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mercoledì 15 settembre 2010

La corsa all’energia pulita



NAPOLI. Lo scorso 2 settembre Steven Chu (vedi SOTTO ), premio Nobel per la fisica e Segretario del Department of Energy degli Stati Uniti d'America, ha annunciato la creazione di un nuovo istituto di ricerca sulle "energie pulite", il Clean Energy Research Center (CERC). Il centro avrà due obiettivi: migliorare l'efficienza energetica delle automobili e trovare un modo efficace per la cattura e lo stoccaggio di anidride carbonica, rendendo così utilizzabile anche il carbone in un quadro di prevenzione dei cambiamenti climatici.
L'investimento economico sul CERC è, per ora, relativamente modesto: 150 milioni di dollari. Ma l'investimento politico è enorme: il centro, infatti, nasce in joint-venture con la Cina. I due paesi sono nel medesimo tempo i più grandi utenti al mondo di "energie non pulite" e i due più grandi investitori al mondo in "energie pulite". Secondo un'indagine della Pew Charitable Trusts, un gruppo indipendente di ricerca che ha pubblicato di recente un rapporto intitolato Who's Winning the Clean Energy Race? (Chi sta vincendo la corsa alle energie pulite?), la Cina è il paese che ha investito di più nel 2009 in "energia pulite": 34,6 miliardi di dollari. E al secondo posto vengono proprio gli Stati Uniti: 18,6 miliardi di dollari.
La differenza tra i due paesi è, però, notevole. E questo ha due riflessi. Uno sull'economia reale: la Cina è il maggior esportatore al mondo di tecnologie nel campo dell'energia solare e dell'energia eolica. L'altro sull'economia, per così dire, percepita. Come ha più volte sottolineato il presidente Barack Obama, lo sviluppo delle energie pulite è questione di importanza strategica. E gli Usa non devono perdere la competizione globale. Soprattutto non devono concedere alla Cina questo vantaggio cruciale.
Che il settore, d'altra parte, sia realmente promettente lo dimostra il fatto che tra il 2005 e il 2009 gli investimenti mondiali in "energia pulita" sono aumentati del 230%, passando da 70 a 162 miliardi di dollari. Quest'anno l'aumento dovrebbe essere di un ulteriore 25%, portando gli investimenti globali a 200 miliardi di dollari. Le energia pulite sono la punta di diamante della green economy.
L'idea di creare centri comuni di ricerca - il CERC dovrebbe essere il primo di una serie - fornisce, dunque, un'indicazione politica forte: la competizione tra Usa e Cina in questo settore strategico può essere solidale e non aggressiva. Con vantaggio di tutti.
Già, ma perché considerare solo la partita a due? In realtà anche altri possono dire la loro. A iniziare dall'Europa. Che, con 40 miliardi di dollari spesi nel 2009, resta la regione al mondo che investe di più in energia pulita. Europei sono anche i paesi che investono di più in termini relativi (0,74% del Pil, la Spagna; 0,51% del Pil la Gran Bretagna; la Cina è solo terza con lo 0,39% del Pil). Il guaio degli europei è che, ancora una volta, vanno divisi alla gara.
Tanti investimenti stanno producendo risultati tangibili. Nel 2009, per esempio, nel mondo la potenza di "energia rinnovabile" installata ammontava a 250 GW (vento, piccola idroelettrico, biomasse, solare, geotermico): più o meno il 2,5% dei consumi di energia elettrica dell'intero pianeta. Gli Stati Uniti, con una potenza già installata di "energia pulita" di 53,4 GW, sono primi nel settore. Tallonati molto da vicino però dalla Cina, che ha una potenza installata di 52,5 GW. La quota maggiore di energia pulita prodotta negli Usa viene dal vento e dalle biomasse. In Cina la quota maggiore viene dal piccolo idroelettrico e dal vento: anche se Pechino conta di arrivare a 30 GW installati di potenza eolica entro il 2020.
Terza, in questa speciale classifica, viene la Germania con 35,4 GW di potenza installata. La Germania è seconda assoluta nell'eolico, ma prima assoluta (con 5,5 GW di potenza già installata) nel solare: considerata da molti l'energia rinnovabile col futuro più promettente. Al quarto posto viene la Spagna, con 22,3 GW di potenza installata. Il paese iberico è quarto assoluto nell'eolico e secondo assoluto, insieme al Giappone, nel solare.
L'Italia non è messa male, in questa classifica. È infatti tra i primi dieci paesi al mondo per potenza installata. Nel nostro paese sta crescendo l'eolico e abbiamo un settore geotermico molto sviluppato. Il problema del nostro paese è che non riesce ancora a produrre le tecnologie pulite di cui ha bisogno. Problema che si può risolvere solo aumentando gli investimenti in ricerca. Come fanno in Germania o in Spagna. E come fanno Usa e Cina, anche insieme.


