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sabato 28 settembre 2019

La Terra Collasserà nel 2050 per colpa del Cambiamento Climatico

Una ricerca del National Center for Climate Restoration australiano   afferma che entro il 2050 il riscaldamento globale   potrebbe superare i tre gradi centigradi,   portando al collasso della Terra e dell'umanità

Una ricerca del National Center for Climate Restoration australiano 
afferma che entro il 2050 il riscaldamento globale
 potrebbe superare i tre gradi centigradi,
 portando al collasso della Terra e dell'umanità

Il 2050 sarà l’inizio della fine. La Terra è destinata a collassare per colpa del cambiamento climatico e lo farà prima di quanto possiamo immaginare. Stando a quanto emerge da uno studio del National Center for Climate Restoration di Melbourne, tra trent’anni gli ecosistemi terrestri crolleranno, dall’Artico all’Amazzonia alla Barriera corallina.

Il quadro è preoccupante: il 35% della superficie terrestre, dove vive il 55% della popolazione mondiale, potrebbe essere investita per almeno venti giorni all’anno da terribili ondate di calore; il 30% della superficie terrestre potrebbe essere destinata a diventare arida; le zone del Mediterraneo, dell’Asia occidentale, del Medio Oriente, del sud-ovest degli Usa e dell’entroterra australiano potrebbero diventare inabitabili; la scarsità di acqua finirebbe per affliggere due miliardi di persone e l’agricoltura mondiale imploderebbe.

Tutto questo potrebbe portare ad almeno un miliardo di “profughi climatici”. Gli scienziati ipotizzano che guerre e carestie potrebbero portare alla fine dell’umanità. I climatologi hanno infatti calcolato che, entro il 2050, dovrebbe verificarsi un fatale innalzamento della temperatura globale che andrà oltre i 3 gradi centigradi.

Nel rapporto Breakthrough National Center for Climate Restoration si afferma, per esempio, che città densamente popolate quali Mumbai, Giacarta, Hong Kong, Canton, Shanghai, Bangkok e Manila sarebbero abbandonate per l’aumento del livello del mare e per le difficili condizioni climatiche che si andrebbero a creare.

L’ipotesi degli scienziati è che esistano rischi di riscaldamento globale non presi correttamente in considerazione dagli Accordi di Parigi. Gli Accordi, infatti, hanno previsto un aumento di 3 gradi entro il 2100, senza tenere in conto il processo di “long term carbon feedback” per cui la Terra tende ad amplificare i cambiamenti climatici in negativo, accelerando i tempi del riscaldamento globale.


Tra i reati contestati dalla Procura di Firenze all'ex Premier Silvio Berlusconi c'è anche il fallito attentato al giornalista Maurizio Costanzo, che il 14 maggio '93 sfuggi all'esplosione di un'autobomba a Roma. E' quanto si evince dalla documentazione...



Tra i reati contestati dalla Procura di Firenze all'ex Premier Silvio Berlusconi c'è anche il fallito attentato al giornalista Maurizio Costanzo, che il 14 maggio '93 sfuggi all'esplosione di un'autobomba a Roma. E' quanto si evince dalla documentazione...
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Il Mondo Rischia un Apartheid Climatico

Il Mondo Rischia un Apartheid Climatico

 L'allarme dell'esperto Onu

Nel rapporto di Philip Alston un quadro devastante: "Il riscaldamento globale comprometterà i diritti umani più basilari, lo stato di diritto e la democrazia"

Il mondo è sempre più esposto al rischio di un “ apartheid climatico”, in cui i ricchi pagano per scappare dal caldo e dalla fame provocati dall’aggravarsi della crisi climatica, mentre il resto dell’umanità è condannato a soffrire. È un quadro desolante quello che emerge dal rapporto di Philip Alston, relatore speciale delle Nazioni Unite sulla povertà estrema e i diritti umani.

Secondo Alston, è molto probabile che gli impatti del riscaldamento globale compromettano non solo i diritti basilari alla vita, all’acqua, al cibo e alla casa per centinaia di milioni di persone, ma anche la democrazia e lo stato di diritto.

Durante un incontro a Ginevra, intitolato “Climate change, poverty and human rights”, Alston ha anticipato il contenuto della sua nuova ricerca, che sarà presentata venerdì al Consiglio per i diritti umani dell’Onu. Il ricercatore non fa sconti a nessuno: giudica “palesemente inadeguate” le misure adottate finora dalle Nazioni Unite stesse, dai Paesi, dalle ong e dalle imprese, sostenendo che sono “del tutto sproporzionate rispetto all’urgenza e all’entità della minaccia”.

Philip Alston  @Alston_UNSR   #ClimateChange

Philip Alston
@Alston_UNSR
 #ClimateChange 


“I diritti umani potrebbero non sopravvivere al prossimo sconvolgimento”, si legge nel rapporto, che condanna in particolar modo il presidente Usa Donald Trump – per “silenziare attivamente” le scienze climatiche – e il presidente brasiliano Jair Bolsonaro - per aver promesso di aprire la foresta pluviale amazzonica alle miniere. Tra le note positive Alston segnala l’attivismo di Greta Thunberg e gli scioperi scolastici in tutto il mondo, e alcune azioni legali contro Stati e compagnie di combustibili fossili.

A pagare il prezzo più alto della crisi climatica saranno, ancora una volta, i più poveri del mondo. “Il cambiamento climatico – denuncia Alston - minaccia di annullare gli ultimi 50 anni di progressi nello sviluppo, nella salute globale e nella riduzione della povertà”. Secondo il rapporto, i Paesi in via di sviluppo si ritroveranno sulle spalle circa il 75% dei costi della crisi climatica, malgrado il fatto che la metà più povera della popolazione mondiale causi solo il 10% delle emissioni di biossido di carbonio. Un’ingiustizia bella e buona, che getta ombre inquietanti sul futuro stesso della democrazia e dello stato di diritto.

