Nucleare, il governo non ha ancora vinto, nonostante la Corte
DI Anna Pacilli
La produzione di energia nucleare è competenza solo statale, dice in soldoni la Corte costituzionale, che ha respinto il ricorso delle Regioni. Ma il discorso non è chiuso, se le Regioni non gettano la spugna e se il Pd non cede alle lusinghe.
La Corte costituzionale ha bocciato il ricorso di undici Regioni contro la parte della legge sullo sviluppo economico [n. 99 del 2009] che ripropone il nucleare in Italia. Calabria, Basilicata, Molise, Campania, Puglia, Umbria, Lazio, Toscana, Marche, Emilia Romagna e Piemonte avevano giudicato illegittima la ripartizione delle competenze contenuta nella legge, che taglia fuori le Regioni [e dunque anche gli enti e le comunità locali] da qualsiasi decisione in materia di produzione elettrica da fonte nucleare sui propri territori. Ma alla Corte, evidentemente, non è bastata la disposizione per cui, in base alla modifica del titolo V della costituzione, l’energia è materia «concorrente» di competenza sia statale che regionale [le motivazioni della bocciatura del ricorso si conosceranno fra qualche settimana].
Attaccano gli ambientalisti: «Il governo ora è solo di fronte alla decisione sul futuro nucleare dell’Italia – dice il Wwf – Dovrà decidere senza il contributo delle Regioni e dei cittadini dalle cui tasche verranno prelevati i soldi per gli enormi costi di costruzione delle centrali e sui quali incomberanno i costi ambientali e i pericoli sanitari». E Legambiente «La quasi totalità delle Regioni italiane, governate dal centrodestra e dal centrosinistra, e la maggior parte dei cittadini non vogliono sentir parlare di ritorno al nucleare».
Intanto, la Corte costituzionale deve pronunciarsi anche in merito all’altro ricorso, presentato contro il decreto legislativo approvato a marzo 2010 [uno dei decreti attuativi della legge n. 99 sullo sviluppo], che fissa i criteri per l’individuazione e la realizzazione dei siti nucleari nel nostro paese. Una norma che, di fatto, continua a escludere dalle decisioni le Regioni e gli enti locali. A ricorrere alla Corte è stata, per esempio, la Regione Puglia, che sul nucleare ha fatto un ulteriore passo, approvando mesi fa una legge ad hoc che esclude la realizzazione di impianti sul proprio territorio. Leggi analoghe sono state approvate da Campania e Basilicata. Questi provvedimenti sono stati impugnati lo scorso febbraio dal governo Berlusconi. Restano dunque in piedi ancora diverse partite legali, né sono esauriti gli strumenti in mano alle Regioni, se lo vogliono. Nel frattempo, l’Idv continua la raccolta delle firme per il referendum, che non pochi considerano rischioso.
Intanto la ministra Stefania Prestigiacomo, soddisfatta del pronunciamento della Corte e in assenza del ministro dello sviluppo economico, prende in carico la promozione del nucleare, dimenticando evidentemente che il suo mandato è la tutela dell’ambiente. E cerca sponda [trovandola] in quella settantina di «personaggi» eletti o di area Pd che, a maggio, hanno scritto al segretario Pier Luigi Bersani per chiedere che il partito riveda le posizioni contrarie al nucleare. Fra le firme Umberto Veronesi, Margherita Hack, Fabrizio Rondolino, Chicco Testa, e i parlamentari Franco Debenedetti, Tiziano Treu, Pietro Ichino, Enrico Morando. Proprio oggi la ministra Prestigiacomo dovrebbe incontrare l’oncologo Veronesi.
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