Gli hub energetici di Steven Chu

Pietro Greco
NAPOLI. Il primo verrà allestito presso il Building 661 del Philadelphia Navy Yard, in un complesso di 486 ettari lungo il fiume Delaware dove si sono addestrate generazioni di giovani della marina militare. Ma presto, negli Stati Uniti, ci saranno altri due hub che inaugureranno nuovi obiettivi e un nuovo modo di fare ricerca della prima potenza scientifica del mondo.
Sono gli hub voluti e progettati da Steven Chu (Nella foto), il premio Nobel per la fisica voluto da Barack Obama a capo del Department of Energy (DOE). Hanno una missione chiara, ma dall'esito niente affatto scontato: cambiare il paradigma energetico americano e trasformare il paese da vagone piombato a locomotiva del treno internazionale contro i cambiamenti del clima globale.
In questi tre hub a carattere regionale verranno concentrati - ecco la novità - tutti gli sforzi di ricerca scientifica per raggiungere altrettanti obiettivi altamente finalizzati di interesse nazionale. Il Building 661 del Philadelphia Navy Yard, per esempio, ospiterà i ricercatori del consorzio guidato dalla Pennsylvania State University che ha appena vinto il bando di un concorso che metteva in palio 129 milioni di euro, in cinque anni, per realizzare il Greater Philadelphia Innovation Cluster (GPIC) dell'hub Energy Efficient Buildings. A Filadelfia, dunque, gli esperti del consorzio cercheranno le migliori tecnologie possibili per raggiungere la massima efficienza energetica possibile negli edifici, privati e pubblici. Il settore è considerato strategico per la politica di risparmio dell'energia, visto che è all'interno degli edifici che si usa il 40% dell'energia consumata dagli Stati Uniti.
Il secondo hub sarà realizzato a Berkeley, presso la University of California, e sarà dedicato alla ricerca nel settore dell'energia solare e, in particolare, ai "Fuels from Sunlight", ai combustibili che si possono ottenere facendo interagire la luce del Sole con l'acqua (si pensa alla produzione di idrogeno, un vettore energetico candidato a sostituire il petrolio in molti usi), ma anche con altre sostanze di facile accesso in natura.
Il terzo e (per ora) ultimo hub sarà ospitato presso l'Oak Ridge National Laboratory, che il medesimo Department of Energy possiede in Tennessee. Sarà dedicato a "Nuclear Energy Modeling and Simulation Energy", alla ricerca non tanto alla creazione di nuove tecnologie del "nuovo" nucleare, quanto piuttosto alla realizzazione di un "ambiente virtuale" adatto a condurre simulazioni dei comportamenti dei futuri reattori in modo da evitare costose sperimentazioni reali.
Steven Chu aveva chiesto, in realtà, la creazione di otto hub. Obama e il Congresso gliene hanno concesso tre. Ma questi tre ci danno un quadro abbastanza chiaro della politica di ricerca energetica degli Usa.
Perché dimostrano che il cambio di paradigma energetico è considerato davvero un obiettivo strategico per gli Stati Uniti e, quindi, per la sua ricerca applicata. Tutti questi progetti, da realizzare entro cinque anni, hanno ampie dotazioni finanziarie.
Perché indicano i tre settori in cui gli Stati Uniti giocheranno la maggior parte delle loro carte: il risparmio energetico (un vero cambio di occhiali culturale, negli Usa), l'energia solare e il nuovo nucleare.
Perché, infine, ci dicono che in questi tre settori gli Usa cercano non solo le tecnologie innovative per risolvere i loro problemi, ma anche quelli degli altri. Perché saranno tecnologie che potranno essere vendute, aumentando la capacità di competere dell'economia americana in un settore, strategico appunto, dove l'Europa è già più avanti e dove l'Asia (in particolare Cina e Corea) stanno investendo risorse senza precedenti.
Gli hub di Steven Chu dimostrano che la "green economy" sta diventando una faccenda tremendamente seria.


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