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mercoledì 5 marzo 2014

Legambiente presenta Tutti in classe A


Tutti in classe A
Molti degli edifici dove viviamo e lavoriamo non hanno un adeguato isolamento termico. 
Uno spreco di energia insensato che fa aumentare le bollette e il riscaldamento globale
Legambiente presenta Tutti in classe A, la radiografia energetica del patrimonio edilizio italiano

Tutti in Classe A: 500 edifici analizzati da Bolzano a Catania. Le termografie bocciano edifici progettati da Fuksas, Portoghesi, Krier. In troppe regioni regole inadeguate e nessun controllo sulle certificazioni promosse solo Trento, Bolzano, Piemonte e Lombardia. “1000 euro di risparmio per famiglia all’anno con interventi di efficienza in edilizia. Ma servono controlli e nuove politiche per la riqualificazione dei condomini”

Le nostre case possono essere comode e sicure, ben isolate e correttamente soleggiate, oppure possono essere scomode e dispendiose, troppo calde d’estate e fredde in inverno; possono contribuire a migliorare la nostra qualità della vita o, al contrario, pesare significativamente sulla spesa familiare per raggiungere minimi livelli di benessere e contribuire enormemente all’inquinamento urbano determinato dagli impianti di riscaldamento, che per scaldare adeguatamente questi edifici colabrodo bruciano combustibili fossili. L’innovazione ambientale rappresenta, inoltre, la via più interessante e utile per risollevare il settore immobiliare e dell’edilizia nel suo complesso, grazie alle notevoli opportunità che offre anche in termini occupazionali ed economici.

Questi i presupposti dell’indagine di Legambiente Tutti in classe A, sulla qualità del patrimonio edilizio italiano, presentata oggi a Roma, dal vice presidente di Legambiente Edoardo Zanchini in una conferenza stampa che ha visto anche la partecipazione di Leopoldo Freyrie (Presidente CNAPPC, Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori), e Antonio Scala (Responsabile Energy Service Mass Market Enel Energia).

L’indagine ha preso in considerazione oltre 500 edifici in 47 città italiane, grazie a un team di esperti che viaggiando da nord a sud del Paese, ha fotografato con un’apparecchiatura termografica la situazione termica degli edifici confrontando le rese di costruzioni recenti, firmate anche da note archistar con palazzi costruiti nel dopoguerra e edifici dove sono stati realizzati interventi di retrofit, evidenziando come una riqualificazione energetica ben fatta possa permettere di realizzare risultati significativi di riduzione dei consumi energetici.

“In un periodo di crisi drammatica come quello che sta vivendo il mercato immobiliare italiano, la sfida di innovazione proposta dall’Unione europea va assolutamente raccolta – ha dichiarato il vice presidente di Legambiente Edoardo Zanchini – perché attraverso la chiave dell’energia è possibile riqualificare gli edifici in cui viviamo e lavoriamo, per renderli oltre che meno energivori più belli, ospitali, salubri. E’ una opportunità che va colta fino in fondo, per arrivare ad azzerare le bollette delle famiglie, per creare lavoro in un campo ad alto tasso di occupazione e con importanti possibilità di ricerca applicata. Ma questa direzione di cambiamento responsabilizza tutti, dalla pubblica amministrazione agli imprenditori edili, dai progettisti ai cittadini. In 13 regioni

– ha continuato Zanchini – non esiste alcun tipo di controllo sui certificati di prestazione energetica degli edifici e così si calpestano i diritti dei cittadini che dovrebbero essere correttamente informati sulle prestazioni energetiche e sulla sicurezza delle loro abitazioni”.

L’analisi termografica ha riguardato edifici residenziali, scuole e uffici costruiti nel dopoguerra e altri più recenti. Sono state verificate anche le prestazioni di quelli già certificati di Classe A e di quelli ristrutturati, e di alcuni edifici costruiti dopo il 2000, ossia dopo l’adozione delle direttive europee in materia di risparmio energetico e isolamento Su gran parte di questi immobili, nuovi e già vecchi, i problemi sono evidenti. Da Milano a Torino, fino alla periferia di Bari, dal progetto C.A.S.E. a L’Aquila, al quartiere Parco Leonardo a Roma, si ravvisano problemi di elementi disperdenti, con distribuzione delle temperature superficiali estremamente eterogenee. Spesso anche per edifici che si promuovono come “biocase” o a basso consumo energetico.

