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Nel mar Mediterraneo
galleggia 'un'isola di plastica'
tra Italia, Spagna e Francia
Sono i dati del rapporto 'L'impatto della plastica e dei
sacchetti sull'ambiente marino' realizzato da Arpa Toscana e dalla
struttura oceanografica Daphne di Arpa Emilia Romagna su richiesta di
Legambiente.
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(Adnkronos) - Nel mare tra Italia, Spagna e Francia c'è una
concentrazione di plastica che supera quella del cosiddetto 'continente
spazzatura' presente nell'Oceano Atlantico. Ed in una sola ora
nell'arcipelago toscano sono stati raccolti 4 chili di rifiuti, di cui
il 73% in materiale plastico. Sono questi alcuni dati del
rapporto 'L'impatto della plastica e dei sacchetti sull'ambiente marino' realizzato
da Arpa Toscana e dalla struttura oceanografica Daphne di Arpa Emilia
Romagna su richiesta di Legambiente. A presentare la ricerca, questa
mattina a Roma in Senato, erano presenti Stefano Ciafani, responsabile
scientifico di Legambiente, Francesco Ferrante, senatore del Partito
Democratico, e Fabrizio Serena, responsabile area mare di Arpat.
Il rapporto, che sintetizza i principali studi scientifici
sull'inquinamento da plastica in mare, "potrà essere un utile contributo
per il Ministero dell'Ambiente che dovrà rispondere alla richiesta di
chiarimenti della Commissione europea sul bando italiano degli shopper"
afferma Legambiente sottolineando che "sono queste, infatti, le
motivazioni di carattere ambientale che possono consentire all'Italia di
giustificare ogni ipotesi di violazione della Direttiva europea sugli
imballaggi".
Secondo lo studio, inoltre, la
plastica rappresenta il principale rifiuto rinvenuto nei mari poichè
costituisce dal 60% all'80% del totale dell'immondizia trovata nelle
acque. Un dato che, in alcune aree, raggiunge persino il 90-95% del
totale ma anche nei mari italiani arriva a livelli gravissimi. Basta
pensare che secondo il monitoraggio effettuato dall'Arpa Toscana
nell'arcipelago toscano in un'ora sono stati prelevati dai pescatori con
reti a strascico 4 kg di rifiuti, di cui il 73% costituito da materiale
plastico, soprattutto sacchetti. Ma la situazione non è migliore anche
nel resto del Mediterraneo dove, in base agli esiti di International
Coastal Cleanup,
tra
il 2002 e il 2006 i sacchetti di plastica sono risultati il quarto
rifiuto più abbondante dopo sigarette, mozziconi e bottiglie.
Sono invece complessivamente 500 le tonnellate di rifiuti in
plastica che, sottolinea il rapporto di Legambiente, complessivamente
galleggiano nel Mediterraneo e, secondo l'Istituto francese di ricerca
sullo sfruttamento del mare e l'Università belga di Liegi, nell'estate
2010 la concentrazione più alta nel Mediterraneo era nel nord del
Tirreno e a largo dell'Isola d'Elba con 892.000 frammenti plastici per
km2, rispetto ad una media di 115.000. Durante tre campagne
oceanografiche effettuate nel 1994-1995-1996 sulla costa francese del
Mediterraneo, il 70% dei rifiuti rinvenuti in mare erano sacchetti di
plastica.
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Negli oceani la situazione è altrettanto grave. E' ormai noto il
Pacific Plastic Vortex,
il grande vortice dell'oceano Pacifico la cui estensione è di qualche
milione di chilometri quadrati, a causa di molti milioni di tonnellate
di rifiuti galleggianti, soprattutto plastica. Ma la plastica abbonda
anche in altre parti del Pacifico. Nei pressi dei porti principali del
Cile l'87% di tutti i rifiuti galleggianti è di plastica, metà dei quali
sono sacchetti. In Giappone l'analisi sui dati tra il 2002 e il 2005 ha
rivelato che il 76% del totale dei rifiuti erano in plastica, in Corea
il dato è stato del 53%. Nel nord Atlantico esiste un vortice di 334mila
frammenti di plastica per chilometro quadrato pari a 5 kg/km2.