Scrive ancora Alston: “Il rischio di malcontento nelle comunità, di crescente disuguaglianza e di livelli ancora più elevati di privazione in alcuni gruppi, probabilmente stimolerà reazioni nazionaliste, xenofobe, razziste e altro. Mantenere un approccio equilibrato ai diritti civili e politici sarà estremamente complesso”.

Gli impatti della crisi climatica non faranno che aumentare le divisioni. “Rischiamo uno scenario da ‘apartheid climatico’ in cui i ricchi pagano per sfuggire al surriscaldamento, alla fame e ai conflitti, mentre il resto del mondo è lasciato a soffrire”.

I precedenti non mancano, li abbiamo già visti sfilare sotto i nostri occhi. Come “quando l’uragano Sandy devastò New York nel 2012, mettendo a dura prova i newyorkesi a basso reddito e vulnerabili senza accesso alla corrente elettrica e all’assistenza sanitaria, mentre il quartier generale di Goldman Sachs era protetto da decine di migliaia di sacchi di sabbia e godeva dell’energia prodotta dal suo stesso generatore”, ricorda il ricercatore Onu. Su larga scala, è questo lo scenario di ingiustizia verso cui ci stiamo incamminando.



La Terra collasserà nel 2050 per colpa del cambiamento climatico

La Terra Collasserà nel 2050 
per colpa del
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venerdì 27 settembre 2019

Greta Thunberg


gli imbecilli tuttologi contro il suo autismo

 gli imbecilli tuttologi contro il suo autismo 


In fin dei conti è molto più semplice classificare l’altro come “diverso” piuttosto che rimboccarsi le maniche: sapere in partenza che tu sei socialmente percepito come mancante in qualcosa, come svantaggiato rispetto a me, è rassicurante e fa sentire più bravi e più capaci. Più giusti e al sicuro.
Raccomandata viziata illusa rompipalle inquietante e autistica. Letto così, tutto d’un fiato, come fossero insulti equidistanti tra loro. Sono solo alcune delle definizioni appioppate a Greta Thunberg da quando, negli ultimi mesi, la ragazzina ha scatenato un effetto domino di legioni di imbecilli tuttologi e scienziati-da-divano, subito pronti a riprodursi per scissione 
come batteri per poi dividersi tra pro e contro.

la ragazzina ha scatenato un effetto domino di legioni di imbecilli tuttologi e scienziati-da-divano, subito pronti a riprodursi per scissione   come batteri per poi dividersi tra pro e contro.



Rattrista come a sollevare i pregiudizi più alti siano proprio le generazioni più vecchie, quelle con maggiori responsabilità sulle spalle circa il problema ambientale e l’apparente – ma neanche troppo – mancata volontà di trovare soluzioni e porre o proporre rimedi. Si scade dunque nel benaltrismo, che guai a mettersi in discussione una buona volta, gridando subito al complotto e alla moda, al personal branding di povera figlia “ritardata” burattina della fame dei genitori.

Si finisce coi poteri forti, che quelli non mancano mai come dessert. E con il marketing 2.0 perché adesso esce pure il libro e figurati se non usciva pure il libro che tanto mica l’ha scritto davvero lei il suo libro. Si diventa tutti economisti e editori, ma anche sociologi e ambientalisti, attivisti e missionari. Santi scesi miracolosamente in terra nonostante il manuale di biologia sotto braccio.

Desueti come stantia è la necessità di etichettare tutto, 
in modo spasmodico, e infatti non trova scampo neanche la disabilità di Greta, la sua “sindrome di 
Asperger” che diventa un pilastro di demerito anziché un valore aggiunto per il modo in cui, 
tenacemente e senza distrazioni, sta cambiando la narrazione di un’esigenza universale. E lo sta 
facendo lottando anche contro quello che lo spettro stesso del suo autismo le rende complicato, a 
partire dalle cose per noi scontate e banali.

In fin dei conti è molto più semplice classificare l’altro come 
“diverso” piuttosto che rimboccarsi le maniche: sapere in partenza che tu sei socialmente percepito 
come mancante in qualcosa, come svantaggiato rispetto a me, è rassicurante e fa sentire più bravi e più capaci. Più giusti e al sicuro. Perché sì, è vero, a Greta milioni di persone hanno dato un salvagente per stare a galla, ma io so nuotare benissimo
 e tanto i salvagenti prima o poi si forano sempre. No?

Se invece aveste speso le stesse energie consumate a screditare un messaggio così pulito, infangando il sorriso di Greta che poi è quello di mia sorella e di tutti i vostri figli, per imparare, magari, a fare finalmente la raccolta differenziata, forse vivremmo in un mondo più pulito e in armonia con ciò che ci circonda. E soprattutto con chi riteniamo tanto alieno e invece, a fatti avvenuti, è più presente di noi sulla realtà delle cose. Tutto il resto è il fascismo di chi si ostina a voltarsi dall’altra parte.

listen to science


leggi anche
“listen to science”
non ascoltate me, ascoltate la scienza...


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Greta è portatrice di un messaggio di una semplicità rivoluzionaria

Greta è portatrice di un messaggio di una semplicità rivoluzionaria


 “listen to science”
 non ascoltate me, ascoltate la scienza

I venerdì per il futuro si susseguono coinvolgendo un numero sempre maggiore di ragazzi e adulti, la mobilitazione inizia a coinvolgere istituzioni (vedi la bella iniziativa del Ministro Fioramonti di autorizzare le giustificazioni scolastiche per gli scioperi per il clima). In poco più di tredici mesi Greta ne ha fatta di strada: dalla protesta solitaria davanti al parlamento svedese alle decine di milioni di persone che si sono mobilitate venerdì scorso in tutto il mondo. Sta cambiando qualcosa, si sta veramente mettendo in moto un movimento che potrà portare ad una azione globale, coerente e tempestiva per fermare la deriva climatica creata dall’uomo ed i devastanti effetti di cui abbiamo fino ad ora avuto pochi, impressionanti, assaggi?