Che in “Classe A” si viva meglio lo dimostrano invece le termografie di edifici ben progettati, costruiti e certificati, come il quartiere Casanova a Bolzano o alcuni immobili nuovi o ristrutturati a Firenze, Udine o Perugia, che mostrano un comportamento omogeneo delle facciate e l’assenza di ponti termici significativi, la precisa scelta di sfruttare al meglio l’esposizione dell’edificio e l’uso di specifici materiali per le diverse facciate al fine di sfruttare al meglio la radiazione solare, minimizzando i consumi energetici per il condizionamento invernale con un risparmio, per i fortunati abitanti di questi edifici, fino a 2mila euro ogni anno.

Attenzioni e benefici che non ritroviamo, purtroppo, nemmeno in edifici progettati da architetti di fama internazionale e costruiti negli ultimi dieci anni, come mostrano le termografie realizzate su edifici costruiti a Milano, Roma e Alessandria da Fuksas, Krier e Portoghesi, dove l’analisi a infrarossi ha dato risultati simili a quelli di altri edifici recenti di firme meno prestigiose, con difetti nelle superfici perimetrali ed elementi disperdenti nelle strutture portanti.

“In tutti e tre gli edifici ‘famosi’ analizzati, l’impronta architettonica che si voleva proporre è chiara e riconoscibile – commenta Edoardo Zanchini – mentre manca l’attenzione all’efficienza energetica. Attenzione che invece ha caratterizzato positivamente un edificio progettato da Cino Zucchi a Milano, con ottime prestazioni di isolamento. E’ indispensabile – ha concluso Zanchini - che tutti, dalle archistar ai tecnici e a chi costruisce, contribuiscano a rendere più bella e efficiente l’edilizia italiana”.

In questo rapporto si segnalano, inoltre, la situazione e i problemi della normativa nazionale, l’articolato e inadeguato quadro di regole nelle diverse regioni in particolare per quanto riguarda controlli e sanzioni, ma anche le buone pratiche attuate da alcuni Comuni. Gli edifici, infatti, sono responsabili di una grossa fetta dei consumi energetici italiani e delle emissioni di gas serra.

La direttiva europea 2002/91 ha introdotto precisi obiettivi in termini di rendimento energetico e l’obbligo della certificazione degli edifici nuovi (con le diverse classi di appartenenza, dalla A alla G) e nelle compravendite di quelle esistenti. Poi Bruxelles si è spinta oltre, con la direttiva 31/2010, che prevede date precise per una transizione radicale. Dal 1 gennaio 2021 tutti i nuovi edifici, sia pubblici che privati, dovranno essere neutrali da un punto di vista energetico, ossia dovranno garantire prestazioni di rendimento dell’involucro tali da non aver bisogno di apporti per il riscaldamento e il raffrescamento oppure di soddisfarli attraverso le fonti rinnovabili. Entro il 30 Aprile 2014, inoltre, il Governo italiano dovrà inviare a Bruxelles una ‘strategia a lungo termine per mobilitare investimenti nella ristrutturazione del parco nazionale di edifici residenziali e commerciali, sia pubblici che privati’.

Nonostante la nuova programmazione europea 2014-2020 preveda consistenti risorse per l’efficienza energetica che possono diventare un volano per riqualificare il patrimonio edilizio e le città e non esista oggi alcuna ragione economica o tecnica che possa impedire che tutti i nuovi edifici siano progettati e costruiti per essere in Classe A di prestazione energetica (grazie al contributo di pannelli solari termici o fotovoltaici, pompe di calore geotermiche o altri impianti da fonti rinnovabili), continuiamo ad assistere a rinvii e ritardi nell’applicazione delle direttive e ad azioni di vero e proprio sabotaggio da parte delle solite lobby non interessate a salvaguardare gli interessi delle famiglie, dell’ambiente e delle imprese che puntano sulla green economy.

