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lunedì 23 dicembre 2019

Strade di Plastica Riciclata

Strade di Plastica Riciclata


 L’Olanda dice addio all’Asfalto

Sostituire l’asfalto con la plastica riciclata sulle strade? A Rotterdam il progetto Plastic Road presto potrebbe diventare realtà. La ditta VolkerWessels ha infatti iniziato a proporre una nuova forma di rivestimento stradale realizzato con la plastica riciclata.

Strade di Plastica Riciclata


L’asfalto emette 27 kg di CO2 per ogni tonnellata prodotta, assorbe il calore e contribuisce davvero molto all’aumento delle temperature nelle città e nelle aree urbanizzate. Nel frattempo, i nostri accumuli di plastica stanno aumentando sempre più velocemente.

Una nuova idea per riutilizzare la plastica potrebbe dunque riguardare la sua applicazione sulle strade in una forma adatta, nella speranza che questo sistema possa essere più ecologico rispetto all’asfalto.

Quali sono i vantaggi delle nuove strade di plastica? Secondo l’azienda che propone la novità, le strade di plastica riciclata sono più leggere, riducono il carico sul terreno e rendono più facile installare cavi sotto la loro superficie.

Le varie parti possono essere prefabbricate in uno stablimento e poi portate sul luogo dove sono necessarie, riducendo la necessità di costruire in loco e
 nello stesso tempo abbreviando i tempi di realizzazione.

Materiali più leggeri possono essere trasportati in modo più efficiente e inoltre la minore durata dei lavori stradali porterebbe ad un contenimento del traffico. Grazie alla plastica riciclata sia la posa su strada del rivestimento sia la manutenzione diventerebbero molto più semplici.

Strade di Plastica Riciclata


Se vi state chiedendo se questo sistema possa essere utilizzato in qualsiasi luogo del mondo o se vi siano delle restrizioni particolari legate alle alte o alle basse temperature, gli esperti vi risponderebbero che Plastic Road è un manto stradale ancora più affidabile dell’asfalto, dato che è in grado di sopportare senza problemi temperature estreme, sia elevate che molto basse. Non ci resta che attendere per capire se l’idea di riutilizzare la plastica
 per rivestire le strade possa avere davvero successo.

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SolaRoad. Il nome dovrebbe dire già tutto. Siamo in Olanda. Qui da sei mesi è in funzione la prima strada solare del mondo. E a quanto pare ha prodotto molta più energia rispetto a quella prevista. Due volte ecologica visto che non è destinata al transito delle auto ma a quelle della bici...



Si tratta di spazi di ampia Estensione, di interesse tutta’altro che trascurabile, il cui utilizzo, compatibilmente con l’ambiente e attraverso investimenti intelligenti, potrebbe aprire nuove Prospettive per lo Sviluppo delle Fonti Rinnovabili...



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SolaRoad: in Olanda la Pista Ciclabile da Record che Produce Energia Pulita

SolaRoad: in Olanda la Pista Ciclabile da Record che Produce Energia Pulita


SolaRoad. Il nome dovrebbe dire già tutto. Siamo in Olanda. Qui da sei mesi è in funzione la prima strada solare del mondo. E a quanto pare ha prodotto molta più energia rispetto a quella prevista. Due volte ecologica visto che non è destinata al transito delle auto ma a quelle della bici.

Una pista ciclabile solare. Da quando è stata inaugurata, lo scorso novembre ha generato oltre 3.000 chilowattora, abbastanza per soddisfare per un anno il fabbisogno di un piccolo nucleo familiare.

Traducendo queste cifre in un rendimento annuo, ci si aspetterebbero 70 kWh per metro quadrato, come ha spiegato Sten de Wit, portavoce per il progetto SolaRoad, secondo cui “il primo semestre è stato un successo” visto che non ci si aspettava un rendimento elevato in così poco tempo.