Ovviamente siamo in moltissimi ad augurarcelo, non solo, ad impegnarci per un cambiamento, anche culturale, ormai non rimandabile.

Ci sono e ci saranno forti opposizioni, opposizioni che si declinano nei modi più disparati, incluso l’attacco violento, sessista, generazionale nei confronti di Greta e di coloro che la seguono e sostengono le stesse idee; vedi in particolare l’articolo 
di Manginobrioches del 24 settembre, sul complesso di Laio.

Dove non ci si spinge all’attacco volgare, si argomenta stravolgendo i dati climatici e gridando al complotto. Vi sono ormai più esperti in clima in Italia che allenatori di calcio, che è tutto dire.

Greta è portatrice di un messaggio di una semplicità rivoluzionaria:
 “listen to science”, non ascoltate me, ascoltate la scienza.

E allora facciamo due passi per rinfrescare a noi stessi di che cosa stiamo parlando, 
che cosa ci dice, insomma, la scienza.

La paleoclimatologia è il campo di ricerca che ricostruisce gli elementi del clima, in particolare la temperatura, delle epoche passate usando una grande varietà di tecniche consolidate, sviluppate nel corso del tempo. Tra le molte cose si studiano i depositi marini, gli strati del ghiaccio del polo sud, archivi fedeli di quello che è successo al clima migliaia o milioni di anni fa.

Il grafico che segue contiene una grande mole di dati: rappresenta la temperatura media globale del pianeta rispetto alla media della seconda metà del secolo scorso, negli ultimi 500 milioni di anni! La scala orizzontale non è lineare, altrimenti sarebbe impossibile avere una visione di insieme: il primo quadrante copre 500 milioni di anni, il secondo 50 milioni di anni, il terzo 5 milioni di anni, il quarto un milione di anni, il quinto 20.000 anni arrivando fino ai giorni nostri.

Possiamo notare molte cose nell’andamento della temperatura. In epoche lontane, nel Permiano, la temperatura ha oscillato, più volte, complessivamente di 18 gradi, 
nell’ambito di un centinaio di milioni di anni.

Però dal Pliocene in poi, cioè da quando apparvero gli ominidi, circa 5 milioni di anni fa, la temperatura ha continuato a scendere, partendo da circa 4 gradi sopra i valori attuali, e arrivando 4 gradi sotto il valore attuale nei periodi più freddi del Pleistocene, l’ ultimo milione di anni in cui si è sviluppato l’Homo Erectus. Negli ultimi 60.000 anni periodo in cui si è affermato l’Homo Sapiens, abbiamo assistito un “lungo” periodo freddo e arido, seguito da una risalita ed un periodo di estrema stabilità (entro più o meno un grado) negli 11.000 anni cui si sono sviluppate tutte le civiltà storiche. Notiamo nel grafico due puntini rossi all’estrema destra, corrispondenti al 2050 e al 2100, un periodo brevissimo su questa scala, in cui improvvisamente la temperatura potrebbe superare quella che c’era all’inizio del pliocene, cinque milioni di anni fa quando i mari erano 25 metri più alti di oggi.

Greta è portatrice di un messaggio di una semplicità rivoluzionaria



Rivediamo i dati su una scala temporale di 11.000 anni: si conferma una variabilità molto modesta fra meno 0,2 gradi e più 0,3 gradi. La zona in azzurro chiaro da una idea dell’ incertezza sui valori riportati (poco più di un decimo di grado). A destra in fondo c’è il solito picco rosso che schizza sopra i 0,4 gradi in un intervallo di tempo molto breve.

Greta è portatrice di un messaggio di una semplicità rivoluzionaria



Concentriamoci ora sugli ultimi 1200 anni, come riportato nel grafico seguente. Le oscillazioni sono ben all’interno di circa mezzo grado, tranne quando schizzano verso l’alto di quasi un grado nell’ultimo secolo. Notiamo in questo grafico che il periodo “caldo” fra il 900 DC ed il 1300 DC, chiamato Anomalia Climatica Medioevale, corrisponde ad un valore di un paio decimi più alto della fine del secolo scorso, ed il periodo “freddo” corrispondente alla piccola glaciazione avvenuta tra il 1400 ed i 1900, corrisponde a valori di 3-4 decimi di grado sotto il valore della fine del secolo scorso.

Greta è portatrice di un messaggio di una semplicità rivoluzionaria


Cosa si impara da questi dati? In primo luogo, la nostra specie si è sviluppata in un contesto particolarmente stabile dal punto di vista climatico. Poi, che tutte le società esistite su questo pianeta si sono sviluppare nel corso di 11.000 anni di straordinaria stabilità climatica. Le piccole variazioni della temperatura globale, corrispondenti a meno di mezzo grado, hanno portato a cambiamenti climatici molto importanti, periodi caldi o mini glaciazioni, che hanno influenzato sostanzialmente la vita della specie umana.

Infine, che non vi è mai stata in tutta la storia del clima, una variazione così rapida come ai giorni nostri. Durante le glaciazioni la temperatura variava di 1 grado ogni mille anni, nell’ultimo secolo è salita di 0,8 gradi (8 volte di più), 
e oggi sta salendo di 0,15-0,20 gradi ogni dieci anni, 20 volte di più!

È un fenomeno che non è mai stato osservato in tutta la storia del pianeta. A cosa è dovuto? Andiamo per indizi: la rivoluzione industriale, in meno di due secoli ha moltiplicato enormemente l’impatto dell’uomo sul pianeta (aria, acqua, materie prime, agricoltura). Prima del 1800, l’impatto umano sul clima non poteva che essere molto limitato. Ma questo non basta a dimostrare che l’influenza è sufficiente a modificare la temperatura.

