Trovata nei pesci 11 km sotto alla superficie
Partiti per studiare le creature degli abissi, dei biologi inglesi hanno trovato microplastica nelle pance di alcuni gamberetti. Sei fosse oceaniche, inclusa quella delle Marianne, contengono residui di nylon e altre fibre artificiali. "Non esiste più un punto del mare non inquinato"
di ELENA DUSI
Cercavano nuove specie viventi negli abissi degli oceani. E hanno trovato la plastica. Un gruppo di biologi inglesi ha calato i suoi “ami” fino a 11mila metri di profondità, nella Fossa delle Marianne. Ha pescato gamberetti capaci di vivere in condizioni estreme di buio e pressione, oltre 6mila metri sotto alla superficie. Uno dei primi indizi che i ricercatori osservano in questi casi è il contenuto dello stomaco. Nel loro apparato digerente sono spuntate minuscole fibre di plastica, per lo più nylon o altri filati sintetici provenienti dai nostri vestiti. Erano sminuzzate e degradate da anni trascorsi nell’acqua salata, ma conservavano ancora la loro tinta nitida.
“Dentro di me mi aspettavo qualcosa di simile. Ma non fino a questo punto” racconta Alan Jamieson, ecologo marino dell’università di Newcastle. E’ lui il primo autore di uno studio pubblicato sulla rivista Royal Society Open Science. I biologi, curiosamente, hanno anche stilato la classifica delle tinte più di moda in fondo al mare. Quattro microplastiche su cinque sono blu, colore particolarmente in voga nella Fossa delle Marianne (lì non c'erano tinte alternative). Seguono nero e rosso. In fondo alle preferenze viola e rosa.
La spedizione inglese ha raggiunto sei fosse oceaniche, cinque sul lato occidentale del Pacifico e una sul lato orientale, al largo del Cile, tra il 2008 e il 2017. Ha calato delle reti a imbuto e pescato 90 esemplari di Lysianassoidea, un crostaceo di pochi centimetri che disdegna profondità inferiori ai sei chilometri e che – come molte creature degli abissi - ha un aspetto spettrale, con il corpo pallido o semitrasparente. Questo animale ha la necessità di non essere schizzinoso in fatto di dieta: in quei deserti in fondo al mare, giocoforza, si mangia un po’ tutto quello che cade dall’alto. E 65 degli esemplari pescati avevano una o più fibre di plastica nei loro intestini. La percentuale più bassa era nella Fossa delle Nuove Ebridi, a est dell’Australia (il 50% dei campioni era inquinato). La più alta nella Fossa delle Marianne, incluso a Challenger Deep, che a 10.890 metri è il punto più profondo della Terra. Qui il 100% dei gamberetti aveva almeno un frammento di plastica in pancia, lungo più o meno un millimetro. Facendo la proporzione, spiega Jamieson: "E' come se un uomo mangiasse una corda di due metri".
L’inquinante forse più diffuso del mondo era già stato trovato nella Fossa delle Marianne, ma nell’acqua, non nelle creature degli abissi. Il record di profondità, per una creatura con la plastica in pancia, era fino a ieri di 2.200 metri, nell'Atlantico del Nord. Si stima che fra i 300 milioni di tonnellate di questo materiale prodotte ogni anno, 250mila tonnellate fluttuino oggi nei mari, sminuzzati dal sole e dall'acqua salata, sparpagliata in 5 miliardi di frammenti. Le conseguenze sulla salute degli esseri viventi non sono state ancora studiate in modo approfondito. Le prime osservazioni indicano che la plastica provoca una leggera infiammazione dei tessuti dell’intestino (l’infiammazione è una condizione che può favorire il cancro), ma soprattutto può legarsi alle sostanze chimiche più varie, fungendo da “cavallo di Troia” per altri inquinanti pericolosi.
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Agli inizi del Novecento l’Italia produceva più canapa di quanta se ne produca oggi in tutto il mondo, dedicando oltre 90mila ettari alla coltivazione di questo vegetale. Nel nostro Paese, in base alle diverse lavorazioni, se ne ricavavano fibre tessili, corde, carta e oli commestibili.
Poi il regime fascista dichiarò l’hashish nemico della razza e droga da “negri”, contribuendo ai malintesi tutt’ora presenti nella nostra società, perché creò confusione tra i termini di cannabis, marjuana e hashish: la prima indica infatti la pianta nella sua totalità, la seconda intende i fiori mentre la terza consiste nella resina estratta dai fiori e solo gli ultimi due,
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