Il tratto di strada è lungo circa 70 metri. È fatto di lastre in calcestruzzo in cui sono stati integrati semplici pannelli fotovoltaici, a loro volta protetti da uno spesso strato di vetro trasparente e in grado di sostenere sia le bici che i mezzi più pesanti.


Il progetto pilota di tre anni, da 3,5 milioni di Euro è frutto di un partenariato pubblico-privato tra la provincia olandese di Noord-Holland e le società di ingegneria TNO, Ooms Civiel e Imtech.

Il test è stato progettato per assicurare che la superficie sia antisdrucciolevole al pari dell’asfalto e che non provochi fastidiosi riflessi. Finora, circa 150.000 ciclisti hanno cavalcato questa pista-strada.

SolaRoad: in Olanda la Pista Ciclabile da Record che Produce Energia Pulita


SolaRoad collega la periferia di Amsterdam, da Krommenie a Wormerveer. Questi primi sei mesi sono stati visti come un test dai suoi creatori: una pista ciclabile che, in caso di successo, potrebbe essere utilizzata come modello adatto non solo per i ciclisti ma anche per gli automobilisti. Arian de Bondt, direttore di Ooms Civiel, ha rivelato che gli sviluppatori stanno lavorando allo sviluppo di pannelli solari in grado di resistere ad autobus e grossi veicoli.

SolaRoad: in Olanda la Pista Ciclabile da Record che Produce Energia Pulita


I ricercatori hanno in programma di condurre altri test per determinare quanta energia effettivamente produce. Entro il 2016, la pista potrebbe essere estesa fino a raggiungere 100 metri.


Una speranza per il futuro visto che finora il settore delle strade fotovoltaiche, nonostante gli sforzi, non sembra decollare. Negli Usa, per la Solar Roadways
 è stato chiesto aiuto anche tramite crowdfunding.

Ma uno dei limiti delle strade solari è la ridotta efficacia nel produrre energia rispetto ai pannelli installati sul tetto o nei campi. Questo perché i pannelli posti sulle strade
 non possono essere inclinati verso il sole.

Tuttavia, i vantaggi sono tanti visto che eviterebbero di occupare vaste estensioni di terra. Senza contare che il loro utilizzo in aree del mondo densamente popolate permetterebbe di produrre grandi quantità di energia pulita, contribuendo a ridurre le emissioni inquinanti prodotte dalle fonti fossili.

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Progetti di Energie Rinnovabili sulle Strade


Progetti di Energie Rinnovabili sulle Strade


Se il recupero degli spazi è un problema quando si tratta di investire sulle Energie Rinnovabili, ed è per questo che molti progetti puntano sullo sfruttamento delle aree ricoperte da strade e autostrade . Si tratta di spazi di ampia estensione, di interesse tutta’altro che trascurabile, il cui utilizzo, compatibilmente con l’ambiente e attraverso investimenti intelligenti, potrebbe aprire nuove Prospettive per lo Sviluppo delle Fonti Rinnovabili.

Ed è per questo che sono tanti i designer e gli architetti che hanno puntato proprio sulle strade per produrre energie. Ecco gli otto progetti secondo noi più interessanti che speriamo vengano realizzati quanto prima:

1- CARREGGIATA SOLARE: le strade fotovoltaiche

Progetti di Energie Rinnovabili sulle Strade


Si tratta di pannelli solari da stendere sulle strade che oltre a generare elettricità pulita sono in grado di fornire informazioni sui danni e inviare messaggi sul traffico agli automobilisti. Grazie all’aiuto di microprocessori interni sarà possibile anche monitorare la posizione dei veicoli. Le strade fotovoltaiche garantiscono un vantaggio economico grazie alle entrate prodotte sotto forma di elettricità. Una nuova forma di investimento e di sviluppo sostenibile. (Per maggiori info leggi anche Solar Rodways e Kmzero road)