Ci servono due altri grafici (poi ho finito). Il primo mostra la concentrazione di anidride carbonica (CO2) nell’atmosfera negli ultimi 400.000 anni, il secondo l’andamento della temperatura media nello stesso periodo.

Attenzione: la scala dei tempi è rovesciata, lo zero corrisponde ad oggi e via via che si va a destra si va indietro nel tempo.

Notate la perfetta corrispondenza tra gli aumenti della CO2 nell’aria e gli aumenti della temperatura?

Notate il picco della CO2 all’estrema sinistra del primo grafico? Quel picco ripidissimo e anomalo, corrisponde all’ultimo secolo della crescita industriale, e, guarda caso, alla corrispondente rapidissima crescita della temperatura : nell’ultimo grafico, nemmeno è visibile a causa della scala compressa, ma era visibilissima nei grafici precedenti.

Greta è portatrice di un messaggio di una semplicità rivoluzionaria

Greta è portatrice di un messaggio di una semplicità rivoluzionaria



Credo che ora abbiamo a disposizione argomenti oggettivi per controbattere chi sostiene che il clima è sempre cambiato e che non l’uomo non c’entra nulla. E’ assolutamente vero che la temperatura è cambiata in modo importante su tempi lunghissimi, ma non è mai successo negli ultimi cinque milioni di anni di vedere una variazione così veloce come negli ultimi 150 anni.

Il collegamento tra la presenza dei gas serra e la temperatura è chiarissimo; di nuovo, l’aumento repentino di gas serra nell’ atmosfera è una caratteristica del periodo post rivoluzione industriale.

Il colpevole è stato scoperto.

Elementare Watson, grazie Greta.
 #listentoscience

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venerdì 20 settembre 2019

Carne, ecco Quanto Inquina

Carne, ecco Quanto Inquina

L’allevamento intensivo, sopratutto quello dei bovini, ha un impatto ambientale sconcertante. Abbattimento di foreste, consumo d’acqua, emissione di gas serra, spargimento di prodotti chimici. Un danno gigante per la salute umana, e del pianeta.

Da una decina d’anni tutti i più grandi studi scientifici lo dicono, e continuano a confermarlo: la produzione di carne ha un impatto terrificante sull’ambiente. Un’analisi del 2013, comparsa su una delle più prestigiose riviste scientifiche, ha indicato l’allevamento intensivo di bestiame come l’attività umana probabilmente più impattante di tutte a livello ambientale.

Il 30% della superficie terrestre non coperta da ghiacci è utilizzata per allevare polli, maiali e bovini destinati al consumo alimentare umano. “Puoi pensare di vivere su un pianeta, in realtà vivi in una fattoria gigantesca, occasionalmente interrotta da città, foreste e oceani” esordiva  la rivista americana Time nel presentare i dati . 

Spazio ai pascoli!
E i dati sono questi: una grassa mucca occidentale consuma tra i 75 kg e i 300 kg di sostanza secca (foraggio, cereali, leguminose etc) per produrre 1 kg di proteine. Solo parlando di cereali, se ne producono 1,3 miliardi di tonnellate all’anno per nutrire gli animali da allevamento. Praticamente oltre la metà della produzione mondiale annua (2.5 miliardi di tonnellate).

Cosa significa questo? Che bisogna fare spazio per la loro coltivazione. Innanzitutto, abbattendo le foreste. E quelle pluviali non vengono certo risparmiate, anzi. Ogni anno a quello scopo ne vengono abbattuti sulla Terra migliaia e migliaia di ettari. Si calcola che per ogni hamburger importato dall’America Centrale siano stati abbattuti e trasformati a pascolo circa sei metri quadrati di foresta. L’88% della foresta amazzonica disboscata è diventata un pascolo. E quei terreni, senza più le radici degli alberi a tenerli insieme, sono soggetti a erosione (ossia a usura) e desertificazione (circa il 70% dei terreni adibiti a pascolo sono i via di desertificazione, secondo l’ONU).

Carne, ecco Quanto Inquina


Metti una mucca, ottieni una serra
Non solo: alle mucche si deve una quantità immensa di gas a effetto serra, quei gas che sono la causa prima del cambiamento climatico. Come? Durante il processo di digestione rilasciano metano - e protossido di azoto attraverso la decomposizione del letame. Chiamiamola pure flatulenza, il risultato è che i gas a effetto serra associati alla filiera produttiva equivalgono a ben il 14,5% per cento di tutte le emissioni di gas serra prodotte dagli esseri umani, secondo i dati della FAO del 2013. E, dal 1961 in avanti, queste emissioni animali non hanno fatto che aumentare, di oltre il 50%. Tra tutti, sono decisamente i bovini quelli che inquinano di più: con un 74% di emissioni che viene da loro, i bovini inquinano più delle auto, come hanno dimostrato i dati di uno studio californiano del 2012.

L’orma del cibo
Per questo si parla di “Foodprint”, ossia l’impatto ambientale della produzione di cibo, una parola che deriva dal termine inglese “carbon footprint”, l’indicatore che misura l’impatto delle attività umane sul cibo globale. La foodprint della carne è altissima. Un chilo di maiale produce 12,1 Kg di Co2 contro meno di u chilo per produrre 1 kg di lenticchie.  Un chilo di agnello costa 39,2 kg di Co2 – come viaggiare i auto per circa 160 km. E per portare un semplice hamburger di manzo in tavola ci vogliono 2,5 Kg di anidride carbonica, oltre 2400 litri di acqua e 18 m2 di superficie terrestre. L’uso dell’acqua è un altro fattore-chiave: per mangiare carne se ne consuma da 5 a 10 volte di più di quella che mangiando vegetariano.

