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Brucia più a voi che a noi
Chiara Sasso
La manifestazione dei quarantamila No Tav in val di Susa, il flop di quella Sì Tav a Torino, e poi l'incendio doloso del presidio di Borgone. Cronaca da una valle mobilitata e non pacificata, schierata contro tutte le mafie.
E’ rimasta la stufa, al centro del presidio di Borgone raso al fuoco da un incendio più che doloso. Sembra smagrita nella sua forma bombata, generosa di ferraglia, ma ancora riconoscibile. Per cinque anni ha riscaldato quel luogo, a volte infeltrendo il bordo di giacche di chi per cercare il caldo l’abbracciava un po’ troppo. Era tornata citata nei discorsi proprio in questi giorni ripensando alle tante serate trascorse al presidio, non ci si rendeva conto che erano passati ben cinque anni. 22 giugno 2005, primo tentativo [respinto] di prendere possesso di quel terreno per poi trivellarlo per un sondaggio. Il giorno dopo la stessa scena si era ripetuta a Bruzolo e poi a Venaus. Tre luoghi simbolo dove erano nati tre presidi, all’inizio gazebo veloci, poi vere casette di legno, con cucina e tende alle finestre. Un luogo accogliente per superare il lungo inverno, per organizzare riunioni, feste. Al presidio di Borgone era stato consegnato il premio Bruno Carli al comune di Cassinetta di Lugagnano. Organizzate mostre di pittura, presentazione di libri, era venuto il mondo. Come negli altri due presidi. Impossibile ricordare tutto, ma tutto è servito a fare comunità, a stare bene insieme, a continuare a discutere, a leggere i giornali, a incazzarsi. Tutto è servito se dopo cinque anni il popolo No Tav ha dimostrato di essere «vivo» e ben presente con la manifestazione di sabato 23 gennaio, quarantamila persone che hanno sfidato una temperatura sottozero [meno cinque], e hanno marciato dal nuovo presidio dell’autoporto a Susa. Insieme, dopo infinite parole e storie, agli amministratori, presenti sindaci e tutta la giunta della comunità montana, compreso il presidente. Mancava Ferrentino [che ora aderisce a Sinistra Libertà] e non condivideva lo slogan della manifestazione contro «tutte le mafie», dice che non c’entra. Nello stesso giorno La Stampa riportava una intervista di Chiamparino: «Sono due, trecento in valle di Susa, non di più». Parole sante. Masticava male il giorno dopo, dai microfoni di un evento che avrebbe dovuto essere bypartisan con migliaia di persone per unire il Sì Tav e che invece si è rivelato molto ma molto ridimensionato, a partire dai compagni di viaggio [Lega e Pdl], che si sono sfilati e ciao chi si è visto. Masticava male il Chiampa e ammetteva: «Una grande manifestazione di una stretta minoranza». [Niente li fermerà] «Montanari imbizzarriti» sono stati chiamati i valsusini dal presidente della Provincia in una campagna stampa a dir poco aggressiva, violenta, per giorni e giorni. Il risultato è stato che famiglie, studenti, una marea di persone si sono riversate per strada, così tante che questa volta nessun giornale ha parlato di «anarco insurrezionalista» e tutti hanno dovuto ammettere che erano veri e non comparse e che la valle, sì, in effetti non era pacificata. Dopo giorni e giorni a saltare giù dal letto alle tre del mattino perché c’era sempre un allarme, una trivella che arrivava… la notte del sabato sera si pensava di dormire. E invece. Il presidio di Borgone raso al suolo. Un attentato in pieno stile mafioso [appunto], con scritte Sì Tav. C’erano già state alcune prove: sabato 16 gennaio, il presidio di Bruzolo aveva subìto un incendio quasi subito spento, la sera stessa una fiaccolata organizzata solo con sms di seimila persone aveva dato una risposta. Per questo alla manifestazione c’era uno striscione che diceva: «Brucia più a voi che a noi».
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