2- ARCO SOLARE

Progetti di Energie Rinnovabili sulle Strade


Progetto del designer Tyson Steele, disegnato per le strade degli Stati Uniti, ha un’altezza di 20 metri dal suolo e una larghezza di 40 metri. La versione più lunga è stata progettata per aumentare le proprietà di isolamento e ridurne la visibilità nelle zone verdi incontaminate. I pannelli solari installati lungo l’arco producono energia rinnovabile convertibile in illuminazione elettrica per la rete autostradale, oltre a integrare la domanda di elettricità delle zone limitrofe. Altri vantaggi: l’arco protegge il manto stradale dalla grandine e dalla formazione di ghiaccio durante l’inverno e crea un effetto di raffreddamento durante l’estate.

3- JET STREAM SUPER-HIGHWAY

Progetti di Energie Rinnovabili sulle Strade


Il futuro del trasporto urbano, secondo il designer industriale David Huang, scaturisce da un’integrazione fra strada e veicolo. La forma della carreggiata è concava (come un tubo tagliato a metà trasversalmente): l’effetto è quello di produrre in galleria un flusso d’aria continuo tra la strada e l’ambiente circostante sfruttando l’energia di ritorno del vento. Turbine eoliche lungo il percorso stradale e pannelli solari allineati sulla superfici superiore della strada sono incaricati rigorosamente alla produzione di energia pulita.

4- TURBINE E

Progetti di Energie Rinnovabili sulle Strade


Pedro Gomez, ideatore del progetto delle turbine E, ha progettato un sistema di generazione di energia eolica sfruttando il movimento dell’aria prodotto dal passaggio dei veicoli in autostrada. L’energia è convertibile in illuminazione stradale, pannelli informativi e telefoni d’emergenza.

5- AUTOSTRADA GREEN: The Green Road Project

Progetti di Energie Rinnovabili sulle Strade


Ideato da Gene Fein e Ed Merrit il Green Road Project si basa sull’installazione di pannelli solari e generatori eolici sulle autostrade per fornire energia pulita per la città. È un progetto di fonte rinnovabile che offre energia elettrica da utilizzare anche per ricaricare in strada i veicoli elettrici

6- DISSUASORI PER ENERGIA ELETTRICA STRADALE: road ribs

Progetti di Energie Rinnovabili sulle Strade


Ideati come semplici dissuasori della velocità stradale in realtà si tratta di dispositivi posti sul percorso stradale in grado di recuperare l’energia perduta dei veicoli. Non tutta l’energia dei combustibili viene utilizzata per l’intero: la parte perduta viene recuperata dai cosiddetti Road Ribs e riutilizzata per l’illuminazione stradale e per le ricariche delle auto elettriche. In dettaglio , come da video, il movimento del veicolo fa muovere il road rib che genera energia rinnovabile. L’elettricità è poi immagazzinata in una batteria installata sui bordi della strada .


Una volta caricata, la batteria può essere utilizzata per fornire energia elettrica. Questi dispositivi sono stati progettati per resistere agli autocarri pesanti senza mostrare segni di usura.

7 – SOLAR WIND

Progetti di Energie Rinnovabili sulle Strade


Questo progetto, completamente made in Italy, ha come obiettivo la riqualificazione della famigerata A3 Salerno- Reggio Calabria. Firmato dagli architetti della Coffice, coniuga energie rinnovabili, fruizione del paesaggio ed elementi di turismo sostenibile, un mix virtuoso che è valso agli ideatori Francesco Colarossi e Giovanna e Luisa Saracino la seconda posizione – e un premio di 7.500 euro – al concorso “Parco Solare Sud – L’autostrada del sole”. La chiave è senza dubbio l’integrazione: alle turbine eoliche disposte tra un pilone e l’altro si affiancano le cosiddette Solar Road, tratti stradali rivestiti da un manto fotovoltaico che, ad oggi, sono in fase di sperimentazione anche in altre parti del mondo. In più, come da regolamento del concorso, le aree adiacenti alle carreggiate sono state convertite in zone pedonali con tanto d ibelvedere, filari di alberi e serre dedicate all’agricoltura biologica, dove frutta, verdura e altri prodotti verranno coltivati e rivenduti sul posto. 