Per produrre 1 kg di carne bovina ce ne vogliono circa 15 mila litri, il che corrisponde più o meno a 110 vasche da bagno, e che vuol dire che per produrre una bistecca si sono consumati quasi 5000 litri di acqua. Per 1 kg di maiale ce ne vogliono 6000. Per 1 kg di riso poco più di 2.500. 

Mica per niente la Danimarca, Paese civile per eccellenza, sta in questi tempi seriamente considerando d’introdurre una tassa per cercare di disincentivare il consumo di carne, considerato troppo inquinante. La tassa sulla carne rossa è caldeggiata dal Consiglio nazionale sull’etica, che considera un obbligo civile quello di minimizzare il proprio impatto sul clima. 

Carne, ecco Quanto Inquina


Chimici e antibiotici
Non è solo una questione di clima: gli allevamenti intensivi inquinano aria e acqua, dato che vengono utilizzate enormi quantità di prodotti chimici, tra cui fertilizzanti, pesticidi ed erbicidi, che penetrano nel terreno ed inquinano le acque (e il cibo stesso. Negli Stati Uniti, per esempio, l’80% degli erbicidi è utilizzato nelle coltivazioni di mais e soia destinate agli animali.

Anche lo smaltimento delle deiezioni animali, spandendo i liquami nel terreno, è fonte d’inquinamento: questo letame non può fare da concime, perché non è “sano” lui a monte. Inoltre non bisogna dimenticare l’abuso di antibiotici nel mangime del bestiame, anch’esso fonte di seri rischi per la salute umana. Forse è davvero il caso, se non di eliminare, almeno di ridurre all’osso il consumo di carne.  Un animale allevato in modo non intensivo, nel rispetto dell'animale stesso, della natura e di noi stessi, ha certamente un impatto diverso, anche sul Pianeta. Consumare carne o meno è una scelta personale, certo salta all'occhio l'opportuniità di un consumo non esagerato e responsabile.


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Afghanistan, 900 miliardi di Dollari per 16 anni di Guerra

Afghanistan, 900 miliardi di Dollari per 16 anni di Guerra


Il rapporto di MIL€X secondo il quale "si tratta della più lunga e costosa campagna militare della storia italiana". Le vittime sono oltre 140 mila, tra cui almeno 26 mila civili. A questi si aggiungono oltre 3.500 soldati NATO (di cui 53 italiani, più 650 feriti), almeno 1.700 contractor di varie nazionalità e oltre 300 cooperanti stranieri'.

Afghanistan, 900 miliardi di Dollari per 16 anni di Guerra


La guerra in Afghanistan è costata 900 miliardi, 7,5 per l'Italia. Il costo sostenuto per gli Stati Uniti dal 2001 a oggi è di 827 miliardi di dollari (attualmente circa 45 miliardi l'anno) ma se si sommano questi costi aggiuntivi - accuratamente stimati da analisti delle università americane Harvard e Brown la cifra raddoppia. Lo afferma il rapporto ''Afghanistan, sedici anni dopo'' dell'osservatorio MIL€X secondo il quale "si tratta della più lunga e costosa campagna militare della storia d'Italia". ''Rimanendo alla sola spesa ufficiale - prosegue il Rapporto - 16 anni di guerra in Afghanistan sono costati complessivamente a tutti i Paesi che vi hanno partecipato all'incirca 900 miliardi dollari: circa 28 mila dollari per ogni cittadino afgano — cifra enorme se confrontata al reddito annuo medio afgano di circa 600 dollari''. Per quanto riguarda l'Italia, rileva l'osservatorio, il costo ufficiale della partecipazione alle missioni militari in Afghanistan a partire dal novembre 2001 (Enduring Freedom fino al 2006, ISAF fino 2014, Resolute Support dal 2015) è di 6,3 miliardi di euro, vale a dire oltre un milione di euro al giorno in media.

A questo costo ''va aggiunto l'esborso di 360 milioni a sostegno delle forze armate afgane (120 milioni l'anno a partire dal 2015) e circa 900 milioni di spese aggiuntive relative al trasporto truppe, mezzi e materiali da e per l'Italia, alla costruzione di basi e altre infrastrutture militari in teatro, al supporto operativo della Task Force Air (Emirati, Qatar e Bahrein) e degli ufficiali di collegamento distaccati presso Comando Centrale USA di Tampa, Florida, al supporto d'intelligence degli agenti AISE, della protezione attiva e passiva delle basi, al supporto sanitario del personale della Croce Rossa Italiana, alla protezione delle sedi diplomatiche nazionali e alle attività umanitarie militari strumentali (CIMIC, classificate all'estero, con più realismo, come Psy Ops, cioè guerra psicologica: aiuti in cambio di informazioni). Si arriva così a oltre 7,5 miliardi, a fronte di 260 milioni investiti in iniziative di cooperazione civile''.

Afghanistan, 900 miliardi di Dollari per 16 anni di Guerra


L'osservatorio tira le somme delle vittime civili ''in aumento, soprattutto bambini. Secondo le stime più attendibili, rileva il rapporto, ''sono oltre 140 mila morti dall'inizio dell'intervento occidentale in Afghanistan, per metà combattenti talebani (o presunti tali), l'altra metà quasi equamente divisa tra giovani afgani delle forze di sicurezza e civili, almeno 26 mila — secondo uno studio condotto dalla Brown University — i civili uccisi nel corso della missione ISAF (2001-2014), cui si aggiungono quasi 9 mila morti — secondo i dati pubblicati dalla missione ONU in Afghanistan (UNAMA) — dall'inizio della missione RS (2015). A questi si aggiungono oltre 3.500 soldati NATO (di cui 53 italiani, più 650 feriti), almeno 1.700 contractor di varie nazionalità 
e oltre 300 cooperanti 17 stranieri''.