Il
Pacific Trash Vortex, noto anche come
Grande chiazza di immondizia del Pacifico (
Great Pacific Garbage Patch), è un enorme accumulo di spazzatura galleggiante (composto soprattutto da plastica) situato nell'Oceano Pacifico, approssimativamente fra il 135º e il 155º meridiano Ovest e fra il 35º e il 42º parallelo Nord. La sua estensione non è nota con precisione: le stime vanno da 700.000 km² fino a più di 10 milioni di km² (cioè da un'area più grande della Penisola Iberica a un'area più estesa della superficie degli Stati Uniti), ovvero tra lo 0,41% e il 5,6% dell'Oceano Pacifico. Quantunque valutazioni ottenute indipendentemente dall'Algalita Marine Research Foundation e dalla Marina degli Stati Uniti stimino l'ammontare complessivo della sola plastica dell'area in un totale di 3 milioni di tonnellate, nell'area potrebbero essere contenuti fino a 100 milioni di tonnellate di detriti.
L'accumulo si è formato a partire dagli anni cinquanta, a causa dell'azione dellachiamata Vortice subtropicale del Nord Pacifico (
North Pacific Subtropical Gyre), dotata di un particolare movimento a spirale in senso orario, che permette ai rifiuti galleggianti di aggregarsi fra di loro.
L'esistenza della Grande chiazza di immondizia del Pacifico fu preconizzata in un documento pubblicato nel 1988 dalla National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) degli Stati Uniti.
Le predizioni erano basate su risultati ottenuti da diversi ricercatori
con base in Alaska che, fra il 1985 e il 1988, misurarono le
aggregazioni di materiali plastici nel nord dell'Oceano Pacifico.
Queste indagini trovarono elevate concentrazioni di detriti marini
accumulati nelle regioni dominate dalle correnti marine. Basandosi su
ricerche effettuate nel Mar del Giappone,
i ricercatori ipotizzarono che condizioni similari dovessero
verificarsi in altre porzioni dell'Oceano Pacifico, dove le correnti
prevalenti propiziavano lo sviluppo di masse d'acqua relativamente
stabili. I ricercatori indicarono specificamente la zona di convergenza
del Vortice subtropicale del Nord pacifico.
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"L'Italia è un Paese doppiamente esposto al problema della plastica e
la dispersione dei sacchetti in mare" afferma Stefano Ciafani,
responsabile scientifico di Legambiente. "Lo è -continua- sia perché è
la prima nazione per consumo di sacchetti di plastica 'usa e getta',
visto che commercializza il 25% del totale degli shopper in tutta
Europa, ma anche perché si affaccia sul mar Mediterraneo, coinvolto come
i mari del resto del Pianeta dall'inquinamento da plastica. Per queste
ragioni il nostro Paese ha giustamente adottato con la legge finanziaria
2007 il bando sugli shopper non biodegradabili in vigore dal 1 gennaio
scorso".
"La Commissione europea, dunque, -afferma ancora Ciafani- non puè
che salutare con favore questa novità normativa italiana, come ha
recentemente fatto il Commissario europeo per gli affari marittimi e la
pesca, Maria Damanaki, in occasione dell'incontro con il ministero
dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo, favorendo la sua esportazione
anche negli altri 26 paesi membri". E le ingenti quantità di plastica in
mare, soprattutto della frazione più leggera costituita dai sacchetti,
causano gravi danni alla fauna marina.
A farne le spese sono soprattutto i mammiferi marini e le tartarughe che scambiano le parti di sacchetti di plastica per meduse,
come testimoniano numerosi studi di università canadesi, brasiliane,
spagnole e italiane riportati nel rapporto delle due Agenzie regionali
per la protezione dell'ambiente. Secondo l'Unep e l'Agenzia di
protezione ambiente svedese, di 115 specie di mammiferi marini, 49 sono
a rischio intrappolamento o ingestione di rifiuti marini. I cetacei e i
mammiferi marini vengono attratti da questi materiali spesso di colore
acceso. E non solo. Elefanti marini, delfini, capodogli, lamantini sono
tutti stati trovati a ingerire sacchetti di plastica. Nelle tartarughe
il sacchetto di plastica, scambiato per una medusa, provoca il blocco
del tratto digestivo e il conseguente soffocamento.
Di 312 specie di uccelli marini, 111 sono note per aver ingerito
rifiuti plastici. Tra i 700.000 e un milione di uccelli marini rimangono
ogni anno uccisi per soffocamento o intrappolamento. "Per tutte queste
ragioni l'Italia, che solitamente è in ritardo in merito alle normative
ambientali, ha scelto di mettere al bando i sacchetti di plastica,
ponendosi addirittura all'avanguardia tra i paesi industrializzati"
aggiunge Ciagfani. "Sarebbe davvero incomprensibile, dunque, -conclude
il responsabile scientifico di Legambiente- che la Commissione europea
censurasse questa scelta esemplare che ha già ricevuto il plauso da
parte degli altri paesi europei".