8- PISTA CICLABILE SOLARE: la SolarRoad Bike Path

Progetti di Energie Rinnovabili sulle Strade


Altro che automobili: una buona passeggiata in bici per ridurre lo smog e per una mobilità sempre più sostenibile. Il progetto SolarRoad Bike Path viene dai Paesi Bassi, sviluppato dall’Istituto di Ricerca TNO insieme alla Provincia dell’Olanda del Nord. Si tratta di una pista ciclabile realizzata in blocchi di calcestruzzo coperta con uno strato di 1 cm di celle solari al silicio. I pannelli fotovoltaici sono schermati da un vetro resistente che permette ai ciclisti di pedalarci sopra. La pista é in grado di produrre circa 50 KWH per metro quadrato all’anno di energia e può essere utilizzata per l’illuminazione stradale, per i sistemi di traffico e per gli usi domestici. Non ci resta che sperare di vedere l’opera conclusa nei pressi di Amsterdam per il 2012.

I vantaggi nella realizzazione di questi progetti sono:

– la produzione di energia pulita con effetti positivi sull’inquinamento

– la diminuzione della dipendenza da fonti fossili

– l’importanza delle fonti alternative per soddisfare il fabbisogno energetico mondiale

– la possibilità di optare per scelte più economiche.

Perché scegliere oggi le fonti inesauribili significa avanzare verso il futuro.

Michela Silvestri




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mercoledì 18 dicembre 2019

Conferenza sul Clima di Madrid: hanno deciso di farci Morire Tutti

Conferenza sul Clima di Madrid: hanno deciso di farci Morire Tutti


Cop25 ha chiarito una volta per tutte che i governi del mondo non sono in grado di mettere in campo una strategia adatta a contrastare i cambiamenti climatici. Al contrario della precedente conferenza svoltasi a Katowice, dove gli osservatori più ottimisti avevano giudicato in maniera positiva l’apertura di alcuni, generici, spazi di intervento verso un definitivo abbandono dei fossili, la conferenza di Madrid ha messo tutti d’accordo: Cop 25 è stata un completo fallimento.

A nulla sono valsi i “tempi supplementari” di ben 42 ore giocati dopo la prevista chiusura dei lavori nel tentativo di salvare perlomeno la faccia. I rappresentanti dei 196 Paesi che hanno partecipato agli incontri, non hanno saputo, o voluto, trovare nessun accordo sui tre punti principali in discussione: la regolazione del mercato del carbonio, le compensazioni ai Paesi poveri e la quantità di Co2 che ogni singolo Paese dovrà impegnarsi a tagliare nei prossimi anni. Quei tre punti che a Katowice erano stati lasciati in sospeso e “rimandati a settembre”. 
Cioè alla prossima conferenza sul clima, questa di Madrid.

Come si temeva, non sono bastati i drammatici appelli degli scienziati (oramai non è rimasto più nessuno a sostenere tesi negazioniste) che hanno lanciato numerosi appelli al buonsenso, invitando i governi a dare retta alla scienza e non all’economia. Non sono bastate nemmeno le drammatiche notizie degli scioglimenti dei non più eterni ghiacciai artici o i fenomeni atmosferici sempre più estremi che si stanno verificando sempre più frequentemente in tutto il pianeta. A Venezia ne sappiamo qualcosa! Non sono bastate nemmeno i milioni di giovani che sono ripetutamente scesi nelle piazze di tutto il mondo a chiedere, in nome della “democrazia climatica”, una radicale svolta ecologista nella politica capace di ridare una speranza alla terra. Tutto questo non è servito a niente se non a dimostrare che i governi e la finanza procedono imperterriti in una direzione contraria a quella verso cui vanno la scienza, i cittadini consapevoli e pure il buon senso.
Il guaio è che sono i primi a tirarsi dietro il pianeta!