Afghanistan, 900 miliardi di Dollari per 16 anni di Guerra


A fronte di questi dati, l'osservatorio si chiede quali siano stati i progressi nei sedici anni? ''A parte un lieve calo del tasso di analfabetismo (dal 68% del 2001 al 62% di oggi) e un modestissimo miglioramento della condizione femminile (limitato alle aree urbane maggiori), attribuibili al lavoro delle organizzazioni internazionali e delle ONG, non alla NATO), l'Afganistan ha ancora oggi il tasso più elevato al mondo di mortalità infantile (su mille nati, 113 decessi entro il primo anno di vita ), tra le più basse aspettative di vita del pianeta (51 anni, terzultimo prima di Ciad e Guinea Bissau ) ed è ancora uno 22 dei Paesi più poveri del mondo (207° su 230 per ricchezza procapite ). Politicamente, il regime integralista islamico afgano (fondato sulla sharìa e guidato da ex signori della guerra dell'Alleanza del Nord espressione della minoranza tagica) è tra i più inefficienti e corrotti al mondo ed è lontanissimo dallo standard minimo di una Stato di diritto democratico: censura, repressione del dissenso e tortura sono la norma''. Insomma, ''la cartina al tornasole dei 'progressi' portati dalla presenza occidentale in Afghanistan è il crescente numero di afgani che cerca rifugio all'estero: tra i richiedenti asilo in Europa negli ultimi anni, gli afgani sono i più numerosi dopo i siriani'', 
conclude il rapporto di MIL€X.


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Guerra in Afghanistan Costi in Italia

Guerra in Afghanistan Costi in Italia


Quanto è costata la guerra in Afghanistan? All’Italia 7,5 miliardi di euro

Tra le spese indifferibili che compaiono nel bilancio dello Stato, c’è quello delle missioni militari all’estero che vengono ormai rifinanziate ogni anno senza alcuna opposizione. Gli unici che lo hanno fatto, nel 2008, furono due senatori della sinistra (Turigliatto e Rossi) che ne subirono tutte le conseguenze e furono messi fuori dai loro partiti
 – Prc e PdCI – 
che allora facevano parte del governo Prodi.

Anche quest’anno, mentre si discuteva del nuovo governo Conte e della manovra di bilancio da realizzare nei prossimi mesi, insieme alle cifre delle clausole di salvaguardia sull’Iva, veniva sempre fuori il dato di 4 miliardi di spese indifferibili che vanno sempre e comunque messe a bilancio e coperte dalla spesa pubblica. Uno dei capitoli di queste spese sono proprio le missioni militari all’estero. E dall’aria che tira non ci sembra proprio che dentro il nuovo governo gialloblu ci sia qualcuno che voglia rimettere in discussione – sul piano politico e su quello economico – la prosecuzione di queste operazioni di affiancamento alle aggressioni imperialiste realizzate dagli Usa o dalla Nato in questi anni. Insomma, su spese e interventismo militare (spesso mascherato con i rassicuranti termini di peace keeping o peace building), non si registra mai alcuna discontinuità, anzi si conferma la totale convergenza bipartisan o “tripartisan” più recentemente.

Ma quanto ci costano e quanto ci sono costate queste missioni militari?
L’Osservatorio Milex, ha puntato il microscopio su quella in Afghanistan e o dati rilevati ci parlano di una spesa di 7,5 miliardi di euro dal suo inizio, nel 2001, fino ad oggi.

Se dovessimo procedere con il criterio dei costi e benefici, un bilancio si impone ed è impietoso da ogni punto di vista, sia per la popolazione afghana sia per il nostro paese.

Il Rapporto Milex scrive che in termini di vite umane il conflitto ha causato 140mila vittime afgane, e tra queste ben 35mila sono civili. Tremilacinquecento sono invece stati i soldati occidentali deceduti in combattimento, 53 dei quali italiani. Morti anche almeno 1.700 contractors di varie nazionalità e oltre 300 cooperanti. Dati impressionanti, al fronte dei quali sarebbe lecito attendersi importanti progressi nelle condizioni del paese. Invece, spiega il report di Milex, “a parte un lieve calo del tasso di analfabetismo (dal 68% del 2001 al 62% di oggi) e un modestissimo miglioramento della condizione femminile (limitato alle aree urbane maggiori), attribuibili al lavoro delle organizzazioni internazionali e delle ONG, l’Afganistan ha ancora oggi il tasso più elevato al mondo di mortalità infantile (su mille nati, 113 decessi entro il primo anno di vita ), tra le più basse aspettative di vita del pianeta (51 anni, terzultimo prima di Ciad e Guinea Bissau ) ed è ancora uno 22 dei Paesi più poveri del mondo (207° su 230 per ricchezza procapite ).

Secondo il Rapporto Milex, il costo sostenuto dall’Italia a partire dal novembre 2001 in tutte le missioni (Enduring Freedom fino al 2006, ISAF fino 2014, Resolute Support dal 2015) è di 6,3 miliardi di euro, cioè più di un milione di euro al giorno in media. A questo costo – spiega il dossier – “va aggiunto l’esborso di 360 milioni a sostegno delle forze armate afgane (120 milioni l’anno a partire dal 2015) e circa 900 milioni di spese aggiuntive relative al trasporto truppe, mezzi e materiali da e per l’Italia, alla costruzione di basi e altre infrastrutture militari in teatro, al supporto operativo della Task Force Air (Emirati, Qatar e Bahrein) e degli ufficiali di collegamento distaccati presso Comando Centrale USA di Tampa, Florida, al supporto d’intelligence degli agenti AISE, della protezione attiva e passiva delle basi, al supporto sanitario del personale della Croce Rossa Italiana, alla protezione delle sedi diplomatiche nazionali e alle attività umanitarie militari strumentali (CIMIC, classificate all’estero, con più realismo, come Psy Ops, cioè guerra psicologica: aiuti in cambio di informazioni). Si arriva così a oltre 7,5 miliardi, a fronte di 260 milioni investiti in iniziative di cooperazione civile”. 

