Il Mend attacca l'oleodotto dell'Eni
Enzo Mangini
I guerriglieri del Delta del Niger, la regione petrolifera della Nigeria, prendono di mira l'oleodotto della multinazionale italiana nello stato di Bayelsa. Nei giorni scorsi colpite Shell e Chevron, che ha ritirato il personale. La guerra del petrolio si estende.
Mantengono le loro minacciose promesse i guerriglieri del Movimento di emancipazione del Delta del Niger. All’inizio di giugno avevano detto che avrebbero attaccato le principali installazioni delle multinazionali petrolifere che agiscono nella regione, e così stanno facendo. Stamattina è toccato all’Agip-Eni subire il colpo. Il Mend ha colpito l’oleodotto di Nembe creek, una delle condotte che rifornisce il fondamentale terminale di Brass, nello stato di Bayelsa. L’Eni già qualche settimana fa aveva dovuto dichiarara la «causa di forza maggiore» e annunciare un taglio alla produzione dalla Nigeria di circa 50 mila barili al giorno. Dopo il nuovo attacco, non è escluso che ci siano altri tagli alla produzione, che è già ben al di sotto di quanto previsto dalla multinazionale italiana.
Nel corso dell’azione, secondo un comunicato del Mend ripreso dalla stampa nigeriana e internazionale, i guerriglieri avrebbero anche intercettato una motonave della marina nigeriana. L’equipaggio, sette soldati, sarebbe stato fatto prigioniero e la nave sarebbe stata fatta esplodere dopo essere stata privata delle armi e delle attrezzature utili alla guerriglia.
L’escalation del Mend è una risposta all’offensiva lanciata a maggio dal governo nigeriano guidato dal presidente Umaru Yar’Adua che ha scatenato contro i guerriglieri e soprattutto contro i civili del Delta la Joint Task Force [Jtf], una unità speciale delle forze armate. Le incursioni della Jtf, inutili dal punto di vista militare, sono riuscite a far aumentare il risentimento contro il governo e i militari, accusati di aver ucciso decine [forse centinaia] di civili, compiendo anche esecuzioni a freddo. Le accuse sono così circostanziate che il ministro degli esteri del governo federale nigeriano è stato costretto a promettere che sarà aperta un’inchiesta sul comportamento dei militari. Intanto, però, i guerriglieri del Mend continuano a colpire duramente le multinazionali. Nei giorni scorsi stati presi di mira gli impianti della multinazionale anglo-olandese Shell – la più coinvolta nel saccheggio e nella devastazione ambientale subita dal Delta del Niger – mentre la scorsa settimana erano state attaccate le strutture della statunitense Chevron. La preoccupazione nel mondo dei compound dei lavoratori stranieri è palpabile, tanto che martedì la Chevron, in una riunione del consiglio di amministrazione, ha deciso di evacuare tutto il personale presente nelle zone del conflitto. Mercoledì, un ponte aereo organizzato con gli elicotteri, ha portato fuori dalla zona degli scontri circa 300 lavoratori della Chevron, tra dipendenti diretti e di ditte appaltatrici. Non è chiaro se di fronte alla possibilità di una ulteriore escalation anche l’Eni stia pensando di adottare una misura simile.
Gli attacchi del Mend dimostrano anche che il governo federale nigeriano è ben lontano dal poter controllare l’area del Delta. Il presidente Yar’Adua aveva lanciato alcune settimane fa un’amnistia per tutti i gruppi armati che avessero deciso di deporre le armi e accettare di trattare per una «soluzione politica» della crisi del Delta. Qualche gruppo ha accettato, come quello guidato da Ateke Tom, che a volte il governo nigeriano ha indicato come uno dei leader del Mend anche se le sue attività erano molto più vicine al banditismo che alla lotta politica. La leadership del Mend, rappresentata dal portavoce Jomo Gbomo che firma i comunicati, ha però rifiutato la proposta del governo e promesso di continuare a colpire le multinazionali petrolifere, oltre che le truppe della Jtf, almeno fino a quando l’unico leader riconosciuto della formazione armata, Henry Okah, non sarà rilasciato dalla prigione nigeriana dove si trova detenuto in attesa della conclusione del processo che lo vede imputato per traffico d’armi. La liberazione di Okah è la precondizione per qualsiasi trattiva. Intanto, oleodotti, stazioni di pompaggio e pozzi sono tutti bersagli per i guerriglieri del Delta.
Nel comunicato con cui ha annunciato che «alle 3 di venerdì mattina uomini pesantemente armati hanno fatto saltare l’oleodotto che rifornisce il terminale di Brass», il Mend torna a rivolgersi direammente ai soldati della Jtf per invitarli a disobbedire agli ordini e a non prestarsi a una guerra interna lanciata contro i loro concittadini del Delta per garantire i profitti delle multinazionali. In un altro comunicato, le compagnie petrolifere internazionali sono invitate a «seguire l’esempio della Chevron» e a ritirare il proprio personale dalle aree del conflitto. La guerra «a bassa intensità» nel Delta è in corso ormai dal 2000, ma il salto di qualità, con la nascita del Mend, è avvenuto nel 2006. Da allora, la Nigeria – primo esportatore africano di greggio e ottavo nel mondo – ha dovuto ridurre le esportazioni di almeno un terzo. Il governo nigeriano ha chiesto aiuto per combattere quelli i «terroristi del mare», ma finora solo due governi hanno offerto aiuti militari, quello britannico e quello italiano.
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