Affinché si avvii una stagione di cambiamento e di innovazione profonda delle città italiane per migliorarne la qualità e la vivibilità, occorre, secondo Legambiente, percorrere diverse strade in parallelo: bisogna introdurre regole omogenee in tutta Italia per le prestazioni in edilizia e controlli indipendenti su tutti gli edifici con sanzioni vere per chi non rispetta le regole. Altrettanto indispensabile è dare certezza rispetto alla sicurezza antisismica degli edifici stabilendo l’obbligo di dotarsi di un libretto antisismico per tutti gli edifici esistenti

Per migliorare le prestazioni energetiche è necessario stabilire per i nuovi edifici e per le ristrutturazioni edilizie oltre una certa dimensione lo standard minimo obbligatorio di Classe A su tutto il territorio nazionale; va premiato, nelle ristrutturazioni edilizie, il miglioramento della classe energetica di appartenenza, e per facilitare questo processo occorre rendere permanenti le detrazioni fiscali per gli interventi di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio (50-65%) offrendo un orizzonte temporale serio, e allargando gli incentivi gli interventi di consolidamento antisismico degli edifici.

C’è bisogno di nuovi strumenti per il finanziamento degli interventi di riqualificazione. Occorre introdurre un fondo nazionale di finanziamento e di garanzia per gli interventi di riqualificazione energetica di edifici pubblici e privati, come prevede la stessa Direttiva 2012/27, per realizzare misure di miglioramento dell’efficienza e di sicurezza antisismica.

E’ necessario poi, introdurre nuovi strumenti per gli interventi di retrofit energetico degli edifici condominiali. In Italia realizzare interventi di riqualificazione energetica complessiva di edifici condominiali è difficilissimo per un quadro di regole e incentivi inefficace. Occorre creare le condizioni tecniche e economiche per rendere vantaggiosi interventi che possono consentire di migliorare le prestazioni delle abitazioni e di garantire risparmi energetici quantificabili e verificabili per le famiglie, oltre che di consolidamento antisismico.

La pagella delle Regioni per l’efficienza energetica in edilizia . .


REGIONI
Obblighi su efficienza energetica edifici
Obblighi contributo rinnovabili
Obblighi su certificazione
Controlli e sanzioni sulle certificazioni
1
Pr. Bolzano
SI
SI
SI
SI
2
Pr. Trento
SI
SI
SI
SI
3
Lombardia
SI
SI
SI
SI
4
Piemonte
SI
SI
SI
SI
5
Emilia-Romagna
SI
SI
SI
SI
6
Puglia
SI
NO
SI
SI
7
Liguria
SI
SI
SI
NO
8
Valle d’Aosta
SI
SI
SI
NO
9
Lazio
NO
SI
SI
NO
10
Umbria
NO
SI
SI
NO
11
Friuli Venezia Giulia
NO
NO
SI
SI
12
Toscana
NO
NO
SI
SI
13
Marche
NO
NO
SI
NO
14
Basilicata
NO
NO
NO
NO
15
Calabria
NO
NO
NO
NO
16
Campania
NO
NO
NO
NO
17
Molise
NO
NO
NO
NO
18
Sardegna
NO
NO
NO
NO
19
Sicilia
NO
NO
NO
NO
20
Veneto
NO
NO
NO
NO
21
Abruzzo
NO
NO
NO
NO

Promosse e bocciate: la pagella delle Regioni e Province autonome italiane rispetto all'efficienza energetica in edilizia: 1 -4 (in verde): promosse; 5 -8 (in blu): Regioni promosse ma con alcune lacune normative da recuperare; 9 – 10 (in giallo): Regioni bocciate per lacune normative; 11 -21 (in rosso): Regioni bocciate per assenza di normativa in materia.

Dossier completo:  http://www.legambiente.it/contenuti/dossier/tutti-classe-A


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domenica 2 marzo 2014

L'Isola di Plastica del Pacifico ora diventa un film


Dislocazione delle isole di immondizia negli oceani

L'Isola di Plastica del Pacifico ora diventa un film

L'Isola di plastica del Pacifico ( in inglese: Pacific Trash Vortex ), noto anche come Grande chiazza di immondizia del Pacifico (Great Pacific Garbage Patch), è un enorme accumulo di spazzatura galleggiante (composto soprattutto da plastica) situato nell'Oceano Pacifico, approssimativamente fra il 135º e il 155º meridiano Ovest e fra il 35º e il 42º parallelo Nord. La sua estensione non è nota con precisione: le stime vanno da 700.000 km² fino a più di 10 milioni di km² (cioè da un'area più grande della Penisola Iberica a un'area più estesa della superficie degli Stati Uniti), ovvero tra lo 0,41% e il 5,6% dell'Oceano Pacifico. Quantunque valutazioni ottenute indipendentemente dall'Algalita Marine Research Foundation e dalla Marina degli Stati Uniti stimino l'ammontare complessivo della sola plastica dell'area in un totale di 3 milioni di tonnellate, nell'area potrebbero essere contenuti fino a 100 milioni di tonnellate di detriti.