Quanto è accaduto a Madrid altro non è che un crimine contro l’umanità. Il peggiore. Non solo perché è il più cinico, il più cattivo e pure il più stupido ma perché rischia di essere il crimine “definitivo” contro l’umanità. Perché se l’aumento della temperatura non verrà in qualche modo contenuto, non ci sarà più posto per l’umanità sul pianeta Terra.

Sotto questo punto di vista, il genericissimo documento di intenti in cui si esprime la volontà di combattere in qualche modo i cambiamenti climatici, chiamato ipocritamente “Time for action”, appare solo come una crudele presa per i fondelli. Senza considerare che, come ha sottolineato il noto ed apprezzato meteorologo Luca Lombroso, anche per questo documento assolutamente inefficace ai fini pratici, Brasile e Usa hanno avuto il coraggio di fare ostruzione!

I primi perché hanno tutta l’intenzione di “monetizzare” la foresta amazzonica sino all’ultimo albero – e tanti saluti all’ultimo polmone verde rimasto su questa terra -, i secondi perché il loro presidente Donald Trump continua a sostenere tesi negazioniste in onore alle lobby 
delle energie fossili che lo hanno fatto eleggere.

Dopo questa Cop, di fatto, l’accordo di Parigi non esiste più.

Solo l’Europa, grazie al suo nuovo Governo, ha fatto qualcosa approvando un percorso che dovrebbe condurci nel 2050 alla “neutralità climatica”, ovvero a zero emissioni. Ma l’Europa da sola non basta.

Gli Stati Uniti, come hanno dichiarato da tempo, si stanno sfilando ed è possibile che nei prossimi incontri non parteciperanno neppure con un delegato.

Cina, India, Russia, Paesi Arabi e il Brasile del presidente Jair Bolsonaro – guarda caso i Paesi che inquinano maggiormente e che sono stati tra i principali attori di questo fallimento – hanno ampiamente dimostrato che non sono disposti neppure e concedere una generica promessa a contenere le emissioni ed a limitare il consumo delle energie fossili.

Arrivati a questo punto, possiamo anche cominciare a discutere su cosa ed a chi servono queste conferenze sul clima se non a “dare un’opportunità ai Paesi di negoziare scappatoie”, 
come ha suggerito Greta.


da
Riccardo Bottazzo



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lunedì 9 dicembre 2019

Non Devi Usare i Sacchetti di Plastica per la Spesa

Porta la Tua Borsa di Stoffa   al Supermercato ed il Pianeta   ti Ringrazierà!  Non Devi Usare i Sacchetti   di Plastica per la Spesa



Porta la Tua Borsa di Stoffa 
al Supermercato ed il Pianeta
 ti Ringrazierà!
Non Devi Usare i Sacchetti 
di Plastica per la Spesa


Si. Molte persone trovano i sacchetti di plastica non solo utili e pratici, ma innocui.

Non è così. Sono dannosi per il nostro Pianeta e proprio per questo motivo in molti Paesi del mondo ne hanno vietato la distribuzione.

Purtroppo molti altri continuano invece ad utilizzarli. 
Oggi vi parleremo proprio dei danni che essi causano.

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Dei 10 motivi per cui tutti noi dovremmo utilizzare le borse di stoffa
 per la nostra spesa.
Eccoli elencati:

10 motivi per cui non dovremmo utilizzare sacchetti di plastica 

1- 5 miliardi di sacchetti di plastica

Questa è la quantità delle buste utilizzate ogni anno. È un numero da capogiro se ci pensate!

2- Meno dell’ 1% viene riciclato

Vengono prontamente gettati via, senza pensare un secondo a dove finiranno, al danno irreparabile che causeranno all’ecosistema.