A fronte di questi dati, il semplice buonsenso indicherebbe che è arrivato il tempo di mettere fine a queste missioni militari, alle spese che ne derivano e alla conseguenze politiche per il nostro paese sul piano delle relazioni internazionali. La stessa amministrazione Usa ha compreso che in Afghanistan ha perso la guerra scatenata nel 2001 (come del resto tutti quelli che hanno provato ad invadere l’Afghanistan, britannici e sovietici inclusi,ndr) e sta pensando di ritirare i propri militari. Non è che alla fine, per la consueta zelanteria e subalternità a Usa e Nato, sul campo rimarranno solo i soldati italiani? E quando si comincerà a discuterne dentro e fuori il Parlamento?

Guerra in Afghanistan Costi in Italia


Ogni volta che i militi dell’esercito Italiano rimangono vittima di attentati, si apre la diatriba sui compensi da loro percepiti.

Si tratta di un argomento complesso che provoca ogni volta polemica

I soldati italiani sono quelli che in Europa guadagnano meno rispetto ai colleghi; lo stipendio netto di un soldato semplice è pari a 1000 euro;  un soldato britannico ne percepisce 1500 . 
A fronte di uno stipendio con una base bassa ci sono delle indennità corpose per le missioni all’estero elargite sotto forma di diarie a partire da 100 euro al giorno ; un soldato semplice per cui può percepire 2000 euro mensili aggiuntivi al proprio stipendio che raggiunge i 4000 Euro. Un Generale percepisce uno stipendio base di 4000 Euro a cui devono essere aggiunte 3400 Euro di diarie per un totale di 7400 Euro.
Dall’interno arrivano malumori sulle differenze di trattamento economico fra missione di guerra e missione all’estero di  pace, a scopi ricostruttivi o in luoghi a basso rischio. Per la missione bellica non sono previste maggiorazioni di stipendio; per le missioni di pace o luoghi non a rischio come altri paesi europei i benefit  comprendono diarie anche di 180 Euro al Giorno.
In caso di morte del milite, la famiglia percepisce una indennità solo in caso di regolare matrimonio.


Afghanistan, 900 miliardi di dollari per 16 anni di guerra .  Il rapporto di MIL€X secondo il quale "si tratta della più lunga e costosa campagna militare della storia italiana". Le vittime sono oltre 140 mila, tra cui almeno 26 mila civili. A questi si aggiungono oltre 3.500 soldati NATO (di cui 53 italiani, più 650 feriti), almeno 1.700 contractor di varie nazionalità e oltre 300 cooperanti stranieri'

Afghanistan, 900 miliardi di dollari per 16 anni di guerra .
Il rapporto di MIL€X secondo il quale "si tratta della più lunga e costosa campagna militare della storia italiana". Le vittime sono oltre 140 mila, tra cui almeno 26 mila civili. A questi si aggiungono oltre 3.500 soldati NATO (di cui 53 italiani, più 650 feriti), almeno 1.700 contractor di varie nazionalità e oltre 300 cooperanti stranieri'...




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sabato 7 settembre 2019

Arrestato Paolo Arata, consulente di Salvini



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La procura: "Arata ha portato in dote a Nicastri i rapporti con la Lega". Blitz della Dia fra Trapani e Roma. Fermati pure i figli dei due faccendieri. Ai domiciliari, un dirigente regionale. Le accuse: “Corruzione, intestazione fittizia e autoriciclaggio”. Indagati altri tre dirigenti della Regione

Arrestato Paolo Arata, 
 consulente di Salvini per l'energia.
 In cella anche Nicastri, “re” dell’Eolico


di SALVO PALAZZOLO e CLAUDIO REALE

Due mesi dopo l’avviso di garanzia e le perquisizioni, finisce in manette Francesco Paolo Arata, ex consulente per l’Energia del ministro Matteo Salvini, due anni fa aveva contribuito a stilare il programma della Lega. Ora, è accusato di “intestazione fittizia, corruzione e autoriciclaggio”, queste le contestazioni che gli vengono mosse.

La procura di Palermo e la Dia accusano Arata di rapporti d'affari e relazioni spregiudiate con Vito Nicastri, il “re” dell’eolico vicino all’entourage del latitante Matteo Messina Denaro, anche lui è stato arrestato questa mattina. "E' emerso - scrivono il procuratore aggiunto Paolo Guido e il sostituto Gianluca De Leo - che Arata ha portato in dote alle iniziative imprenditoriali con Nicastri gli attuali influenti contatti con esponenti del partito della Lega, effettivamente riscontrati e spesso sbandierati dall'Arata medesimo e di cui informava puntualmente Nicastri".

La procura di Palermo cita in particolare alcuni dialoghi registrati il 23 dicembre 2017, durante i quali “Nicastri – scrivono i magistrati - sollecitava Arata a far intervenire il senatore Armando Siri in relazione ad un sostegno nei confronti di una persona dagli stessi sponsorizzata”. Il duo Arata-Nicastri voleva piazzare un proprio uomo nella lista della Lega in Sicilia, in vista delle elezioni nazionali.
Il blitz
Questa mattina, la Dia ha arestato anche il figlio di Arata, Francesco, Vito Nicastri e suo figlio Manlio. Ai domiciliari, il dirigente Alberto Tinnirello, che è stato in servizio all’assessorato regionale all’Energia. Indagato, per abuso d'ufficio, è invece il presidente della commissione "Via" (Valutazione di impatto ambientale) dell'assessorato regionale al Territorio, si tratta di Alberto Fonte, il cui ufficio è stato perquisito. Indagati per abuso d'ufficio pure Salvatore Pampalone (dirigente regionale e componente della commissione Valutazione Impatto Ambientale), e Vincenzo Palizzolo, capo di gabinetto dell'assessorato al Territorio.

