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martedì 1 febbraio 2011
Con l´energia fai da te si creeranno milioni di nuovi posti
Con l´energia fai da te si creeranno milioni di nuovi posti
Scambio tra produttori. Le case si trasformeranno in mini centrali con un flusso continuo: non si dovrà più dipendere dagli oligopoli ma ci sarà uno scambio tra produttori
Ma questa rivoluzione tecnologica, che si annuncia come epocale, riuscirà a dare una risposta concreta nei tempi che la crisi impone?
«Per creare lavoro in tempi rapidi i settori dell´efficienza energetica e delle fonti rinnovabili sono i più adatti», risponde Rifkin, anticipando i temi della sua relazione. «Stiamo vivendo un passaggio simile a quello che ha segnato il trapasso dall´epoca del carbone a quella del petrolio: è una transizione che nel tempo assicurerà in Italia milioni di posti di lavoro e trasformerà il panorama politico creando una democrazia energetica. Tutte le case si trasformeranno in mini centrali con un flusso continuo di energia in entrata e in uscita: non si dovrà più dipendere dagli oligopoli ma si avrà un interscambio continuo tra milioni di sorgenti energetiche. Un po´ come avviene oggi per il web: il sistema verticale, dall´alto in basso, è stato sostituto da un sistema orizzontale, a rete, più sicuro e più affidabile».
Suona come la descrizione di un´utopia.
«Vent´anni fa pochi avevano immaginato il successo travolgente di internet e i fondatori di società che oggi valgono più di molti grandi gruppi dell´industria tradizionale venivano considerati visionari esaltati. Io sono convinto che tra vent´anni ci troveremo di fronte a un´analoga sorpresa sul fronte energetico».
Milioni di posti di lavoro dalle rinnovabili?
«Non solo. Se guardiamo oltre la produzione di elettricità, che è meno di un terzo dell´energia che usiamo, scorgiamo altri campi di intervento. C´è la necessità di avere più caldo o più fresco, una necessità che aumenterà con il progredire dei cambiamenti climatici, e quindi bisognerà mettere mano agli edifici. Dovranno essere meglio disposti, più isolati, capaci di produrre l´energia che consumano: vuol dire sviluppare la ricerca, innovare i materiali, moltiplicare le mini rinnovabili, creare manodopera specializzata nella costruzione dei nuovi sistemi, nella loro installazione, nell´edilizia bioclimatica».
E poi ci sono i trasporti: il settore finora più restio all´efficienza.
«Perché sono mancati il salto culturale e quello tecnologico. Da una parte nella maggior parte delle città non si è riusciti a creare un sistema avanzato di mobilità pubblica. Dall´altra non c´è stato il passaggio all´elettricità e all´idrogeno: sarà questo il futuro. Avremo milioni di automobili che viaggeranno in maniera silenziosa senza emettere gas nocivi. Milioni di batterie in cui si potrà accumulare l´energia pulita ottenuta dalle rinnovabili, mettendola in rete quando la macchina non viene usata. E un mare di nuovi occupati».
di Jeremy Rifkin
intervista di: Antonio Cianciullo
Rifkin
Jeremy
laureato in economia alla Wharton School dell'Università della Pennsylvania e in affari internazionali alla Fletcher School of law and diplomacy della Tufts University. Militante del movimento pacifista fonda nel 1969 la Citizen Commission, un'associazione che voleva portare alla luce i crimini di guerra degli Usa durante il conflitto in Vietnam. Fin dagli anni '70 si occupa di globalizzazione e nuove tecnologie. È presidente della Foundation on economic trends di Washington, della Greenhouse Crisis Foundation e insegna alla Wharton School of finance and commerce. Fra i suoi libri tradotti in italiano: La fine del lavoro (1995), Il secolo biotech (1998), e, per Mondadori, Entropia (1982), L'era dell'accesso (2000), Ecocidio (2001), Economia all'idrogeno (2002) e Il sogno europeo (2004).
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