3- Sono realizzati in polietilene

È un materiale non dovrebbe essere abbinato ad altri materiali riciclabili. È una plastica morbida che, a differenza di quella rigida utilizzata per le bottiglie e altri prodotti, è molto leggera e può impigliarsi nei macchinari degli impianti di riciclaggio.

I sacchetti di plastica dovrebbero essere smaltiti negli appositi contenitori e diretti ai centri dove il personale addetto provvederà a smaltirli.



Sebbene possano essere riciclati, il processo non è solo complicato, ma le persone dovrebbero essere istruite su come, dove e perché.

4- Ci vogliono più di 1000 anni per scomparire dal pianeta

Il polietilene impiega secoli a disintegrarsi e il peggio è che col passare del tempo, si separa in minuscole e pericolose particelle che stanno silenziosamente distruggendo l’ambiente.

5- Inquinano gli oceani

Rappresentano l’80% della plastica che inquina le acque. Gli esperti non esitano a dire che nel 2050 ci sarà più plastica che pesci nel mare.

6- Uccidono migliaia di animali marini

Tartarughe, balene, pesci, uccelli e altri animali, muoiono consumando
 pezzi di sacchetti per errore o confondendoli con il cibo.

Quando non muoiono, possono subire avvelenamenti od 
ostruzioni intestinali che li influenzeranno a lungo termine.

Inoltre è bene sapere che il pesce che mangiamo, può contenere plastica all’interno.

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7- Inquinano l’aria

Se vengono inceneriti, contribuiscono al forte inquinamento dell’aria.

8- Possono ostruire tubi e scarichi generando inondazioni

È comune che rimangano intrappolati in tubi e scarichi. Ciò provoca non solo,l’accumulo di germi e batteri che causano gravi malattie, ma inondazioni e crolli nelle strade e nelle residenze.

9- Danni alla flora

Quando non vanno a finire direttamente in mare, i sacchetti di plastica restano spesso intrappolati tra i fiori e le radici delle piante, danneggiando la flora.

10- Le borse di stoffa sono la soluzione

Non è così difficile contribuire alla salvezza del nostro Pianeta. Ricordiamo sempre di portare con noi una o più borse di stoffa quando ci rechiamo al supermercato.

Vi servono altri motivi per non utilizzare i sacchetti di plastica? 
Perché ve ne sono molti altri, ma facilmente intuibili.



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Lo Shampoo Solido 
Potrebbe far risparmiare oltre 550 milioni di bottiglie di plastica all’anno
Noto come shampoo bar, è un panetto solido che non prevede l’utilizzo
 di plastiche per confezionarlo...





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Lo Shampoo Solido


Lo Shampoo Solido che potrebbe far risparmiare oltre 550 milioni di bottiglie di plastica all’anno

Lo Shampoo Solido che potrebbe far risparmiare oltre 550 milioni di bottiglie di plastica all’anno



Potrebbe far risparmiare oltre 550 milioni
 di bottiglie di plastica all’anno

Noto come shampoo bar, 
è un panetto solido che non prevede 
l’utilizzo di plastiche per confezionarlo
Lo Shampoo Solido 
C’è una maggiore consapevolezza, una maggiore attenzione sui danni 
che la plastica sta provocando al nostro Pianeta.

I dati sull’inquinamento sono talmente allarmanti che un esame
 di coscienza diventa non solo doveroso, ma indispensabile.

Sempre più persone stanno cercando di limitare l’utilizzo degli oggetti in plastica e adottando regole di vita più severe in questo senso.

E le aziende non sono da meno, soprattutto quelle cosmetiche che stanno cercando soluzioni e alternative riguardo plastiche e sostanze dannose.

Nasce così lo shampoo bar, un prodotto che può fare veramente la differenza. La prima casa cosmetica a produrlo è stata Lush, subito imitata da tante altre.

Lo shampoo bar è un panetto di shampoo solido che
 non prevede l’utilizzo della plastica per contenerlo.

