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Copenhagen. I timori dell'Africa, polmone del mondo
www.misna.org
Da Misna, un breve ma interessante articolo sul summit Onu di Copenhagen, visto però dal continente africano: responsabile di meno del 4 per cento delle emissioni mondiali di gas serra.
[da www.misna.org] «L’Africa subisce i torti fatti alla natura da altri»: le parole di Athanase Bopda, ricercatore dell’Istituto camerunense di cartografia inviato a Copenhagen come esperto dell’Unione Africana [Ua], esprimono un sentimento diffuso in un continente responsabile di meno del 4 per cento delle emissioni mondiali di gas serra.
«I grandi inquinatori – sostiene Bopda – temono di vedere emergere altre potenze, che inquinano come loro; sanno di fare un commercio di ipocriti». Insieme con decine di altri delegati, il ricercatore camerunense sostiene la posizione dell’Unione Africana sui risarcimenti, una delle questioni più complesse in discussione alla conferenza dell’Onu nella capitale danese. L’Ua chiede stanziamenti equivalenti a 46 miliardi di euro l’anno, necessari per mitigare le conseguenze dei mutamenti climatici in una delle regioni del mondo più colpite dal surriscaldamento planetario. Secondo Bopda, l’ipocrisia del Nord del mondo si manifesta anche negli appelli a difendere i «polmoni verdi» del pianeta, dall’Amazzonia al bacino del fiume Congo, una regione estesa per oltre due milioni di chilometri quadrati.
«Gli europei abbattono gli alberi dal Medioevo – sottolinea il ricercatore – ma non si sono mai chiesti se questo provochi conseguenze in Africa. Ora il nostro continente è indicato come uno dei polmoni dell’umanità per la sua foresta equatoriale: questa foresta, però, è la risorsa della quale vivono le comunità africane».
Finora, i negoziati di Copenhagen hanno prodotto solo bozze di accordi e polemiche. È possibile che qualcosa cambi da domani, quando dovrebbero concludersi le sessioni tecniche e cominciare i colloqui politici con l’arrivo di oltre cento fra capi di stato e di governo. Fonti di stampa internazionali riferiscono che i paesi a sud del Sahara chiederanno alle potenze industriali di tagliare le emissioni del 40 per cento entro il 2020, rispetto ai livelli del 1990. Al di là di cifre e impegni ancora lontani, restano i dubbi dell’opinione pubblica d’Africa.
In un editoriale pubblicato dal quotidiano ugandese The Monitor, si sostiene che «finora i paesi ricchi si sono limitati a fare sulla carta promesse grandiose senza ottenere alcun risultato concreto». A titolo di esempio, il giornale ricorda gli impegni sugli aiuti allo sviluppo assunti durante il vertice del G8 nel 2005 a Gleneagles: entro il 2010 dovrebbero essere consegnati 25 miliardi di dollari l’anno, ma a oggi non è stata raggiunta neanche quota 10.
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