Un oceano di plastica
La più grande discarica del mondo, infatti, è ospitata nelle sue
acque. «Un’area enorme, una gigantesca zuppa di plastica», commenta
Marcus Eriksen dell’Algalita Marine Research Foundation, che sta
studiando questa incredibile ammasso di rifiuti. Al momento, il gioco
delle correnti oceaniche ha formato, in realtà, due vortici che
racchiudono altrettante discariche, tra loro
collegate, formate complessivamente da 100 milioni di tonnellate di
plastica. La prima si trova 500 miglie nautiche al largo delle coste
californiane e circonda, con il suo micidiale girotondo, le Hawaii. La
seconda interessa invece la parte orientale del Pacifico e lambisce le
coste giapponesi. «La Grande Massa di Rifiuti del Pacifico — spiega
Charles Moore oceanografo e scopritore nel 1997 di questo gigantesco
ammasso di spazzatura — sta espandendosi ad un ritmo costante. Si è
formata negli anni ‘50 ed è continuamente alimentata dagli scarti che
provengono per il 20% da navi e dalle piattaforme petrolifere e per
l’80% direttamente dalla terraferma».
Moore si trova attualmente a
bordo di Arguita, un catamarano di 15 metri di lunghezza, impegnato in
una campagna invernale di studi della Grande Massa di Rifiuti. Partiti
il 22 gennaio da Hilo, nelle Hawaii, i biologi stanno raccogliendo
campioni di plastica per capire la degradazione di alcune nuove
plastiche e analizzare la densità della massa di rifiuti. Durante i mesi
invernali, infatti, le correnti tendono a raggruppare la spazzatura,
che raggiunge la sua massima concentrazione in primavera; in seguito il
gioco delle correnti estive disperderà, in parte, i detriti
galleggianti. Arguita e il suo equipaggio si trovano attualmente in una
zona centrale della North Pacific Gyre (Vortice del Nord Pacifico), un
sistema formato da quattro correnti oceaniche (quella del Nord Pacifico,
quella della California, la nord equatoriale e la Kuroshio,)
localizzato tra l’equatore il 50˚ di latitudine nord. Questo sistema
forma, di fatto, le due discariche.
Precedenti studi di Moore
hanno dimostrato che la concentrazione della plastica nella Grande Massa
di Rifiuti è di oltre 3 milioni di frammenti per chilometro quadrato.
Questi, formati principalmente da monofilamenti di plastiche e da fibre
di polimeri, si estendono dalla superficie, sino a circa 10 metri di
profondità; qui la loro concentrazione è poco meno della metà di quella
in superficie. «La scia di spazzatura è traslucida, aggiunge
l’oceanografo, e non è quindi possibile localizzarla dai satelliti.
L’unico modo per studiarla è direttamente da un’imbarcazione. Questa
enorme massa di rifiuti potrebbe raddoppiare nei prossimi dieci anni, se
non si adottano comportamenti più responsabili sia da parte dei
consumatori, nell’utilizzo degli oggetti di plastica, che da parte di
chi disperde in mare la spazzatura».
«Ho rinvenuto nelle stomaco di
uccelli marini accendini, spazzolini da denti, siringhe — sottolinea
Marcus Eriksen. Questa enorme massa flottante di rifiuti rappresenta
però un pericolo non solo per pesci, volatili, tartarughe e mammiferi
marini, ma anche per la vita dell’uomo. La plastica si degrada molto
lentamente e frammenti e detriti agiscono come spugne che assorbono
composti chimici micidiali per la nostra salute e per quella degli
animali, come DDT e policlorobifenili. Ingeriti dagli organismi marini,
entrano nella catena alimentare e da qui raggiungono l’uomo».
Secondo l’UNEP, il programma ambiente delle Nazioni Unite, ogni anno,
nei mari e negli oceani della Terra, i frammenti di plastica causano la
morte di più di un milione di uccelli e di più di 100.000 mammiferi. La
plastica costituisce il 90% di tutta la spazzatura che galleggia sulle
superfici marine; secondo l’UNEP ogni miglio quadrato di oceano
(corrispondente a 2,59 chilometri quadrati), contiene 46.000 pezzi di
plastica galleggiante.
LEGGI ANKE
http://cipiri6.blogspot.com/2011/11/i-sacchetti-di-plastica-soffocano-i.html
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