Come si utilizza? 

Per utilizzarlo basta strofinarlo con le mani sotto il getto d’acqua. Un solo panetto equivale a 3 bottiglie di shampoo da 250g e dura dagli 80 ai 100 lavaggi.

Shampoo solido 

Ed è per questo che il suo utilizzo potrebbe evitare la produzione di almeno 552 milioni
 di bottiglie di plastica all’anno.

Lo shampoo bar è facilmente trasportabile, lascia i capelli morbidi e lucenti e i suoi ingredienti naturali permettono di lavarli tutti i giorni senza il rischio di sfibrarli.

È possibile orientare la propria scelta sullo shampoo bar rivitalizzante, nutriente, districante. Nulla è stato lasciato al caso e le case cosmetiche produttrici hanno profuso studio e impegno per offrire alternative valide e per rispondere alle diverse esigenze degli acquirenti.

Shampoo bar 

Le profumazioni sono tante e tutte gradevolissime. Inoltre prevedono l’utilizzo di oli essenziali che concorrono a favorire il benessere dei capelli.

E i prezzi?

I prezzi dello shampoo bar sono assolutamente competitivi 
ed è possibile acquistarlo anche su internet.

Sicuramente un prodotto alternativo da provare e perché no? Da regalare ai propri amici. 
Un piccolo gesto che può valere tanto anche ai fini ambientali.


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Primo Tram Elettrico Senza Rotaie

Primo Tram Elettrico Senza Rotaie


 Funziona con la vernice e arriva dalla Cina.
Si chiama ART ed è un tram elettrico ed ecologico. 
Le coscienze finalmente si risvegliano e il Pianeta ringrazia

Siamo in Cina, nella città di Zhuzhou. Qui si è tenuto a battesimo il primo tram elettrico. Un tram pensato ed ideato con un occhio attento all’ambiente e al problema dell’inquinamento atmosferico.

Primo Tram Elettrico Senza Rotaie


Tram ecologico in Cina 

In Cina, ma come in ogni altro centro urbano del resto del mondo, le soglie di inquinamento hanno raggiunto ormai soglie di allarme inverosimili.

C’è urgenza di misure che impediscano un disastro imminente. 
Di una presa di coscienza seria, veloce. Obbligatoria.

E in Cina, appunto, si è deciso di promuovere una rete di mezzi pubblici ecologici. 
Ed ecco che quindi nasce ART.

Come funziona il primo tram elettrico ed ecologico?

ART si muove grazie ad una batteria al litio. 
La sua durata copre circa 25 Km e si ricarica in soli 10 minuti.

Primo Tram Elettrico Senza Rotaie

Primo Tram Elettrico Senza Rotaie


ART, il Tram Elettrico ed Ecologico 

Il tram è strutturato in tre carrozze, misura 32 metri, è largo 2,65 metri ed ha un’altezza di 3,4 metri. Al suo interno trovano posto ben 307 persone e raggiunge una velocità massima 
di 70 chilometri orari.

Il tram ecologico non si muove come i comuni tram su delle rotaie, ma si muove su delle speciali linee bianche dipinte sulla strada. Chiaramente si tratta di una speciale vernice.

Dotato di sensori speciali, il tram è in grado di rilevare la viabilità 
e gli eventuali ostacoli sulla carreggiata.

Si avvale quindi di una guida autonoma, senza cioè, la presenza di un autista. È comunque fornito di una cabina per il guidatore, una presenza inizialmente necessaria affinché tutte le verifiche e i collaudi risultino sicuri e soddisfacenti.

Un futuro sempre più Green 

Art, il cui nome sta per Autonomous Rail Transit, risponde in maniera decisamente positiva a tutti i parametri necessari per ridurre l’inquinamento atmosferico.

I costi di realizzazione sono assolutamente allettanti, di molto inferiori 
ai costi di una metropolitana tradizionale per esempio.