L'accumulo si è formato a partire dagli anni cinquanta, a causa dell'azione della corrente oceanica chiamata Vortice subtropicale del Nord Pacifico (North Pacific Subtropical Gyre), dotata di un particolare movimento a spirale in senso orario, il centro di tale vortice è una regione relativamente stazionaria dell'Oceano Pacifico (ci si riferisce spesso a quest'area come la latitudine dei cavalli), che permette ai rifiuti galleggianti di aggregarsi fra di loro formando una enorme "nube" di spazzatura presente nei primi della superficie oceanica.

Questo accumulo informalmente viene chiamato con diversi nomi, tra cui Isola orientale di Immondizia o Vortice di Pattume del Pacifico.

. .

Si chiama Great Pacific Garbage Patch, è un'enorme isola di rifiuti, grande come il Texas, che da 60 anni galleggia in mezzo all'oceano Pacifico. Ora un documentario racconta i danni sulla salute e sull'ambiente marino dell'isola In mezzo all'oceano pacifico c'è un'isola che pochi conoscono. No, non è Atlantide e ci somiglia anche poco. Si chiama Great Pacific Garbage Patch. Tradotto? La grande chiazza di immondizia del Pacifico: una vera e propria isola di rifiuti galleggiante. Dopo un viaggio di 7 anni, la surfista e subacquea Angela Sun la racconta in un nuovo documentario indipendente intitolato Plastic Paradise: The Great Pacific Garbage Patch. E sta già facendo il giro di numerosi festival ambientali per mostrarne gli impatti devastanti su ambiente, salute umana e vita marina.

L'esistenza di quest'isola di plastica fu prevista in un documento della National Oceanic and Atmospheric Administration nel 1988, ma in realtà l'isola aveva iniziato a formarsi intorno agli anni '50, proprio quando la plastica fece il suo epocale ingresso sul mercato. E, da allora, è cresciuta a dismisura. L'Algalita Marine Research Foundation e la Marina degli Stati Uniti stimano che siano 3 milioni le tonnellate di plastica agglomerate dalle correnti oceaniche in quella conosciuta come zona di convergenza del Vortice subtropicale del Nord Pacifico. Situata approssimativamente fra il 135º e il 155º meridiano Ovest e fra il 35º e il 42º parallelo Nord, l'estensione del Garbage Pack non è nota con precisione: potrebbe essere pari alla superfice del Texas o a quella degli interi Stati Uniti.

Perché una chiazza e perché di plastica? Semplice: i materiali plastici non si biodegradano come gli altre sostanze di natura organica, ma prima si “fotodegrada”, dividendosi in parti sempre più piccole. Questo fa sì che i rifiuti gallegino formando un agglomerato che imbriglia detriti di ogni tipo (il Garbage pack potrebbe contenerne fino a 100 milioni di tonnellate) e contamina l'ambiente marino. Basti pensare che i polimeri proveninenti dalla graduale disintegrazione dei rifiuti sono molto simili a quelli che formano il plancton. Molti animali marini, quindi, muoiono per aver ingerito plastica, che entra nella catena alimenta intasando l'intero ecosistema.

leggi anche  :  http://cipiri6.blogspot.it/2012/03/isola-di-plastica.html

http://cipiri6.blogspot.it/2009/09/isola-di-spazzatura.html

http://cipiri6.blogspot.it/2011/11/i-sacchetti-di-plastica-soffocano-i.html

Isola di spazzatura




Dossier Isola di spazzatura 

I sacchetti di plastica soffocano i mari


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Continua a crescere l’isola dei rifiuti 

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FAI VOLARE LA FANTASIA

NON FARTI RUBARE IL TEMPO
I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO
IL TUO FUTURO E' ADESSO . 


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sabato 1 marzo 2014

BLOG DI CIPIRI: Salmone di Allevamento Intesivo

Salmone di Allevamento Intesivo



Uno dei cibi che forse più di tutti rappresenta la globalizzazione alimentare che stiamo vivendo: il salmone di allevamento intesivo. Prima lusso natalizio, ora si trova in grandi quantità in ogni stagione: gli allevamenti intensivi si sono moltiplicati a dismisura, mentre gli stock di salmone selvatico sono ben lontani dal ripopolamento...
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