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mercoledì 23 febbraio 2011

QUANTO COSTA L’ENERGIA NUCLEARE




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QUANTO COSTA L’ENERGIA NUCLEARE

di Ing. Paolo Mazzanti, RETE DEI CITTADINI
Le previsioni mondiali di aumento nei prossimi anni della domanda di energia elettrica sono attualmente quasi nulle, ad esclusione di Cina, India e forse Russia e Brasile, dato il loro attuale repentino sviluppo industriale.
In Italia si prevede una crescita nulla della domanda, sia per gli effetti del risparmio energetico, che per la situazione economica. Inoltre la disponibilità di potenza elettrica è doppia dell’attuale richiesta massima.
Se ne deduce che non abbiamo alcun bisogno di nuove centrali di qualsiasi tipo.
Se poi affrontiamo l’argomento costi per kwatt/ora, le centrali nucleari non sarebbero proponibili, anche se fosse necessaria più potenza. Infatti, pur con dati approssimativi, perchè sono attualmente in costruzione pochissimi prototipi di centrali nucleari (solo due in Europa), sono stati analizzati gli elementi principali di costo, cioè:
- costi dei materiali (70% di provenienza estera, quindi poco lavoro italiano);
- tempi di costruzione (previsti 4 anni, già slittati a oltre 6 anni, ma le costruzioni non sono finite!);
- vita utile consentita dalle normative dai 40 ai 60 anni (per aumentarla occorrono miliardi);
- tasso di sconto sui capitali;
- rendimenti energetici (inferiori al 40%);
- ore di esercizio effettivo (le nucleari devono subire fermi per manutenzioni anche di mesi);
- costo del capitale.
Le deduzioni, fatte da Enti come il DOE (Ministero dell’energia USA), il MIT (Massachusetts Institute of Technology) ed altri inconfutabili Istituti di fama mondiale, sono che il chilowatt/ora da nucleare ha oggi un costo di circa il 10% inferiore a quello delle centrali a gas, ma in aumento ogni anno del 15% e quindi, quando fossero attivate le centrali nucleari, il costo sarebbe nettamente superiore a qualsiasi altro sistema.
Inoltre per il piano ipotizzato di rientro dell’energia nucleare in Italia servono circa 10 centrali, necessarie per coprire il previsto 25% della potenza totale: a prezzi odierni si tratta di spendere oltre 70 miliardi di Euro, più il costo oggi praticamente invalutabile dello smaltimento e conservazione delle scorie e dei resti futuri delle centrali stesse (che devono essere “ricondizionate” a metà vita), ma che certamente supera i 20 miliardi di Euro. Chi pagherebbe simili cifre? E che ne faremmo delle attuali moderne centrali a gas, che per il “surplus” sopraddetto sono poco usate?
A riprova delle suindicate valutazioni dei costi, i governi stanno drasticamente riducendo i sostegni alle nucleari, incentivando ricerca, sviluppo ed attivazione di impianti a rinnovabili. Gli USA hanno ridotto ad 1/10 il sostegno alle nucleari (che non vengono più costruite o sono addirittura sospese a metà costruzione), l’Inghilterra lo ha azzerato, mentre l’Unione Europea ha aumentato i finanziamenti alle rinnovabili da 3,3 miliardi di Euro (2004) a 11,5 (2010).
Il CESE (Comitato Economico e Sociale Europeo), consulente della CEE, prevede infine che entro il 2030 l’energia prodotta da nucleare si ridurrà del 40%. La nazione più coinvolta del nucleare, cioè la Francia, riduce ora la “dipendenza” dallo stesso (7%) e sta facendo accordi con grandi gruppi internazionali per gasdotti (!), mente la sua azienda più specializzata nel nucleare (Areva) sta dedicando una sua divisione alle rinnovabili (sole ed eolico).
L’Italia può quindi a piccoli passi (spese) procedere a sostituire le vecchie centrali con le rinnovabili, come ci chiede la Comunità Europea, per ridurre l’emissione dei gas inquinanti.
L’ipotizzato rientro dell’Italia nel nucleare in conclusione non ha senso per gli italiani, ma solo per chi ha altri interessi ed oltretutto non deve prevedere aiuti di stato; infatti con la Legge n. 122 del 30/07/2010 il governo ha decretato di non spendere un Euro per questo tipo di finanziamenti. L’unica che potrebbe essere interessata, a parte ovviamente la francese Areva, può essere ENEL, ma a sue spese credo sia difficile, dato il suo forte indebitamento di bilancio (a fine 2009 pari a 51 miliardi). Quindi lasciamo perdere il nucleare!
P.S.: molta documentazione su questo argomento è ricavata dalla ricchissima bibliografia, presente nella pubblicazione “Si fa presto a dire nucleare” del Prof. A. Clò, docente all’Università di Bologna, che ringrazio vivamente.





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