La Cina nella realizzazione di questo progetto che vedrà negli anni una diffusione notevole dei tram ecologici, ha dimostrato un’intelligenza ambientale ormai di vitale importanza.

Il primo tram ecologico, ART

Non è più solo una questione di sensibilità e di rispetto per l’ambiente, 
ma una vera e propria urgenza di rimediare e ridurre l’inquinamento.




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domenica 1 dicembre 2019

Qualcuno dovrebbe pagare per il “pasticcio” del sistema MOSE

Qualcuno dovrebbe pagare per il “pasticcio” del sistema MOSE



Le immagini degli effetti disastrosi dell’acqua alta a Venezia scorrono nel corso dei notiziari giornalistici di tutto il mondo.

Le immagini degli effetti disastrosi dell’acqua alta a Venezia scorrono nel corso dei notiziari giornalistici di tutto il mondo.

Le immagini degli effetti disastrosi dell’acqua alta a Venezia scorrono nel corso dei notiziari giornalistici di tutto il mondo.

Le immagini degli effetti disastrosi dell’acqua alta a Venezia scorrono nel corso dei notiziari giornalistici di tutto il mondo.


Il 12 novembre 2019 è stato raggiunto il livello di marea di 187 centimetri,
 secondo solo a quello di 194 centimetri raggiunto il 4 novembre 1966.


Maltempo, acqua alta storica a Venezia: Piazza San Marco sferzata da venti tempestosi

A cura del Gruppo d’Intervento Giuridico onlus.

Danni ingentissimi e non ancora quantificati, la Basilica patriarcale di San Marco allagata, un dramma che ancora una volta i veneziani vivono sulla propria pelle.

Eppure il rimedio scientifico-tecnologico, sbandierato da decenni, dovrebbe esistere.

E’ il Modulo Sperimentale Elettromeccanico – MOSE, il sistema di paratie mobili e opere connesse che dovrebbe salvare Venezia e la Laguna Veneta dal fenomeno dell’acqua alta.

I lavori sono stati avviati nel 2003 e la spesa stimata complessiva raggiunge la cifra di ben 5,5 miliardi di euro.

Finora non s’è visto nemmeno un risultato positivo, è ancora in alto mare.

Finora s’è rivelato quale un vero e proprio scempio finanziario e, forse, si tradurrà anche in uno scempio ambientale.

Una sistematica occasione di malaffare, decine di milioni di euro finiti in tangenti per politici e tecnici, materia nota per le patrie galere.

Ma lascia davvero allibiti leggere quanti errori si celano nella realizzazione del MOSE.

Uno di questi è insito nello stesso bando di gara n. 53 pubblicato il 14 giugno 2019 (scadenza 10 luglio 2019), con cui il Consorzio Venezia Nuova (concessionario dell’opera) ha inteso affidare i lavori di “Ricerca, sviluppo e fabbricazione dei gruppi cerniere-connettore delle paratoie presso le bocche di porto di Malamocco, Chioggia, San Nicolò e Treporti (sistema MOSE)”.

34 milioni di euro a base d’asta, spese per la gestione e la manutenzione delle cerniere imprecisate.

Dalla “relazione generale e documento descrittivo” emergono sconcertanti carenze di funzionamento delle cerniere del sistema MOSE, determinate da fenomeni ossidativi e corrosione di elementi fondamentali, individuati da esperti e, in particolare, dai tecnici del Registro Navale Italiano (RINA).

L’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico onlus ha, quindi, inoltrato una specifica segnalazione alla Procura regionale della Corte dei conti per il Veneto affinchè possa valutare se sussistano gli estremi di danno erariale, determinati da eventuali errori di progettazione o di realizzazione nonchè dai maggiori costi per rendere efficiente il MOSE.

Sarebbe ora che i responsabili di pasticci dalle conseguenze così disastrose pagassero per i loro errori.

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