E' scattato il sequestro di otto società del gruppo Arata-Nicastri, il provvedimento riguarda Solcara, Solgesta, Etnea, Bion, Ambra energia, Alquantara, Greta Wind e Intersolar.

L'indagine è a una svolta. Dalle perquisizioni del 17 aprile scorso, sono emersi riscontri importanti alle ipotesi d’accusa, così all'inizio di maggio il procuratore aggiunto Paolo Guido e il sostituto Gianluca De Leo hanno avanzato una richiesta di misura cauteare al gip Guglielmo Nicastro.

Intanto, alla procura di Roma, prosegue l’altro filone dell’inchiesta, che vede indagati Arata e l’ex sottosegretario leghista Armando Siri, per una mazzetta da 30 mila euro, il prezzo di un emendamento che alla fine del 2018 avrebbe dovuto aprire nuovi finanziamenti per gli affari sull’eolico con Vito Nicastri. Di quella mazzetta Arata parlò al figlio Francesco e al figlio del “re” dell’eolico nel settembre scorso. E il fascicolo è passato per competenza territoriale nella Capitale: dopo la notizia dell’inchiesta, il presidente del Consiglio Conte ha dimissionato Siri, che non intendeva farsi da parte. Arata e Siri avevano rapporti strettissimi: nel giugno scorso, era stato proprio Arata (ex deputato di Forza Italia passato alla Lega) a sponsorizzare la nomina del sottosegreario.

Le intercettazioni su Francesco Paolo Arata
Sono le parole di Francesco Paolo Arata, intercettate dalla Dia di Trapani, ad avere aperto uno scenario di affari e complicità.

“Io sono socio di Nicastri al 50 cento – diceva lui stesso a un amico avvocato – nella sostanza abbiamo un accordo societario, di co-partecipazione”. In un’altra intercettazione, con il figlio dell’imprenditore ai domiciliari per concorso esterno in associazione mafiosa, raccontava: “Nel 2015, ho dato 300 mila euro a tuo papà”. E, intanto, si vantava pure di aver sborsato diverse mazzette.

“Questi qua sono stati tutti pagati”, diceva con orgoglio al figlio Francesco mentre stava per entrare negli uffici dell'assesorato regionale all'Energia, a Palermo. Francesco Paolo Arata, l'ex professore di ecologia reclutato due anni fa da Salvini per stilare il programma della Lega, era davvero un gran dispensatore di mazzette. “Quanto gli abbiamo dato a Tinnarelli?”, sussurrava a proposito del dirigente che si occupava delle autorizzazioni per i parchi eolici, Alberto Tinnirello. “Quello è un corrotto”, diceva di un altro funzionario, Giacomo Causarano. “Un amico, una persona a noi vicina”.

A scorrere le ultime intercettazioni dell’inchiesta, emerge tutto l’orgoglio del tangentista che riesce a sbloccare quelli che lui chiama ostacoli, e invece sono le regole. Emerge anche una grave consapevolezza: Arata sapeva di fare affari in Sicilia con personaggi “a rischio”. Per le loro frequentazioni mafiose. Da una parte, Vito Nicastri; dall’altra, Francesco Isca, imprenditore oggi indagato per associazione mafiosa. La procura contesta l'aggravante di mafia a Nicastri e Arata, che però il giudice non ha al momento riconosciuto nella ordinanza. Nicastri scrive però che negli affari dei due faccendieri "c'è un elevato rischio di infiltrazioni di Cosa nostra".

E poi ci sono i rapporti con la politica. “Dalle attività di indagine — ricostruisce la procura — è emerso che Arata ha trovato interlocutori all’interno dell’assessorato all’Energia, tra tutti l’assessore Pierobon, grazie all’intervento di Gianfranco Miccichè, a sua volta contattato da Alberto Dell’Utri”. Dunque, l’ambasciatore di Vito Nicastri era riuscito a parlare con il presidente dell’Ars e con il fratello di Marcello Dell’Utri, uno dei fondatori di Forza Italia condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. Probabilmente, contatti che arrivano ad Arata dalla sua partecipazione in Forza Italia dopo l’elezione alla Camera nella circoscrizione della Toscana.

Ma le relazioni di Arata vanno molto oltre: incontra anche Calogero Mannino. Gli serve per arrivare ai vertici dell’assessorato al Territorio. Scrivono ancora il procuratore aggiunto Guido e il sostituto De Leo: “Quando l’epicentro della fase amministrativa diveniva l’assessorato al Territorio e Ambiente (per la verifica di assoggettabilità del progetto alla “Via”, valutazione di impatto ambientale), Arata è riuscito a interloquire direttamente con l’assessore Cordaro e, tramite questi, con gli uffici amministrativi di detto assessorato, dopo aver chiesto un’intercessione per tale fine a Calogero Mannino”.

Secco il commento del leader Cinque stelle Luigi Di Maio: 
"La puzza di bruciato si sentiva da lontano"

L’assessore regionale al Territorio Toto Cordaro, dal canto suo, non nega di avere incontrato Arata: “L’ho visto due volte – dice a margine della conferenza stampa convocata per annunciare una riforma dell’urbanistica – ma gli ho sempre detto di no. Nello specifico mi aveva chiesto due dichiarazioni di "non assoggettabilità" e ha ricevuto due dichiarazioni di assoggettabilità”.

Così il presidente della Regione Nello Musumeci rilancia: “Gli assessori devono incontrare i cittadini – taglia corto – ma Arata veniva alla Regione a cercare complici e trovava solo dei ‘no’. Dove lui voleva impianti privati noi abbiamo fatto partire impianti pubblici. Se ci sono responsabilità dei funzionari che finiscano in galera”. Un provvedimento immediato, intanto, viene annunciato per la commissione Via: “Fra qualche settimana – scandisce Musumeci – la commissione sarà rinnovata. Sarebbe accaduto comunque”.




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