hack che, durante il vertice di Copenhagen sul clima dello scorso dicembre, aveva esplicitamente dichiarato che il nucleare «non deve essere demonizzato perché non ne potremo fare a meno».
Senza troppi giri di parole, i firmatari chiedono al segretario del Pd «di prendere atto che il nucleare non è né di sinistra, né di destra e che, anzi, al mondo molti leader di governi di sinistra e progressisti puntano su di esso per sviluppare un sistema economico e modelli di vita e di società eco-compatibili: Brasile con Lula, Usa con Obama [che oggi ha congelato l’accordo sul nucleare civile con Mosca ndr.], Giappone con Hatoyama, Gran Bretagna con Brown».
La lettera conclude con un invito: «Occorre evitare il rischio che nel Pd prenda piede uno spirito antiscientifico – si legge – un atteggiamento elitario e snobistico che isolerebbe l’Italia, non solo in questo campo, dalle frontiere dell’innovazione. Ampi settori di intellettualità tecnica e scientifica, che un tempo guardavano al centrosinistra come alla parte più aperta e moderna dell’Italia, non ci capiscono più e guardano altrove».
Si chiede al Pd di prendere una posizione. Ma «sul nucleare la posizione del Pd, contraria all’attuale nucleare, è assolutamente chiara – hanno ribadito oggi Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, senatori del Pd – è la stessa di grandi forze progressiste europee, dai socialdemocratici tedeschi ai liberali inglesi alle forze emergenti dell’ecologismo riformista. Se qualcuno, sulla base di visioni e analisi un po’ datate vuole cambiarla, lo proponga nelle sedi democratiche del partito e si voti».
Del resto sembrano allungarsi i tempi di una reale ripresa del programma nucleare italiano, come ha fatto intendere il presidente e amministratore delegato di Finmeccanica Pier Francesco Guarguaglini. Il ritardo sarebbe imputabile alle recenti dimissioni di Claudio Scajola dal ministero dello sviluppo economico. «Il ministro – ha detto l’ad di Finmeccanica – si stava impegnando molto e stava spingendo molto sulla ripresa del programma nucleare in Italia».
C’è da metter anche in conto che numerose regioni, Puglia in testa, hanno fatto ricorso contro la legge 99 del 2009, che disciplina il ritorno del nucleare in Italia. E proprio la Puglia, lo scorso 7 maggio, ha impugnato il decreto 31/2010 «recante la disciplina della localizzazione, realizzazione ed esercizio di impianti per la produzione di energia nucleare sul territorio nazionale», per ribadire il «no» della Regione al ritorno del nucleare.

DI : Eleonora Formisani

IO SONO CONTRO AL NUCLEARE SONO CON VENDOLA E LA REGIONE PUGLIA ,,,, GRAZIE
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martedì 11 maggio 2010

“rompere le scatole” al mercato del tonno in Italia è servito! ...



Ciao MAURIZIO,
“rompere le scatole” al mercato del tonno in Italia è servito! A tre mesi dal lancio della nostra classifica “Rompiscatole” sulla sostenibilità delle scatolette italiane, le aziende hanno cominciato a muoversi nella direzione giusta.

Più di un anno fa, quando abbiamo iniziato a confrontarci con il settore in Italia, il tema della sostenibilità ambientale veniva considerato pochissimo. Ora, le aziende iniziano a porre maggior attenzione alla provenienza del tonno utilizzato nelle loro scatolette.

Primo posto in classifica per AsdoMar, uno dei pochi che utilizza in parte dei propri prodotti il tonnetto striato, pescato con metodi sostenibili (lenza e amo). Il tonnetto striato - a differenza del pinna gialla ormai sovrasfruttato – è considerata in buono stato.

Tra le scelte più importanti c’è la decisone di Esselunga di non comprare tonno trasbordato in mare, una pratica che favorisce molto spesso attività illegali. Callipo, invece, è il primo a decidere di utilizzare nella propria produzione non più del 25 per cento di tonno pescato con sistemi di aggregazione per pesci (o FAD). I FAD, infatti, causano la cattura accidentale di tartarughe, squali ed esemplari immaturi di tonno.

Passi avanti anche tra i più grandi! Bolton che, con il marchio Riomare copre più del 30% del mercato, si è impegnato formalmente a predisporre prima della fine dell’anno una politica di sostenibilità. In fondo alla classifica Nostromo e tonno Mare Aperto di STAR.

La strada per avere sul mercato un prodotto totalmente sostenibile è ancora lunga: dei quattordici marchi in classifica ben dieci continuano a rimanere “in rosso”, e nessuno raggiunge la fascia “verde”. Adottare dei principi scritti è un passo fondamentale ma non basta: le aziende devono passare dalle parole ai fatti!

Visita il sito "Tonno in trappola" e scarica la nuova classifica "Rompiscatole"


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